...

Livori quotidiani, quelli classici. Solo che dalla routine quotidiana noi ne parliamo in termini social-musicali. Si, tutti fenomeni di costume più o meno italici ma soprattutto tratti dai usi e costumi dei social che provocano allergie, fastidi, singulti, movimenti peristaltici, etc. Ma si parla anche di tutte quelle musiche che fatichiamo ad accettare o non abbiamo più l’età per ritenere speciali: una scena che scena non è mai stata da qualche parte remota o nella città in cui si fatica a vivere. Figurati quella indipendente, che è tipo il mainstream ma con meno zeri nei cachet!
Riflessioni poco ponderate (si, il controsenso certo, ovvio), scritte a raffica durante insonnie da weekend, farmaci per il reflusso/gastrite inerenti il mondo della musica italico, i (mal)costumi dei social che sembrano l’avanspettacolo da tv locale di tanti anni fa.
Mi correggo: il cabaret è meglio di questa farsa imprenditoriale moderna, che va bene eh, ma vi state portando i coglioni con le pari opportunità che vogliono i poppettari (o polpettari secondo la terminologia catanese)dal basso che vogliono essere manipolati, ma compiacendosi.
Vabbè, ne leggete uno al mese dei LIVORI QUOTIDIANI.
Se non gradite questa rubrica all’interno di questa - suppongo - rispettabile webzine, lamentatevi con il caporedattore.
Questa è un’opera di fantasia. Nomi, personaggi, istituzioni, luoghi ed episodi sono frutto dell’immaginazione dell’autore e non sono da considerarsi reali. Qualsiasi somiglianza con fatti, scenari, organizzazioni o persone, viventi o defunte, veri o immaginari, è del tutto casuale.

...

Livore 05.2023 + Romanzo D’appendice Chat GPT ed.

di:

We’re all going to die, all of us, what a circus! That alone should make us love each other but it doesn’t. We are terrorized and flattened by trivialities, we are eaten up by nothing.

Charles Bukowski

Dopo Confucio ecco una citazione di Bukowski, ma cosa m’è preso?

Me lo chiedo spesso e quando ci penso la mia mente corre da un’altra parte ovvero penso a frasi come “un promemoria digitale di calendar o simili non può sostituire il foglio appeso in bacheca con la lista delle cose da fare”.

Che c’entra? Nulla direbbe qualcuno ma nel complesso sistema interattivo tra significati e significanti c’è un nesso logico che non so ben tradurre perché non è chiaro ma al tempo stesso è anche molto chiaro.

Chiaro, no?

No, lo so, lo capisco.

Le coordinate spazio temporali in cui scrivo il post livore con annesso romanzo d’appendice (a cui però ora do una svolta che mi sono già rotto il cazzo e non lo voglio continuare più) sono traumatiche. Lavorare in produzione per un evento con 40 artisti è un casino.

Questo mi fa pensare pure ad altro in un altro modo sempre collegato ma senza che io ne colga il senso più evidente, c’è qualcosa di ancestrale che connette questi pensieri ma non ho ancora trovato la parola adatta a spiegarli.

C’è un continuum tematico e linguistico direbbe quello lì, ma io sono stronzo e non lo dico.

Dicevo: penso alla fallibilità della memoria digitale che è ottima sì per accumulare, ma mi sembra rendere poco quando si tratta di ricordare efficacemente. Si badi bene, qui parlo di ricordare ma in realtà serve a connettere i pensieri e focalizzarci su idee, persone, affetti, concetti e così via.

Tutto questo nasce perché ho scritto una lista di cose da fare con la penna su fogli di carta riciclati dal retro pagina di un calendario. Calendari, ricordi, cose da fare, memoria, obiettivi, fissare qualcosa nella testa per riproporla, ovvero provare, la sala prove, il concerto, la ripetizione.

Il performare qualcosa, il metterla in scena senza farla finita con qualcosa, che non per forza bisogna ascoltare quei pensieri assurdi del cervello che ci ripetono che dovremmo smettere di fare questo o quello solo perchè abbiamo una età. Certo sì è dura riflettere e capire che si hanno 42 anni e che si è vissuta più della metà della propria vita, ma questo non vuol dire che quando si diventa più adulti bisogna smettere di fare le cose che ti hanno permesso di essere felice. Si, ci si scoccia, lo so, è meno divertente col passare del tempo, forse, e ci si annoia di tutto per accumulo di esperienza, sensazioni e possibilità ma è altrettanto normale proseguire per la propria strada anche se poi è solo il tempo che ti dice che volevi altro.

