di: Dario Greco
In ogni comitiva di amici che si rispetti c’è il suo punto di rottura.
È capitato ad Alessandro Magno, è successo alla dinastia dei Cesari, e se Napoleone Bonaparte fosse stato un uomo onesto, oltre che un genio di tattica militare, avrebbe ammesso che la vera disfatta non fu affatto Waterloo. Non ascoltate ‘ste cavolate scritte appositamente per scolaresche in gita e insegnanti annoiati. In ogni comitiva che si rispetti, in ogni festa che può dirsi tale, giunge il momento di tirar fuori quel vecchio classico di Barry White. Ed è proprio lì che parte la pomiciata spinta, è quella l’evidente traccia che qualcosa sta per incrinarsi, inevitabilmente. E se non state attenti, tira e molla, la corda poi si spezza.
Chiariamoci, non sono un misogino. Non ho nulla contro le donne, anzi, avete di fronte il classico fesso di paese che ancora crede nel mito della parità, quello a favore del dialogo e del confronto.
Sapete a cosa serve tutto questo? A un cazzo! Ecco a cosa serve.
Tanto poi le dinamiche dominanti del mondo non si basano né sul dialogo, né sul rispetto, né sull’intrinseca fascinazione di due corpi all’apice. No, è un altro tipo di fascino che fa girare questa benedetta 3rd rock from the sun. Adesso stiamo parlando di qualcosa di poetico, quindi le donne devono avere un ruolo marginale; devono stare al loro posto, che no, non è la cucina, come purtroppo abbiamo scoperto dopo i primi giorni di vera convivenza con la nostra nuova partner. Le amiamo per altri motivi, sì anche per quello, ma più che altro perché riescono a tollerarci, a sopportarci. Visto che siamo qui, sfatiamo un altro falso mito.
Le donne hanno senso dell’umorismo, eccome. Altrimenti un tipo come me potrebbe mai avere speranze? Siamo sinceri: ho un carattere terribile, sono irritabile al risveglio, rompo le palle per la consistenza e la sapidità del sugo o se la pasta è scotta; ho delle fisime che nemmeno un personaggio malavitoso della old Chicago avrebbe approvato! Insomma sono il classico outsider, il tipo che è meglio perdere che trovare! Sono fatto così: credo in alcuni sani valori: il duro lavoro, la disciplina del soul, l’amicizia. E continuo a crederci ancora adesso, nonostante abbia perduto la mia comitiva perfetta.
Se avete un attimo di tempo ve ne parlerei in questo momento. Ascoltate, sentite il vecchio leone, che vi spiega come districarsi in questa Savana che stiamo attraversando.
Il peggior nemico della comitiva perfetta è lo spirito di Barry White, che non c’entra niente con lo Spirito del Natale e quelle cavolate lì. Siamo franchi: arrivati a un certo punto, il divertimento non basta più. Serve una spinta in più. Non fraintendete: è bello uscire, bere, fumare e fare casino, ma dopo un po’ serve una variante, serve qualcosa capace di sparigliare le carte. Ora, siccome siamo sempre poveri in canne, mica possiamo permetterci di ingaggiare un croupier di professione. L’esempio è sbagliato. Più che altro è tirare a sorte con la vita, ma se sei fortunato il tuo numero potrebbe uscire proprio in questo momento.
È capitato a Gengis Khan, è successo a Tatanka Yotanka, perché non dovrebbe accadere a te? Che cos’hai meno di loro, tralasciando il genio militare, il carisma e il coraggio di non temere la morte? Ok, è assodato il fatto che io continui a sbagliare esempi, proprio come il Khan sbaragliava il nemico, sul campo di battaglia. La battaglia è in atto anche qui, solo che il terreno su cui avviene la disputa è un altro: più accidentato e ricco di insidie, specialmente per un tipo come te. Abbiamo solo un po’ di scorza, abbiamo questa misera carcassa: che altro? Un po’ di fegato, se non sei vegano e se ti riesce trovare una macelleria aperta, in tutto questo tran tran. Ora, accendi il fuoco, metti la carne a macerare e aspetta. Perché si tratta di un gioco di pazienza e devi trovare il modo di ingannare il nemico, che in questo caso non è un vero nemico: è una sciarada, dove le regole non sono scritte, ma rispondono a legge di natura.
