di: Pippo Gurrieri
Era il 1990 quando Giuseppe Bucalo, un giovane militante della provincia di Messina (Furci Siculo il suo paesello) ci propose (a noi di Sicilia Punto L edizioni) di pubblicare un suo testo che per titolo recava una frase di Fabrizio de Andrè tratta dal suo LP “Non al denaro non all’amore né al cielo”: “Dietro ogni scemo c’è un villaggio”. Il senso di quel volume era tutto racchiuso nel sottotitolo: “Itinerari per fare a meno della psichiatria”.
Da allora quel volumetto è stato una sorta di apripista; Giuseppe è stato invitato a presentarlo in ogni angolo d’Italia, le copie si sono esaurite, se ne è fatta una seconda edizione aggiornata e diverse ristampe; nel frattempo l’attivismo di Giuseppe ha provocato la nascita di collettivi antipsichiatrici, alla fondazione dei Telefoni Viola, e lui ha dato alle stampe nuovi volumi, due dei quali sempre per Sicilia Punto L: “Di(zion)ario antipsichiatrico” e “Sentire le voci – Guida all’ascolto”. Titoli fortunati come il primo, sempre ristampati sempre molto letti.
E’ di queste settimane l’uscita della terza edizione di “Dietro ogni scemo c’è un villaggio”; sono state apportate alcune correzioni a refusi delle prime due edizioni, e alla prefazione alla prima di Giorgio Antonucci (uno dei “padri” dell’antispichiatria) se n’è aggiunta una nuova di zecca di Chiara Gazzola.
L’esperienza narrata (e vissuta) da Giuseppe Bucalo e dai suoi compagni si dirama a partire dalla chiusura dell’ospedale psichiatrico Mandalari di Messina, in seguito all’entrata in vigore della legge Basaglia; da quel momento diversi “pazienti” sono rimasti abbandonati a se stessi. Da qui la riflessione degli allora ragazzi di Furci, a partire dalla condizione di alcuni ex matti tornati in paese: Una riflessione molto profonda sulla relazioni tra individuo e villaggio, su ciò che egli vive nella sua testa e di come questo possa essere in stretta connessione con storie, esperienze, vite e vita di quello specifico ambiente di cui egli è figlio-prodotto culturale e sociale. E solo ricostruendo quel legame interrotto con il villaggio la sua presunta diversità può trovare una propria collocazione senza bisogno di essere superata o curata, operazioni queste che fanno leva sul concetto di follia, di malattia mentale, su una relazione gerarchica tra le persone “sane” e le “malate”, su atteggiamenti di pietà, carità, aiuto morboso, autogratificazione. Tutte cose che Bucalo e il suo collettivo mettono sotto accusa.
Tutto questo nel volume viene affrontato non come elemento teorico, ma come esperienza concreta fatta sul campo.
Il matto è una persona che vive la propria individualità a modo suo, che affronta i sogni o i mostri dentro la sua testa come ognuno di noi fa, rimanendo soggetto che nella comunità, e solo nella comunità, può vivere la propria vita liberamente, a fianco degli altri soggetti, dando il proprio specifico contributo o continuando a farsi i fatti propri.
Il libro si suddivide in una Premessa, una Introduzione, il capitolo intitolato “Il villaggio”, poi quello che ha per titolo “Lo scemo”, quindi “I fatti e i vissuti”, seguito da “Il villaggio fantasma” e per finire con “Autodeterminazione”.
Voglio riportare un brano della postfazione dello stesso Bucalo:
Quello che abbiamo tentato in questi anni a Furci si risolve nel tentativo di fare a meno della psichiatria. Liberate le persone dal giudizio psichiatrico e dalle sue pratiche distruttive, non ci resta che vivere, incontrarci o dividerci, capirci o fraintenderci. Non ci sono tecnici dellanon psichiatria, ma solo persone che decidono unilateralmente di non usare più il pensiero psichiatrico per risolve- re i propri conflitti. E’ per questo che non credo alle “alternative” alla psichiatria e che non ne cerco. Una persona, credo, vada liberata dal manicomio anche se non ha dove andare e di che vivere. Così come credo che nessuno vada ricoverato contro la sua volontà anche quando non si riesce a comprenderlo.
L’esperienza di cui si parla in questo libro non vuole essere un manuale di intervento antipsichiatrico, ma soltanto quello che noi, con la nostra sensibilità, la nostra cultura, la nostra storia, abbiamo saputo pensare e agire quando ci siamo trovati di fronte a situazioni in cui la psi- chiatria rischiava di sostituire pesantemente le persone. Quello che abbiamo fatto non è lavoro “antipsichiatrico”: siamo noi coi nostri limiti e le nostre paure, il nostro paternalismo e la nostra morale. Non c’è una cosa giusta da fare. C’è lo sforzo di persone che insieme tentano di capire, di significare qualcosa le une per le altre, in un modo irriproducibile anche dagli stessi attori.
Come si vede si tratta di una lettura avvincente, affascinante e nello stesso tempo istruttiva su una storia nata in Sicilia e divenuta presto “grande”.
Giuseppe Bucalo. Dietro ogni scemo c’è un villaggio. Itinerari per fare a meno della psichiatria. Prefazione di Chiara Gazzola. Prefazione alla prima edizione di Giorgio Antonucci. Terza edizione, Sicilia Punto L, Ragusa, 2024, pagg. 136, euro 8,00. www.siciliapuntol.it – info@sicilialibertaria.it