...

Appunti sparsi su qualunque argomento che potresti aver scritto anche tu. Ma, purtroppo per me, li scrivo io e li dedico a chi affronta la vita con un White Russian in mano sognando un mondo migliore. Ma poi ci ripensa perchè tanto, alla fine, il mondo è di chi si fa la foto sorreggendo la Torre di Pisa. E va bene così.

...

Ancora qui a domandarsi e a far finta di niente

di:

(da “Canzone delle domande consuete”)

Tanto tempo fa, o fra tanto tempo, in effetti questo non lo sappiamo con certezza… va bene, ricominciamo.

Tanto tempo fa, in una notte qualunque di una città del sud di una nazione qualunque, un ubriaco, seduto su di una panchina sotto la costellazione del Grande Carro, canta alla Luna canzoni d’amore inframmezzate da insulti, invocazioni e sussurri.

– Umano, cosa vuoi? Cos’hai che ti lamenti tanto?

– Luna, i pensieri mi fanno male…

– Spiegati meglio.

– Tu non lo sai ma quaggiù siamo condannati a cercare sempre un punto di arrivo che non esiste perché poi alla fine siamo sempre qui a girare intorno alla Grande Domanda.

– Qual è la Grande Domanda, Umano?

– “E se…?”… E se avessi parlato anziché tacere? E se avessi accettato quell’offerta anziché rifiutarla? E se avessi fatto quel passo in più che invece ho avuto paura di fare?

– Capisco, Umano… ma questa è la vostra condizione di esseri tormentati. Credimi, caro piccolo Uomo, senza ricordi, rimpianti e rimorsi non sareste più felici, sareste solo inconsapevoli.

– Luna, sarebbe bello.

– Sei davvero sicuro?

– Si.

– E così sia. Adesso vai a dormire, Umano. Domani al risveglio vivrai in un mondo nuovo.

E la Luna, si sa, mantiene sempre le promesse fatte. Infatti, il giorno dopo, nel mondo tutti si svegliarono con la notifica di una nuova mail sullo schermo del proprio smartphone. 

Oggetto: Assistenza Intersistema Terra-Luna AHD 110622

—–

Gentile Utente,

relativamente alla segnalazione in oggetto, a seguito di approfondite indagini da parte del nostro team tecnico, la problematica riscontrata è stata riconosciuta e risolta. La invitiamo, pertanto, a scaricare il file .exe allegato alla presente così da aggiornare il Sistema alla versione 2.0.b. Le ricordiamo, inoltre, che l’aggiornamento è obbligatorio e che l’attuale versione non sarà più supportata a partire dalla dodicesima ora dalla ricezione di questa comunicazione. 

Cordiali saluti,

il Team Intersistema Terra-Luna

.

E tutti aggiornarono. E successe che dal mondo sparirono i rimpianti e i rimorsi, e nessuno più ricordava il passato e la Grande Domanda “E se…?” sparì dall’elenco delle Grandi Domande, e anzi, tutte le Grandi Domande, le Medie e le Piccole Domande sparirono, perché nel nuovo mondo aggiornato al Sistema 2.0.b tutti gli umani si ritrovarono a vivere in un eterno presente, in un costante attimo, sempre uguale, dove l’attimo appena passato svaniva senza lasciare tracce e quello ancora da venire non era nemmeno ipotizzato.

E così gli Umani non furono più tormentati, gli ubriachi smisero di cantare alla Luna e anche di ubriacarsi, i poeti andarono in pensione, i comunisti si riunirono in seduta plenaria e permanente ma non trovando più un senso alla loro lotta si misero a coltivare melograni, gli innamorati dimenticarono il perché lo fossero e smisero di esserlo e furono felici, i credenti non pensarono più alla vita dopo la morte e iniziarono a vivere la vita mentre erano ancora vivi, e le scuole chiusero perché non c’era più nulla che valesse la pena di essere insegnato, e le guerre smisero di essere combattute perché tutti, dai generali dalle mille stelle fino all’ultimo dei soldati, non ricordando più per quale motivo stavano lì ad ammazzare e a farsi ammazzare abbandonarono le armi e tornarono a casa. E quindi, adesso direte voi, il lieto fine perfetto, vero? Apparentemente si, sicuramente i comunisti ricevevano maggiori soddisfazioni coltivando melograni che subendo sconfitte dal 1848, ma tutti gli altri? E poi, può esistere un lieto fine in esistenze che hanno comunque i giorni contati? Ma andiamo con ordine.

Sulla Terra regnava dunque ormai la felicità vacua data dall’inconsapevolezza, e per il momento andava tutto bene. Ma, molto più lontano, in un posto oscuro, dove il giorno era solo una tonalità diversa di nero, un posto ornato di fasci e pieno di industrie che producevano altre industrie che a loro volta producevano cose, occhi attenti scrutavano la Terra.

– Buongiorno Capo Reparto, ho un rapporto urgente direttamente dall’Osservatorio Dimensionale.

– Grazie. Lo consegno al Capo Sezione.

– Buongiorno Capo Sezione, ho un rapporto urgente.