Il continuum di quello che ho scritto? La memoria, la morte, la frase iniziale di Bukowski.

Come? Cosa dici amico lettore?

Lo avevi capito ben 15 righe fa?

Sono scontato lo so, amo la routine, l’essere banale nel non essere normale: come quello che asserisce che siamo stereotipi e poi fa trap coi tatuaggi in faccia.

Aderiamo tutti a dei costumi, come direbbe qualcuno “ci scegliamo la tribe a cui appartenere”, ma non è un videogioco online collaborativo, è vita vissuta, è live.

Ho pure registrato l’audio mentre scrivevo le righe sopra perché oggi ho avuto l’idea di creare un universo social fatto di soli suoni ambientali. 

Nel frattempo vorrei staccarmi dal tablet con tastiera e tornare a letto a dormire. Forse lo faccio. Si, faccio una pausa, torno subito.

Eccomi di ritorno.

Nell’ultima mezzora ho nell’ordine: pianto, chiamato una mia amica perché è l’unica che sa dirmi le parole giuste per farmi riprendere dai momenti di sconforto frutto dei pensieri orribili che la mancanza di sonno con conseguente calo di sviluppo di serotonina comporta e, dulcis in fundo (da secoli volevo usare questa espressione), abbiamo cuttigghiato un po’ (in dialetto siciliano vuol dire spettegolare).

Ci siamo pure confessati. 

Finita la sessione con la ex terapeuta amica a cui ho raccontato dubbi e perplessità della mia vita attuale, devo cercare di ricollegarmi alla tematica principale di questo livore.

Mi sa che non è un livore. Non ce l’ho con nessuno in particolare modo, in realtà volevo solo parlare di morte, vita, suoni ambientali e del significato della frase di Bukowski che mi ricorda che mentre io sto qui a piangere per melancholia, da qualche altra parte del pianeta i conflitti armati mietono, secondo una stima che mi ha restituito google, 193 mila persone l’anno. Che vuol dire 528 persone al giorno, che tradotto in ore significa 22 decessi e che quindi mentre piangevo e poi parlavo al telefono sono morte circa 11 persone a causa dello sport preferito degli umani: la guerra.

Mi fa ridere quando il coglione fascista di turno parla di sostituzione etnica, gli vorrei solo dire che le politiche di destra fanno si che non ci sia sviluppo e welfare, e senza welfare è un tantino complicato avere una popolazione felice e prosperosa felice di mettere su famiglia.

Chiedo a google il tasso di natalità del nostro paese? 

Avrei lasciato lo facessi tu, ostinato lettore, ma te lo spoilero che sono stronzo: l’Italia si conferma uno dei paesi con il più basso tasso di natalità al mondo.

Bella notizia eh? Come il tasso di dispersione scolastica più alto tra le regioni italiane, indovinate qual è quella messa peggio? Ecco, sì, bravi: la Sicilia.

Non è un livore, è una specie di cronache del dopobomba.

Comunque a volte basta ascoltare musica per riprendersi, sto pure facendo certi voli pindarici musicali come colonna sonora di questo articolo (perlomeno nella seconda parte della sua stesura) che non me l’aspettavo manco io, roba che passo dai Baustelle a Jorge Ben. Che figo Jorge Ben.

A un certo punto la delusione finisce e subentra l’indifferenza ed è così che finisce il dolore dell’amore. Perché come diceva un amico “non ti posso amare se non mi puoi deludere”, ed è vero.

Un pensiero fisso, un’ossessione: non aver compiuto la propria mission biologica.

Che c’entra? C’entra.


Segue romanzo, d’appendice, stavolta, visto che volevo conferme pure io sulle potenzialità di Chat GPT, gliel’ho fatto scrivere direttamente all’AI e ho notato che ha azzeccato perfettamente quello che gli volevo fare scrivere.

