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Livori quotidiani, quelli classici. Solo che dalla routine quotidiana noi ne parliamo in termini social-musicali. Si, tutti fenomeni di costume più o meno italici ma soprattutto tratti dai usi e costumi dei social che provocano allergie, fastidi, singulti, movimenti peristaltici, etc. Ma si parla anche di tutte quelle musiche che fatichiamo ad accettare o non abbiamo più l’età per ritenere speciali: una scena che scena non è mai stata da qualche parte remota o nella città in cui si fatica a vivere. Figurati quella indipendente, che è tipo il mainstream ma con meno zeri nei cachet!
Riflessioni poco ponderate (si, il controsenso certo, ovvio), scritte a raffica durante insonnie da weekend, farmaci per il reflusso/gastrite inerenti il mondo della musica italico, i (mal)costumi dei social che sembrano l’avanspettacolo da tv locale di tanti anni fa.
Mi correggo: il cabaret è meglio di questa farsa imprenditoriale moderna, che va bene eh, ma vi state portando i coglioni con le pari opportunità che vogliono i poppettari (o polpettari secondo la terminologia catanese)dal basso che vogliono essere manipolati, ma compiacendosi.
Vabbè, ne leggete uno al mese dei LIVORI QUOTIDIANI.
Se non gradite questa rubrica all’interno di questa - suppongo - rispettabile webzine, lamentatevi con il caporedattore.
Questa è un’opera di fantasia. Nomi, personaggi, istituzioni, luoghi ed episodi sono frutto dell’immaginazione dell’autore e non sono da considerarsi reali. Qualsiasi somiglianza con fatti, scenari, organizzazioni o persone, viventi o defunte, veri o immaginari, è del tutto casuale.

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#ESTATE2022. LIVORE BIMESTRALE.

di:

Fa caldo. Fa caldissimo.

Non in aereo dove mi diverto a riprende il vapore di condensa dell’aria condizionata e spostarlo sui social per stuzzicare quei ritardati dei komplottari con cui sono solito divertirmi in alterchi inutili e spensierati sui social.

In viaggio con destinazione Dresda per riunione internazionale per la creazione di Arte Immortale ai fini di installazione multimediale presso il Centro Culturale Zō. Ve ne riparlo a Settembre quando capirò ‘sta benedetta installazione cosa prevederà (in realtà non voglio spoilerare nulla) ma soprattutto quando chi legge lontano dal sud si sarà lasciato ‘sta maledetta estate alle spalle per accogliere la stagione più bella e breve di sempre: l’autunno.

Paradossalmente il doppio livore estivo doveva prevedere invettive contro l’afa, il terminal C dell’aeroporto di Catania dove ho testimoniato i problemi di un capannone che faceva fatica a mantenere la temperatura decente (leggi: l’aria condizionata non funzionava manco per il cazzo) e con finale di imbarco di hostess di terra che chiude le porte automatiche con le mani perché mal funzionanti. Come ha detto un attimo fa su Facebook la mia amica Barbara (caso speciale di fuga di cervello/ricercatore verso le teutoniche lande) “l’aeroporto di Catania è lo specchio di una città che non funziona: non ci sono indicazioni e quando te le danno sono probabilmente sbagliate”. Forse non erano le esatte parole, ma il succo credo fosse più o meno questo, il tutto mentre mi lascio dietro una città (Catania) sepolta dalla spazzatura. 

Mentre sto in volo per Dresda rifletto sui trasporti e sul fatto che forse nelle ultime 24 ore credo di battere il mio personale record sulla quantità di di mezzi di trasporto che ho utilizzato.

Sono in volo al momento e già ho preso auto, nave e aereo.

Davanti a me credo tre treni e forse un tram o una corsa in metro per giungere al centro culturale Zentralwerk (googlate e troverete un posto abbastanza interessante).