– Grazie. Lo consegno al Capo Settore.

– Buongiorno Capo Settore, ho un rapporto urgente.

– Grazie. Lo consegno al Capo Divisione.

E così via, di Divisione in Divisione, sempre più su, fino ad arrivare al vertice del luogo oscuro.

– Buongiorno Capo dei Capi dei Capi di Divisione, un rapporto urgente dall’Osservatorio Dimensionale.

– Quanto urgente?

– Urgente con priorità assoluta su tutte le altre priorità assolute.

– Bene, lo consegno immediatamente a LVI.

– Buongiorno Dux Invictus Pater Familias Primo Amministratore Delegato, un rapporto urgente.

– Di che si tratta?

– Pare che sulla Terra abbiano abolito il passato e smesso di pensare al futuro. Ecco il rapporto completo.

Il Dux Invictus lesse il fitto rapporto con occhi sempre più sghignazzanti di soddisfazione. Poi lo rilesse ancora e ancora una volta e infine:

– Notizia meravigliosa! Adesso che quegli sciocchi Umani sono felici e inconsapevoli, senza più la protezione offerta dalle lezioni del Passato o la speranza derivante dalla capacità di immaginare un Futuro migliore, sarà per noi semplicissimo sottometterli. Adesso vai, dai l’ordine di mobilitazione alla Grandissima Armata. Si va sulla Terra.

E così la Grandissima Armata del luogo oscuro con il Dux Invictus in testa raggiunse la Terra. 

– Umani, sono qui a portarvi una guida sicura, a proteggervi dai mali di un Universo freddo e cattivo, a promettervi felicità e benessere. Inchinatevi, e insieme trasformeremo il Domani in un sempiterno Oggi.

E tutti si inchinarono. E gli emissari del luogo oscuro dilagarono nelle città e nei paesi e nelle contrade del pianeta, e impiantarono fabbriche e miniere e consigli di amministrazione ovunque, e tutti i terrestri furono assunti, con regolare contratto ovviamente, e sparì la disoccupazione, e ogni mattina tutti cantavano “L’inno al Lavoro” prima di fare colazione e la sera prima di andare a dormire. E poi, tempo dopo, arrivò prima la fine del lavoro a tempo indeterminato e dopo la Legge sulla Sacra Produttività e chi non la rispettava, alla scadenza del contratto, veniva riassunto in posizioni lavorative di livello via via sempre più basso ma, nonostante questo, tutti gli Umani si affannavano a lodare la Sacra Produttività perché, ormai inconsapevoli di tutto, quell’eterno presente incentrato sul Lavoro, sulla Produttività e sul riuscire a compiacere il Dux Invictus Pater Familias Primo Amministratore Delegato erano gli unici orizzonti possibili. Dunque, tutto finito? No, perché così come non esistono i lieto fine non esiste, più in generale, la fine. Ma, anche qui, andiamo con ordine. 

Melek era originario del Bangladesh, aveva quasi quarant’anni, ne dimostrava dieci in più e addosso se ne sentiva sessanta, portati comunque male. Anche Melek, tanti anni prima, aveva aggiornato il Sistema alla versione 2.0.b, anche Melek aveva perso ricordi, rimpianti e rimorsi, anche Melek si era inchinato al Dux Invictus Pater Familias Primo Amministratore Delegato, anche Melek recitava “L’inno del Lavoro”, anche Melek rispettava la Legge sulla Sacra Produttività, e nonostante ad ogni rinnovo scendesse di livello, lui continuava a rispettarla, si sforzava di farlo, ma gli standard richiesti erano sempre più alti e lui scivolava sempre più in basso, sempre di più, fino a quando, un giorno, alla metà del turno del suo nuovo lavoro di lucidatore manuale di bulloni, per due volte chiese il permesso di andare in bagno e per due volte gli fu negato e sta per chiedere il permesso una terza volta quando un alone scuro e umido inizia a spandersi dal cavallo della tuta blu. Melek si ferma. Guarda il bullone che stava lucidando. Guarda il Capo Reparto che sbraita. Guarda gli altri lucidatori intorno a lui tutti chini sui loro bulloni. Guarda in alto dove campeggia la scritta “Il Lavoro nobilita l’Uomo”. Guarda in basso dove gocce di urina si mescolano alla polvere del reparto di lucidatura. Melek posa il bullone e in silenzio se ne va e con i suoi quaranta o forse cinquanta o forse sessant’anni attraversa la grigia città incrostata di nerofumo proveniente dalle produttive industriose industrie, una città senza abitanti perché tutti impegnati a produrre, e a furia di camminare si fa sera, una sera senza luna e con solo uno spicchio di cielo sgombro dalla coltre nera di fumi tossici. E si siede su una panchina sotto la costellazione del Grande Carro.