I personaggi non sono Ian & Giada, ma potrebbero anche esserlo, in realtà potrebbe essere chiunque tra di noi. 

Personaggio 1 (Lui): Ciao amore, come stai oggi?

Personaggio 2 (Lei): Oh, ciao caro. Sto bene, grazie. Tu?

Lui: Beh, potrei stare meglio se sapessi che provi qualcosa di speciale per me.

Lei: Cosa intendi? Siamo insieme da tanto tempo, non è abbastanza evidente che mi preoccupi?

Lui: Sì, ma a volte mi sembra che tu non sia davvero coinvolta emotivamente. Ho bisogno di sentire che mi ami davvero.

Lei: Non capisco perché metti in dubbio i miei sentimenti. Ti mostro il mio affetto in tanti modi diversi, non ti sembra sufficiente?

Lui: No, non è solo questione di gesti o di dimostrazioni materiali. Ho bisogno di sentire che il mio amore è ricambiato, che hai anche tu quel fuoco dentro di te.

Lei: Sono davvero confusa da tutto questo. Non ho mai negato i miei sentimenti, ma forse sono semplicemente diversa da te nell’esprimere l’amore.

Lui: È proprio questo che mi fa sentire insicuro. Vorrei che tu mi dessi qualche segno, una prova tangibile che mi ami davvero.

Lei: Mi dispiace se ti senti così, ma non so cosa dirti. Sono me stessa, e se questo non è sufficiente, non so come potrei fare di più.

Lui: È solo che mi sento stanco di dover cercare continuamente conferme. Vorrei che tu mi dessi un po’ di certezza, di sicurezza nella nostra relazione.

Lei: Capisco che tu abbia bisogno di sicurezza, ma se non riesci a sentire il mio amore nonostante tutto quello che faccio, forse dovremmo prendere in considerazione cosa sia meglio per entrambi.

Lui: Non voglio perderti, ma ho bisogno di sapere che valgo qualcosa per te. Non posso continuare ad andare avanti senza una risposta chiara.

Lei: Sono spiacente che ti senta così, ma non posso dirti ciò che non sento. Ho bisogno di tempo per capire i miei sentimenti.

Lui: Capisco che sia un percorso personale, ma sono stanco di aspettare nell’incertezza. Voglio essere amato pienamente e sinceramente.

Lei: Mi dispiace se non sono in grado di darti quella certezza che cerchi. Dobbiamo entrambi riflettere su cosa vogliamo dalla nostra relazione.

Lui: Hai ragione. Forse è giunto il momento di affrontare la realtà e capire se i nostri desideri sono in sintonia. Non voglio trascinare avanti una relazione che non è appagante per entrambi.

Lei: È doloroso sentirlo dire, ma forse è la cosa migliore per entrambi. Dobbiamo essere onesti con noi stessi e trovare la felicità che meritiamo. 

SEZIONE BONUS:

“QUALCOSA SCRITTO DA QUALCUN ALTRO CHE AMI PER QUELLO CHE HA SCRITTO” 

Diceva Seneca, dalla Epistole a Lucilio “Ogni giorno moriamo”:

(traduzione all’italiano) 

Moriremo ogni giorno; ogni giorno ci viene tolta una parte della vita e anche quando ancora cresciamo , la vita descrive. Abbiamo perduto l’infanzia, poi la fanciullezza, poi la giovinezza. Tutto il tempo trascorso fino a ieri è ormai perduto; anche questo giorno che stiamo vivendo lo dividiamo con la morte. Come la clessidra non vuole l’ultima goccia d’acqua, ma tutta quella defluita prima, così l’ora estrema, che mette fine alla nostra vita, non provoca da sola la morte, ma da sola la compie; noi vi giungiamo in quel momento, da tempo, però, vi siamo diretti. Dopo aver delineato questi concetti con il tuo solito linguaggio, semplice sostenuto e tuttavia mai più penetrante di quando metti le parole al servizio della verità, scrivi: La morte non viene da sola: quella che ci porta via è l’ultima morte. E’meglio che tu legga te stesso invece che la mia lettera; capirai che questa da noi temuta, è la morte estrema, non la sola.

Immagine di copertina di Mirko Iannicelli.