Ma torniamo all’inefficienza e al senso di offesa dei Catanesi che sono stanchi di vedere video e foto di munnizza. Si perché il Catanese ama Catania nonostante i suoi difetti (tranquilli: io no), che poi non sono manco difetti ma errori strutturali di chi la amministra. Si incazzano se posti i video o le foto di questi giganteschi mucchi di spazzatura accumulati per le strade, alcuni addirittura superano i due metri di altezza. Ma guai, guai a dire che Catania fa cagare, perché il catanese medio alternativo che riesce a unire concertini e uscite al pub e un tifo sfegatato per una squadra che attualmente credo manco esiste (ovviamente che me ne fotte del calcio Catania a me, si sta meglio senza e lo stadio lo sposterei abbastanza fuori città per non congestionare il traffico di una città che non ne vuole più a livello di smog dovuto al trasporto privato) si offende, non vuole che si dica Satania o Katanikistan (il secondo termine poco politically correct quindi simpaticissimo per me perché doloroso veramente) e ne seguono lunghissime disquisizioni inutili sul “social dei vecchi”, ovvero Facebook.

Ma non pensiamoci, me ne frego. In questo istante sto per incontrare un gruppo misto di siciliani e tedeschi per progettare una installazione multimediale che parli del plesso delle ciminiere, di quello che accadeva in quel rione industriale di raffinerie di zolfo che mi ricorda la minaccia della schiavitù (compresa quella attuale che vede imprese troppo cool proporre contratti assurdi che dire mal pagati è troppo) di un passato poi neanche cosi lontano che mi fa accettare di buon grado il mio perenne precariato come lavoratore dello spettacolo.

Ah si, i lavoratori dello spettacolo quelli di cui parlavano tanto certe realtà ribelli di 10 anni fa e che non ne parlano più. Al solito.

Zolfo: ovvero una risorsa per creare armamenti. Le bombe di ieri che però fanno tanto danno quanto quelle di oggi ma oddio non se ne può parlare che è tutta colpa dei ‘mmiricani e Putin è uno stinco di santo (si usa ancora in italiano questa espressione?) che lotta per liberarci dai nazisti. Grazie uomo solo al potere, grazie amico degli oligarchi imparentati con la mafia russa, grazie o salvatore del mondo novello redentore che ci salvi da quattro stronzi di destra.

Tu si che sai manipolare la democrazia e ottenere il potere infinito, tu si che sei il difensore delle libertà di noi stronzi occidentali che prendiamo gli aerei perché i programmi di scambio culturale di noi europei prevedono la collaborazione e gli scambi, appunto, tra popolazioni diverse.

Pazzesco, eh? È cosi che procede la narrazione per certuni (anche per certi amici miei) che consumano quintali di byte di cultura occidentale ma che poi credono ai nazisti Russi. Certo ci stanno, ma perché Forza Nuova e Casapound in Italia non li abbiamo? Cioè in Italia! Un paese di fasci, fondamentalmente, con una radicata cultura di destra in cui appena si è proposta una “patrimoniale”… tutti indignati.

Non dovevo parlare di politica, che poi mi dicono che sono socialdemocratico sovrappeso un po’ preoccupato dalla green economy.

Il mio auspicio è un governo centrale europeo che applichi una scolarizzazione forzata per chi non riesce manco a parlare l’italiano (altro che parlare in corsivo maremma maiala!), elimini i governanti locali e imponga politiche di welfare serio, che di quei quattro parvenu dei ristoratori che si lamentano perché nessuno vuole andare a fare lo schiavo NON SE NE PUÒ PIÙ.

Così come non se ne può più di quei quattro pezzenti di social media manager che lavorano per le principali testate giornalistiche nazionali e postano senza sosta questo tipo di contenuti per creare engagement da quattro spicci.

Per non parlare dei deficienti utenti dei social italiani tutti indignati senza capire che sono manipolati e stanno diventando favorevoli a una nuova schiavitù.

Questo non è un livore, questa è cronaca. E mentre vi decurtano lo stipendio, un caffè su un volo di una compagnia low cost arriva a costare ben 3,70 euro.

Sempre avanti così!

Ma voi siete felici, siete felici di sentirvi diversi e speciali.

Ma non siete speciali in quel senso, ma nell’altro; perché mentre lottate invocando una verità un po’ malferma vi tolgono tutto il resto. A casa mia si chiama ritardo mentale, da voi non so.

Buona estate a tutti, ci rivediamo col fresco se riesco a beccare i tre treni che mancano dalla destinazione.

Su Instagram la cronistoria del biglietto a 9 euro, recensione dei treni teutonici e dei crucchi (come quello che ho accanto) che indossa le maledette Birkenstock e dei calzini gialli.

Si, gialli come il colore dello zolfo.

Immagine di copertina di Mirko Iannicelli.