E mentre osserva quelle lucine lontane, che poi chissà perché lui se le era sempre immaginate come tanti piccoli lampioni, toglie dalla tasca una fune deliziosamente arrotolata con cappio già integrato, uno dei prodotti di punta della Premiata Ditta Funi, Cappi & Affini s.r.l., e guardando la fune, sovrappensiero, dalle labbra mormorò un lievissimo “E se…”, e forse perché la Grande Domanda tornava a essere posta dopo anni di inconsapevolezza globale, o forse per mille altri motivi a noi sconosciuti, ma lacrime fitte cominciarono a piovere sulle guance di Melek.

– Perché piangi?

L’uomo si voltò di scatto e vide che accanto a lui stava serenamente seduta una bimbetta di forse non più di sei anni, vestita di nero  e con capelli e occhi nerissimi, neri lucidi nel nero della notte.

– Io… io non… no, niente bimba… che ci fai qui sola? Ti sei persa?

– Io non mi sono persa. Forse tu, o forse, invece, finalmente ti sei ritrovato.

– Io ritrovat… Ma cosa stai dicendo? Non sai cosa stai dicendo, torna dai tuoi genitori.

– Io so sempre quello che dico, caro Melek figlio di Etana.

– Ma tu chi sei?!

– Io sono la Morte.

– La… Morte… e sei qui… qui per me?

– No, o almeno, non ancora. Anche se hai un cappio fra le mani io so che non lo userai, non stasera.

– E allora cosa vuoi?

– Sono qui a chiedere il tuo aiuto.

– Aiuto? A me? Non capisco?

– Calma Umano, respira e ascoltami. Tanti, tanti anni fa, avete chiesto alla Luna di poter vivere senza dover continuamente masticare rimpianti e tormenti, senza il martellare incessante della Grande Domanda “E se…?”, tanti anni fa avete chiesto di smettere di essere Umani ma tu, prima, con le tue lacrime, mi hai fatto capire che, forse, c’è ancora speranza di redenzione.

– Ma tu sei la Morte… La Morte, capisci?! Perché dovresti volere la nostra redenzione?

– Vedi, caro piccolo sciocco Umano, mi avete sempre descritta come una nemica, la vostra grande nemica, ma io amo l’Umanità tanto e forse più di quanto l’Umanità ami sé stessa. Io vi conduco alla morte, è vero, ma vi conduco alla morte solo dopo avervi fatto vivere la vita. Senza di me le vostre vite sarebbero eterne come quelle degli antichi dei, noiose e sempre uguali nei giorni che trascorrono senza un perché. Da quando avete abbracciato l’inconsapevolezza, la vuota felicità pregna di ignoranza, da quando avete iniziato a vivere in un eterno presente dato per scontato e avete abbandonato i ricordi del Passato e l’idea stessa di un Futuro migliore, da quando avete volontariamente spento la scintilla che Prometeo vi aveva regalato, cosa è rimasto di voi? Siete già morti mentre siete ancora in vita.

– Io… che aiuto vuoi da me?

– Tu sai perché i fiori sono colorati?

– Credo abbia a che fare con l’impollinazione e…

– Si, certo, mi pare ovvio, ma questa è la spiegazione logica, razionale e scientifica che nei secoli vi abbiamo aiutato a costruire ma, caro Umano, i fiori sono colorati perché per decine di migliaia di millenni hanno assorbito le emozioni, le parole non dette, gli attimi vissuti, i sentimenti e gli istinti che, a partire dai dinosauri e dagli esseri prima di loro, tutti gli organismi viventi durante le loro esistenze hanno rilasciato nell’ambiente.

– Ah… e quindi?

– Raccogli fiori, vai in giro per il mondo e donali e chi li riceverà ritroverà quella scintilla che lo porterà a domandarsi “E se…?”.

– E tornerà a tormentarsi e a soffrire.

– Si, ma tornerà ad essere vivo.

– A me piacciono le rose…

– Ottima scelta.

E Melek lasciò cadere la fune con il cappio incluso a terra e si alzò dalla panchina sotto la costellazione del Grande Carro.

– Ah, Melek…

– Si?

– Non avrai mica creduto alla storia dei fiori che immagazzinano emozioni e tutte quelle robe lì, vero?

– Ah… ehm… no?

– No Melek… i fiori sono solo un artificio, è il sorriso con cui li doni quello che fa davvero la differenza.

E Melek iniziò a camminare per le città del mondo donando rose, sempre con il sorriso, e là dove passava lui rispuntavano poi le domande, le parole rimaste non dette riacquistavano spessore, e i sentimenti ridiventavano colorati, e ad ogni rosa donata corrispondeva sempre un inchino in meno al Dux Invictus Pater Familias Primo Amministratore Delegato, e poi col tempo altri ultimi provenienti dal Bangladesh si unirono a Melek, sempre donando sorrisi gentili e rose, e anni dopo, tanti anni dopo, l’Uomo era ritornato quello di sempre, con pregi e difetti e mille tormenti e insoddisfazioni e con ubriachi che cantano alla Luna. Ma vivo e non più schiavo.

—– —– —— —— ——

—– —– —— —— ——

– Dome, tu lo sai che io ti avevo solo chiesto perché dai sempre l’euro al bangladino senza mai prendere la rosa, vero?

– Smack!

Immagine di copertina di Mirko Iannicelli.