Sono sempre stato un tipo differente, dato che per me l’artista del Soul era un altro: Van Morrison. Lui toglieva fuori il selvaggio, il Leone e soprattutto u capi i liune che era in me. Basta mettere sul piatto un pezzo come Madame George, per apprezzare il cuore, la voce, il sound di questo piccolo, cocciuto, ma potente vocalist. È un pezzo capace di fornirti armi e fegato, il combustibile ideale per superare tutte le inibizioni e gettare il cuore oltre l’ostacolo. E siccome ogni desiderio comporta una maledizione, io rinunciai volontariamente alla più bella comitiva che avessi mai costruito e tenuto in piedi. Praticamente feci tutto da solo, con queste mani e col cuore che batteva all’impazzata.
Proprio come un leone va a caccia di antilopi, alle volte rinunciamo a tutto, per un piccolo pezzo di paradiso. Come canta Dylan nella canzone “se credi non ci sia un prezzo per questo dolce paradiso, ricordami di mostrati la cicatrice”. Ma forse è anche giusto che sia così. Si rinuncia alla libertà, a quelle cose che quando hai vent’anni o poco più, pensi non abbiano valore, e probabilmente non ne hanno. Serve un po’ di coraggio, perché non sei certo il nuovo Gneo Pompeo Magno e non c’è nessun esercito pronto a muovere battaglia contro di te. Ci sei solo tu, bloccato da ataviche paure, che ti fanno muovere al rallentatore mentre la mente viaggia a ritmo forsennato. Ed è quello che i britanni chiamano situazione da elefante nella stanza: meglio tacere, far finta di nulla, visto che il nemico è sempre in agguato, dentro di noi. Ci sto girando attorno perché non ho nessuna voglia di dirvi come sono andate a finire le cose, e forse ha ragione Tom Petty nel dire che l’attesa è la parte più snervante di ogni cosa, ma c’è qualcosa di peggio dell’attesa. Si tratta della fine, dell’ultimo giro di valzer. Quello che chiude la serata, cala il sipario e non ci sono repliche. Si tratta di un atto unico, purtroppo. Del resto come diceva qualcuno più saggio del sottoscritto, se è capitato a Gengis Khan, ed è successo perfino a Tatanka Yotanka, perché non dovrebbe accadere a te? Giusto, no?
Vale per i sentimenti, vale per l’amicizia e per noi stessi. In ogni comitiva di amici che si rispetti c’è un punto di rottura. Forse perché in fondo non siamo tutti come Efestione, anche se il più delle volte ci convinciamo di essere suoi pari, ma non è così. Puoi giurare amore eterno verso il tuo gruppo, quella cricca che ti protegge e ti fa sentire importante, ma quando arrivi a fine corsa dovrai ammettere che hai messo i tuoi interessi davanti al bene comune. Perché mai? Ma Santo Iddio, per un semplice motivo: siamo esseri egoisti, dotati di una spiccata capacità distruttiva e per il cosiddetto istinto di conservazione. Abbiamo fatto lunghi viaggi, grazie al nostro patrimonio genetico, la sola forma di intelligenza che davvero ci portiamo dietro e di cui, il più delle volte, non abbiamo alcuna consapevolezza. Il nostro essere senzienti è fatto di poche semplici regole, prima o poi tocca rispettarle e rientrare nei ranghi. E questa legge vale perfino per un cane sciolto come me, per un outsider che si lamenta della pasta scotta, che è intrattabile al risveglio e che si illude di migliorare durante il resto della giornata, ma che alla fine della fiera regala solo sprazzi di poesia e di romantico sentire, in mezzo a un oceano di stronzate, rinunce e vuoti a perdere. Per questo io adesso Ascolterò il leone, e sentirò il linguaggio della sua mente astrale. Farò della mia anima uno scrigno per la tua anima, del mio cuore una dimora per la tua bellezza.
Oh, voce occulta dell’amore oscuro! Libera il duro avorio della testa, pietà di me, spezza il mio dolore! Perché sono natura, perché sono amore!
(Federico Garcia Lorca)
Illustrazione in copertina di Greta Bengasi.