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"Ledi emotional day" è la rubrica del ledi diario di bordo in una giornata gheriglio. Dentro è scatola delle meraviglie, non sai mai cosa aspettarti ma qualcosa è sempre lì a tremare nell'ombra.

Ledi Emotional Day #28

di:

“Se vuoi ci meniamo!”, rilanciava così la creatura spaccata dalla sospetta dualità tra soggetto e oggetto, tra anima e corpo. Per tutta risposta gli arriva un bel “suca” dall’altra creatura che riceve un cenno melodrammatico di approvazione dalla terza creatura. Erano in tre ed era tutto nero intorno, la lava, e desideravano tutti stare in una stanza tropicale verde, come un enorme bagno riscaldato e presidiato da una dolce e crudele Baba Yaga che diceva loro: “Siete froci, lo volete capire?”. Esortando gli altri due giganti alla lotta fisica, la prima creatura bramava senza coscienza l’amorevole contatto fisico con i suoi fraterni amici, completamente ignari e dediti ad attività intellettuali dispersive rispetto ai desideri primari e alle volontà scomposte e prive di rigore in quanto asservite e trascinate dai lombi di cui sopra per l’appunto.

Passione che agita, tremore, confusione. L’indolenza spirituale di queste tre creature con il cazzo sarà mondata da una lei che si ribellerà a tutto questo. La sottomissione della vita alle convinzioni metafisiche deve cessare. Così la nostra Baba Yaga, un’amica che cucina un’ottima pasta al forno e non rolla, prende una drastica decisione per i tre timidi cazzetti tutti presi dalle minchiate artistiche e dalle pose antifasciste. Per far scomparire l’io oggetto nell’io soggetto e fare un bel minestrone che allontani dalla contemplazione della vita mondana e irreale, è necessario l’oblio, la totale cancellazione dell’io accidentale, dell’io individuale, per conoscere il sé nella sua realtà oggettiva e quindi in questo caso nella sua realtà oggettivamente frocia. Per farla breve, la Baba prende la Sicilia e la scaglia contro la prima creatura, quella più vigliacca e drammatica. Come Encelado, eccolo lì seppellito dal vulcano, eccolo lì che si rotola disperato generando terremoti, eccolo lì in affanno, a vomitare lava. La Baba guarda i tre cavalieri con tenerezza e pensa che l’uso del mortaio è sempre la scelta migliore, ma il primo cavaliere l’aveva chiamata per un consulto e quando si chiede aiuto a Baba Yaga si conosce il pericolo in cui si incorre e lei rispetta ciò che le spetta. I due cavalieri rimasti lasciano l’Etna e tornano a occidente, agitati e imbrigliati nelle neglie (in palermitano neglia significa cosa inutile) dell’io accidentale. Lì li aspetta la Baba e davanti a delle croccanti cotolette con patatine fritte tutti inciampano nel piacere impiacentito.

I due cavalieri si accaniscono sul fraterno amico intrappolato sotto il vulcano per trovare l’oblio necessario di cui sopra e pian piano giungono a compatirlo. Il secondo cavaliere si indigna e dichiara di “non volerci più avere niente a che fare a meno che non mi chieda scusa!”. Il terzo cavaliere si veste di diplomazia e azzarda: “Non appena farà chiarezza con se stesso potremo tornare a parlarci come amici, ma non lavoreremo più insieme”. La Baba tace, ma sa che l’unica soluzione è aprire il culo e godere. Come finirà questa storia? Il cavaliere intrappolato sotto l’Etna riuscirà a capire che è frocio? E gli altri due cavalieri a piede libero vivranno ancora di contemplazione presumendo di poter trafiggere ancora succose vagine ritrose e generose? Adesso mentre scrivo di questi acerbi froci inconsapevoli che perdono tempo e cazzi senza ricordarsi che la vita sul piano del reale ha un tempo limitato, torno a me e al mio organismo costruito intorno a un utero etcetera di cui sopra. E non pensate che Baba Yaga si interessi solo ai piccoli e succulenti cazzetti bisognosi d’aiuto. No. Baba Yaga accoglie nella sua dimora dentata anche donne con straordinari sintomi da zampe di gallina. Tuttavia enorme è la sua furia quando si accorge che le stesse le provano tutte per non trasformarsi e restare nella palude del desiderio sempre per sto cazzo di cui sopra ma in un altro senso. La Baba rivela alla donna che dorme nella sua casa che “la natura fa apparire alla luce della coscienza certi rapporti d’attrazione come sentimento d’amore. Tu mia cara stai attribuendo in modo del tutto non necessario, il sentimento a cose che invece sono necessità naturali. Se non lasci crescere quelle zampe di gallina non potrai volare mai”. Non vi racconterò cosa accadde dopo quel confronto. Non vi racconterò che la donna fu così stupida da amputarsi le sue splendide zampe di gallina. Non vi racconterò che Baba Yaga non la considerò nemmeno degna del suo mortaio perché si sarebbe nutrita di cibo indigesto. Quel che vi racconterò è che la donna decise di sperimentare degli innesti per poter camminare ancora, ma furono tutti fallimentari. Un giorno incontrò un enorme serpente che la osservava da un pò e le disse: “Hai mai pensato che potresti continuare a strisciare?”. Nel frattempo i tre frocetti ignari si muovono ancora nel mondo e Baba Yaga prepara una squisita pasta al forno.

