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Come molti viaggiatori ho visto più di quanto ricordi e ricordo più di quanto ho visto.
(Benjamin Disraeli)

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Lost in Dublino, ma anche in altri posti che non mi ricordo.

di:

“Partiamo dalle domande semplici.

Come fate a capire di essere innamorati?

Risposte semplici:

mi batte forte il corazon

penso sempre a lui/lei

quando sto con lui/lei il mondo diventa più bello.

Ecco, io mi sono innamorata di una città o, meglio ancora, di un’intera nazione.

E il poliamore muto.

Perché? Dici tu. La tua non ti bastava?”.

Questo rimane il peggior incipit di sempre, ma dato che dai propri errori dicono si impari lo lascio ad imperitura memoria.

Il problema serio rimane parlare di qualcosa, o qualcuno, che si ama rimanendo obiettivi e fedeli alla realtà.

Come parlare di un viaggio che dura dal 2010? Da dove partire? Cosa vale la pena di essere raccontato senza cadere nella pena?

Diciamoci la verità, chiunque cerchi notizie su qualsiasi buco di deretano (sono pur sempre una signorina a modo) nel mondo, oggi ha solo l’imbarazzo della scelta: siti di settore, travel blogger, aspiranti tali e cialtroni.

Dato per scontato che io rientri nell’ultima categoria, cosa potrei aggiungere?

Enzo Biagi diceva che non si può raccontare una storia senza un punto di vista.

Quindi parto da qui, da quello che ricordo, dai frammenti che restano depositati nel calderone della mia memoria bucherellata e bugiarda.

L’Irlanda è Tony, il tassista che ti accoglie alle 3 di notte (croce e delizia dell’opzione low cost, con orari di partenza e arrivo discutibili) appena fuori dall’aeroporto di Dublino come fosse un vecchio amico, dopo un volo turbolento durante il quale ho seriamente pensato che fosse arrivata la mia ora. Avrei voluto abbracciarlo. 

E per strada, direzione ostello, ti travolge di domande.

E’ vero quello che dicono, gli irlandesi sono dei gran chiacchieroni.

Poi tra una cosa e l’altra ti spiega la differenza tra gaelico irlandese e quello scozzese che tu credevi fosse la stessa cosa. Ti racconta che li il gaelico lo insegnano a scuola quasi come una prima lingua. 
Come a conferma di ciò, mi accorgo guardando fuori dal finestrino che la cartellonistica stradale è bilingue. 

Un po’ come se da noi, in ogni regione, ci fosse una materia “dialetto” insieme alle lingue straniere. 

Per strada passiamo davanti ad un campo che io credevo fosse di calcio e invece Tony mi spiega che si tratta di Gaelic soccer, uno sport ibrido tra calcio, rugby e hockey. 
Prova a spiegarmi pure le regole ma io, tra il sonno, la stanchezza e il mio inglese da serie tv capisco una frase su 4. 

Ma tanto basta. 

Poi mi racconta che ha una figlia più giovane di me che fa la hostess di volo e che sta girando il mondo lavorando. E io gli rispondo che è quello che vorrei fare anche io ma forse sono troppo “vecchia”, lui mi risponde che non è vero e che in ogni momento possiamo fare la scelta giusta per cambiare la nostra vita nel modo che riteniamo migliore.

Non è un tassista, Tony in mezz’ora è diventato il mio guru di vita.

Con un sorriso mi lascia davanti alla porta dell’ostello, recupera dal bagagliaio il mio zaino e compagno di viaggio e mi augura buona fortuna.

Sono passati anni ma Tony lo ricordo come fosse ieri.

Ma l’Irlanda è anche Mary, la paffuta proprietaria del mini B&B dove trovo riparo a Donegal.

Donegal è il prototipo di paesino irlandese che sembra uscito da un racconto di fate e elfi.

Donegal è una piazza, un albergo, una chiesa, quattro strade e 2500 abitanti: se non è questa la descrizione di Paradiso in terra ditemi voi cos’è.

Mary mi prepara la colazione “full irish breakfast “e ogni ben di Dio al tepore di un camino accesso. 
Fuori è ottobre e le temperature non sono ancora rigide, mi parla di lei e del figlio con il quale manda avanti l’attività. 

Mi dice che da quella parti passano molti italiani, che a lei piacerebbe visitare l’Italia anche se rimanda rimanda e non trova mai il tempo perché, fortunatamente, gli affari vanno bene e non ci sono periodi di magra anche nei mesi invernali, più rigidi e con meno massa di turisti.

Poi ovviamente mi tempesta di domande, mi chiede cosa faccio nella vita, perché sono arrivata fin lì, dove andrò il giorno dopo.

Mary ha da poco superato la mezza età, ha gli occhi vispi e qualche ruga, mi fa pensare alla versione più giovane della Signora Minù. 

E tu lettore/lettrice vicino/a ai quaranta hai capito di cosa stiamo parlando.

Poi mi da qualche dritta su cosa vedere nelle vicinanze, mi parla del sentiero delle fate poco lontano da li e mi raccomanda di non perdermelo.

Sospetto che Mary sia in realtà una piccola fata, appartenente al “piccolo popolo” come lo chiamano da quelle parti.

Prima di andare via pronuncia una benedizione in gaelico, mi stringe forte e mi dice che magari, un giorno, le nostre strade si incroceranno di nuovo.

E io spero tanto di mantenere quella promessa.