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Scrivu picchi…

di:

Ed eccola qua la nuova fatica poetica di Giovanni Canzoneri, uscita in questa caldissima estate per i tipi di Sicilia Punto L, editrice per cui aveva già pubblicato, nel 2017, Chiddu chi sentu

Testo italiano a seguito, questa raccolta, scritta in dialetto bagherese, ci consegna un Canzoneri costantemente in prima linea, armato delle sue rime e della sua volontà libertaria, a difesa della terra, della cultura dei “vinti”, dalla parte di chi lotta e si espone.

Scrivu picchi…, dal titolo del volume, è anche la silloge di apertura in cui l’autore ci spiega perché scrive: per passione, per amore, pì lu viddanu, l’operaiu, lu studenti… pì la matri c’addatta lu fiugghiu; e ancora: contro l’oppressore, per dare coraggio a chi abbassa la testa e pì lu disìu di vidirli, rivutarisi e fari festa; per dare dignità ai morti della guerra, e infine Scrivu pì sfregiu, cu lu me dittu, pì chiddi ca vulissiru, ca stessi zittu.

Miglior delucidazione non ci poteva essere; lo scrivere è un bisogno, un’esigenza di replicare a chi vorrebbero che si stesse con la bocca chiusa. E se il tono e il linguaggio possono sembrare un po’ retrò, proviamo ad alzare un po’ lo sguardo oltre il confine delle nostre false certezze, e ci accorgeremo chi i viddani esistono ancora, ci circondano, anzi non hanno mai smesso di farlo: sono coloro che vivono del loro lavoro nella terra bassa, ma, in generale, sono tutti quelli che vengono tenuti ai margini della società per i lavori umili che svolgono, e per ciò tenuti in scarsa considerazione. E in quanto agli operai, agli studenti, alle madri che allattano, questi rappresentano l’universo umano cui credo appartengono molti lettori di questa rivista o i loro più vicini amici e familiari.

Canzoneri imbraccia la sua mitraglia di parole e traccia una sfilata di situazioni, personaggi, riflessioni, non trascurando l’ironia, com’è suo solito, ma incanalandola sempre in un indirizzo sociale. La sua bravura consiste nel costruire narrazioni dal sapore antico e poi sposarle con riferimenti attuali, che però di antico mantengono lo sfruttamento, la condizione del subalterno, il ricatto della miseria, a dimostrazione che tra l’ieri e l’oggi, specie qua in Sicilia, sono più i legami e le continuità che le rotture e le discontinuità. Si, forse la forma sarà mutata, ma la sostanza, quella no! Del resto il poeta stesso è l’incarnazione di tutto ciò: mentre veste gli abiti di un punk, usa la lingua di un viddanu…

Il suo è uno sguardo acuto, profondo, che usa l’arma della lingua siciliana nella sua dimensione universale, come l’hanno resa poeti come Ignazio Buttitta o Turi Lima e Vito Tartaro, alla cui “scuola” va necessariamente annoverato: poeti immortali dotati di una lingua immortale, che milioni di emigrati sparsi per il Mondo hanno diffuso oltre i confini di un’isola isolata. Ed anche il nostro è un emigrato, che trascina la sua sicilianità e il suo bagaglio culturale come merce preziosa, oltre lo stretto e tutti gli altri stretti che strozzano la propria appartenenza e identità. Perché il siciliano è una lingua capace di fotografare, con i suoi suoni e le sue parole, la storia e le storie del nostro popolo, più di ogni altro sistema comunicativo. Ed anche quando Canzoneri azzarda la traduzione in siciliano della bellissima canzone L’estaca di Lluìs Llach, simbolo della lotta del popolo catalano, libertario e antifascista, contro la dittatura del generalissimo Francisco Franco, il risultato è appagante: L’estaca, il palo in cui siamo tutti legati, può essere abbattuto solo dalla forza collettiva, dall’apporto di tanti: Siddu iu tiru forti di ccà / e tu lu tiri forti di ddà / iddu cadi cadi cadi / e truvamu la libirtà.

Segnalo solo due poesie che fanno parte del grido di battaglia di Giovanni Canzoneri in una vicenda siciliana (ma non solo) che ci vede tutti coinvolti: la lotta contro il MUOS di Niscemi. La prima s’intitola Dicu a vui, ed è dedicata a Turi Vaccaro, il pacifista d’azione artefice di mille iniziative e vittima di molti arresti; la seconda è C’e cu…, ed è dedicata al sottoscritto, allorquando venne inquisito, ed in un primo momento condannato, per aver mostrato le chiappe ai fotografi della polizia politica in una delle tante manifestazioni organizzate in questo lungo decennio trascorso lungo le recinzioni della base militare americana.

Giovanni Canzoneri, Scrivu picchì…, Sicilia Punto L, Ragusa, 2022, pagg. 94, euro 8. Richieste a: info@sicilialibertaria.it