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Raccomandazioni #48 : Nhomme, guida intercontinentale per autolesionisti

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Disclaimer: Il titolo è solo per ridere, questo è un disco incredibile anche se non ti piace farti del male.

La vita delle volte ci pone davanti delle questioni, possiamo decidere di rispondere, di affrontarle o possiamo eluderle e dimenticarcene. La mia domanda è: Posso parlare di un disco anche se è in giapponese e non capisco nemmeno il titolo? Mi ero immaginato di dissezionare titoli e testi di questo disco e mi sono detto “beh siamo nel 2023, boomer! Userò il traduttore!”. Se non che ad un’ “attenta analisi” i testi sono risultati introvabili e i titoli sono “nome del disco 1”, “nome del disco 2”, “nome del disco 3”. Quindi a maggior ragione la risposta è SI, parliamone.

La band in questione sono i giapponesi Nhomme, un trio definibile come math-emoviolence progressivo, se tutto questo avesse un senso. Il loro ultimo disco è 一​​​種​​​の​​​過​​​音 (“Una specie di suono eccessivo”), contiene tre brani (i, ii, iii) ed è uscito in audiocassetta di pregiata fattura per la gloriosa Zegema Beach Records, che non sbaglia un colpo. Se vi chiedete come mai di pregiata fattura potete guardare il video del primo brano del disco che mostra la suddetta fattura:

Vorrei approcciarmi a questo disco in maniera diversa, e parlarvene mentre lo ascoltate. Non oso dire un ascolto guidato, ma si. Detto ciò avete bisogno di questo:

Fate play e cominciamo. A breve realizzerete che quello che sentite è un loop su cui si articola buona parte del primo brano. Un apparente inizio di batteria risulta poi in un ritmo inceppato che si sblocca sostenendo l’avanzare del brano. Al momento nessuna traccia della voce, la dinamica si apre e un vorticoso giro di basso vi costringe a muovere la testa, il ritmo è ritmo e che ci vuoi fare. Siamo al minuto 1:40 e con dopo uno sfogo batteristico la voce inizia, disperata e dilaniata. Forse nemmeno dio sa cosa dice, perché ho studiato solo inglese !? Un esplosione finale ti porta a fine brano e stop.

Siamo a “ii”, un doppietto basso e chitarra dal tipico suono math ti suggerisce di entrare. Il brano presto si incasina con una batteria asimmetrica che rende complesso persino l’arpeggio puro emotional che dovrebbe accompagnare. Delirio di transizione di doncaballeresca memoria e si riesplode di nuovo, la voce dilaniante del bassista che riversa le proprie budella. Una serie di pause sfalsate tra basso basso batteria e chitarre sfida la vostra pazienza, una di quelle cose che se vedi dal vivo ridi per quanto sfida il tuo intelletto. Si continua con una variazione sull’arpeggio iniziale accompagnata melodicamente dal basso mentre una splendida parte di batteria si complica la vita. Sfogo finale di accordi e stoppp.

Come vola il tempo, neanche sette minuti e siamo a “iii”. Se non avete perso la pazienza finora, forse iii potrebbe riuscirci. L’inizio è una ripetizione ossessivo-compulsiva acuta degna di un noiser nel suo peggior trip, dopo un minutino un arpeggio dolce sembra dirvi che è finita. Vi sbagliate, si riparte. Dura ancora poco, accordi sostituiscono la nostra nota acuta, il bad trip continua, parte e si calma. Oltre ad essere pazzesco è anche un incredibile esercizio di memoria. Pausa. Si canta, la musica fluisce veloce e ritmata, la voce è pulita, alta e lontana. L’equilibrio si rompe, la voce pure, la musica si fa irruenta. Pensavi fosse finita con quella roba all’inizio del pezzo? No! Riparte e poi batti il cinque. È finita.

Nhomme ci snocciolano una miscellanea di mathrock, arpeggioni emo e urla emoviolence come se fosse la cosa più normale del mondo. Purtroppo non lo è, ma speriamo lo diventi.