Intanto io scrivo liste per la spesa, senza sosta, senza tregua. Devo fare tutto da sola e se mi dimentico qualcosa poi col cazzo che torno al supermercato. Le mie liste o sui pizzini di carta o nei messaggi inviati a me stessa su whatsapp. Scrivo pure cose tipo: fare doccia, passare da casa a posare quella cosa prima di andare da quella parte, prendere probiotici, fare lavatrice, buttare spazzatura, telefonare a, scrivere ledi emotional, etc. Intermezzo per la donna strisciante di pagina 318 e 319 dell’amore mio amato Antonin Artaud:

III

Ho visto Marthe Robert chinarsi di collera davanti al mio comodino come il fiore di un cuore che finalmente è appena scoppiato.

IV

E ho visto Marthe Robert, di Parigi, chinarsi di collera nell’angolo della mia camera chiusa, proprio davanti al mio comodino, come un fiore strappato di collera il cui cuore non cesserà più di scoppiare.

Terminate le curiosità sul mondo visto attraverso le mie dita insolenti, procediamo con il consueto e vanesio martirio della persona di me che sto lasciando. Qui accanto a me, guarda caso mi ritrovo una splendida lettera di Virginia Woolf che scrive a una amica, nel 1930 (ci stiamo avvicinando): Dio santo, Ethel, hai proprio ragione. Sono un’intellettuale fatta e finita, e non so niente di me stessa, e a te, col tuo acume e la tua sottigliezza, è bastato fare un passo nella mia vita per accorgertene all’istante. […]. Immagino che, pur essendo priva di una vera educazione, sono per natura di quella razza gretta, ascetica e puritana, oh che strazio! E ormai è troppo tardi, non c’è più niente da fare. Ti divertirebbe vedere come mi agito quando di colpo mi viene fatto notare qualcosa del mio carattere. Per mesi me ne dimentico del tutto e poi basta che qualcuno butti lì: “Ma sei la bugiarda più impunita che io abbia mai conosciuto!”, e io allora corro allo specchio (questo foglio è uno specchio) come se mi avessero detto che ho il vestito messo al contrario, o che mi cola il sangue dal naso. Non sono una brava psicologa, te l’ho già scritto. Mi piace vedere una mano che stringe un appunto accartocciato spuntare da sotto un plaid, in treno. Ecco la vita, mi dico. E io ne sono solo spettatrice. L’altro giorno mi è capitato di leggere un mio vecchio articolo e di scoppiare in un “mio Dio, quanto è pedante questa donna!”. Dovrei andare più spesso alle feste, magari mi aiuterebbe. Però odio vestirmi elegante ed entrare nelle stanze […].

Si, Virginia, più feste, più droghe, più corpi, meno specchio. Ti sei persa niente e ti sei persa tutto. Ti rileggo oggi, 105 anni dopo questa tua letterina alla tua amica e mi trovi qui a pensare che non mi sono sposata e che sono ancora e sempre senza fissa dimora e che questo non avere una casina mia ostacola tanto la scrittura. Oggi riesco a scrivere perché sono in casa di una Ethel preziosa e ho la mia pace, ma per scrivere un altro libro c’è ancora tanto da sistemare e soprattutto devo mettere in riga la mia parte bambina senza castrarla (ancora?) e capire chi è la mia parte adulta che dovrebbe amministrare tutto da qui in avanti. Ma tu non sei psicologa e soprattutto tu sei morta. Bene, mi sono dimenticata dei tre frocetti e della donna serpente e nel frattempo ho eccezionalmente fumato una sigaretta di mattina e mangiato una zuppa fredda di cipolle carote e patata dolce. Ho preso due giorni di malattia per una delle varie infiammazioni che si presentano ogni tot e oggi è in corso il secondo giorno e sono le 11:57 e sono felice. Stare a casa mi ha permesso di avere 48 ore a disposizione per tutto quello che voglio fare, scrivere e disegnare, scrivere e disegnare. I dettagli di questa convivenza con me stessa li trovate a quel paese. Tutta la mattinata di ieri l’ho spesa nella scrittura di una lettera che alla fine non ho consegnato al destinatario. Sono più numerose le lettere che non arrivano che quelle che arrivano (il numero è vicino allo zero). Fuori c’è il sole e nella casa cattedrale sento la primavera entrare da dentro e uscire da fuori. E’ un gioco e a me giocare piace da morire. E nel mio cadere, nel mio correre, nel mio attendere, nel mio culo, voglio lasciare questo ledi emotional con Rilke, offrendovi uno stralcio di Lettere a una giovane signora su Dio, ultima parte dell’opera “Lettere a un giovane poeta”:

