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Rubrica per quelli che credono che i dettagli facciano la differenza, ma non hanno capito l'argomento principale.

15. DEI DISCORSI FATTI E STRAFATTI

di:

La noia, l’abbandono, niente. Solo la tua malattia. Paese mio ti lascio e vado via”.

L’hai letta cantando, dimmi la verità? No… dai, sto scherzando! Lo so che la verità non esiste. Lo so da quando vidi il documentario “F” for Fake (1974, di quel brav’uomo di Orson Welles). Lo so che ci sono un sacco di cose di cui discutere sul finire di questa estate 2022 che tanto ha regalato ai tanti da sorprendere nel mondo post (past?) pandemico che hanno puntato “all-in” su “Andrà tutto bene!” e adesso si dimenano svergognatamente alla ricerca di una scusa, di un appiglio, di una possibile congiura nei loro confronti pur di non doversi ammettere di non averci capito un cazzo. E come ci si divincola da un cappio al collo che noi stessi abbiamo infiocchettato? Esatto! Dando la colpa a qualcun altro. Il terreno settembrino sul quale si sta lavorando (sì, parliamo dell’imminente tornata elettorale) sembra una trasposizione nel reale di una credibile menzogna, scritta dal protagonista de Il Primo dei Bugiardi (2009, regia di Ricky Gervais e Matthew Robinson). I candidati recitano come sempre la loro parte: fanno e disfano in funzione della contingenza; promettono e non mantengono (Ambra, perdonali almeno tu…); più che rincorrere un successo sembrano fuggire dalla responsabilità che un ruolo istituzionale dovrebbe richiedere (diomio! almeno di facciata).

Quale miglior cinema verità della calca mediatica alla quale ci costringono quotidianamente, da anni, con programmi politici a tutte le ore, con l’invasione dei social con tanto di ripercussioni capaci di ingolfare il cervello tanto quanto un sistema di ragionamento che non prevede più la possibilità di un confronto nel merito (chi se ne fotte!). Che poi, ce lo chiediamo in tanti: confronto su cosa? Loro sono i cattivi e noi siamo i buoni. Di che altro dobbiamo parlare? Sembra uno di quei film degli Avengers (uno qualunque dei film legati ai fumetti, o anche qualunque altra cosa che possa essere assimilabile alla lotta senza discussione del bene contro il male) in cui è tutto chiaro. I buoni di qua, i cattivi di là. Chiarissimo! Così come è storicamente chiaro che “il bene l’avrà sempre vinta sul male!”, no? Maledetta retorica! Ok, mi rendo conto che ho posto le condizioni che potrebbero portarti a pensare che forse sto scrivendo tutto questo papello con l’intento di dire che “Stavolta vincerà il male.” Ma non sono così subdolo, giuro!

Intanto perché, se siamo a questo punto, il male in qualche misura ha già vinto. E poi perché questo tsunami di democrazia diretta non mi lascia perplesso sin da quando democraticamente Barabba si affermò su Gesù Cristo con tutte le conseguenze che il successivo martirio ha prodotto come effetto fall-out per i successivi duemila anni (non ci sono dati che possano paragonarlo nemmeno lontanamente in termini di durata a quelli radioattivi della bomba atomica). La messa in scena amplifica il tutto, la ridondanza, la convenienza, la stanza dei segreti, Papi, cardinali e preti. Non è un caso se il film del 1965 diretto da George Stevens si intitola La più grande storia mai raccontata.

Ti ricordi di quel periodo in cui si diceva che gli alieni fossero già tra noi? Bene, io non so se gli alieni sono tra di noi ma credo che dovremmo abituarci all’idea che la nostra realtà è farcita di attori che recitano il loro copione (chi male e chi peggio). Sceneggiature che qualche anno fa avrebbero fatto invidia agli sceneggiatori del Truman Show (1998, regia di Peter Weir). Se questi a un certo punto si sono ritrovati a corto di idee e con attori stanchi, non si può dire così degli sceneggiatori del nostro Presente, beati nel conforto dall’aver le spalle coperte da grosse produzioni che concedono loro margini di operatività ampiamente superiori alle migliori aspettative hollywoodiane.

È la realtà, baby! Va costruita come si deve e non c’è nessuna intenzione di badare a spese per l’intrattenimento di abbonati esigenti sempre pronti a sgomitare per quel posto in prima fila che non ha nulla a che vedere con la politica, con la religione, con l’alta finanza, con la massoneria. Non ha nemmeno a che fare con la realtà perché è finzione, lo sai anche tu e ti sta bene. Come dici? Non può essere finzione? E se tu avessi ragione e non fosse finzione, per quale motivo politici che si odiano perché per entrambi “l’altro” vuole dare la spallata letale al Paese già sull’orlo del baratro, che disprezzano la fazione opposta (non facendo altro che ripetere le mancanze dell’uno e dell’altro, rivangando cose e cose e cose, confermando e smentendo ciò che hanno appena detto), che non fanno che mortificare gli sceneggiatori con recitazioni poco più che amatoriali… ecco, lo so che è un discorso fatto e strafatto ma voglio chiederlo ancora: se tu avessi ragione e non fosse solo finzione, per quale motivo gli sceneggiatori scriverebbero per ogni attore ed ogni attrice, impegnati nell’interpretare con estremo pathos e convinzione il ruolo di esponete politico, un solo copione per l’ultimo giorno della campagna elettorale in cui sono tutti tenuti a ripetere un democraticamente drammatico: “Non è importante per chi andate a votare, l’importante è che andate a votare”?