“[…] Ma s’ella vuole allora consistere in tale condizione di natura e riconoscere il suo diritto in provvedere e adempiere feconda oltre ogni misura, – non si sente di nuovo smarrita nella sua coscienza umana? E’ la protezione che ella offre così fida? E’ il dare così infinito? E non c’è, là dietro, un’astuzia dell’accogliere, quale non conosce la natura? E non è ella insomma aperta a pericolo e indifesa? Come può ella promettere, se a lei, come umana, può essere riservata in ogni momento un’aridità del cuore, una calamità che la consumi, una malattia che guasti la dolcezza del suo respiro e affievolisca in crepuscolo la luce dei suoi occhi? – Anch’io ho sempre immaginato che questa doppia esistenza della donna dovrebbe rendersi sopportabile grazie a un amore più puramente adempiuto dall’uomo, il quale nel miglior caso è fatto partecipe della realtà e dell’amore della sua amata solo con un abbozzo di amore non eseguito. Con l’impeto della sua brama egli esalta nella giovinetta, che si raccoglie in stupore, – le forze della natura, per smentirle, lui il primo, subito dopo la conquista, lamentando l’umana inerme fragilità di quella creatura che ancora appunto pienamente lo supera. Qui si tradisce la profonda inerzia dell’amore maschile, che ha avuto respiro solo per un giorno di festa e capacità per l’immensurabile dono di una notte: no, anche per questo già non era più abbastanza operoso, da consumare in sé quel dono e trasformarlo senza residui, da creargli una segretezza valida a ricostituire quell’innocenza necessaria agli amanti, senza la quale non potrebbero dover restare insieme; se così, misurato con la donna, l’amante sembra essere nel torto, un millantatore dell’amore, che non arriva a varcare i primi elementi della scienza d’amore, che eternamente con le prime lezioni pensa di poter eseguire l’intero poema, per cui l’innamorata gli prepara simbolo e ritmo, – non è egli d’altra parte commovente nel suo destino, questo passante, anzi ormai passato, – questo cieco, assalitore tempestoso, che vuol fare il periplo del mondo e non ha saputo nemmeno compiere il cammino intorno a un cuore? […]”.

Più si riduce il tempo a disposizione e maggiore è l’ardore in ogni cosa che la nostra singolare evoluzione produce. Sta arrivando la primavera, le implosioni sessuali possono adesso scatenare incendi ardenti. Scrivo adesso alle 14:57 dopo aver fumato altre tre sigarette e mangiato un’insalata con lattuga, rucola, fagioli, feta, limone e cipollina. Cari lettori, è una giornata magnifica e penso che adesso vi lascio, voglio fare un bagno nella vasca e prepararmi a tutto il resto che il crepuscolo sta già lavorando prima che io arrivi.

LIFE IS REALLY ONE

PRECIOUS GIFT

BUT SOMETIMES I FEEL THAT

IT HAS BEEN GIVEN TO THE WRONG PERSON

Ren Hang

E ora, prima di andare a dormire sapendo che esistono i Capsule Hotel, e che mi ispirano tanta froceria e tanta tecnologia e tanta morte e tante coccole e protezione, penso a te e al fatto che i gesti sono importanti, l’amore è irrevocabile e la quinoa con il kefir la mattina al posto dei muesli che sono finiti (a proposito devo fare la spesa), non è male. Domattina, però, la frutta sarà insufficiente rispetto al mio fabbisogno giornaliero, ma devo prendermela con la me inefficiente che lascia l’altra me che deve mangiare nella cacca, letteralmente. No, figurativamente. Va bene, ok, ciao. Ah, non bestemmiate per come gestisco la punteggiatura, non lo faccio apposta, non so proprio usarla.

Immagini di Alessandra Agogliaro