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Livori quotidiani, quelli classici. Solo che dalla routine quotidiana noi ne parliamo in termini social-musicali. Si, tutti fenomeni di costume più o meno italici ma soprattutto tratti dai usi e costumi dei social che provocano allergie, fastidi, singulti, movimenti peristaltici, etc. Ma si parla anche di tutte quelle musiche che fatichiamo ad accettare o non abbiamo più l’età per ritenere speciali: una scena che scena non è mai stata da qualche parte remota o nella città in cui si fatica a vivere. Figurati quella indipendente, che è tipo il mainstream ma con meno zeri nei cachet!
Riflessioni poco ponderate (si, il controsenso certo, ovvio), scritte a raffica durante insonnie da weekend, farmaci per il reflusso/gastrite inerenti il mondo della musica italico, i (mal)costumi dei social che sembrano l’avanspettacolo da tv locale di tanti anni fa.
Mi correggo: il cabaret è meglio di questa farsa imprenditoriale moderna, che va bene eh, ma vi state portando i coglioni con le pari opportunità che vogliono i poppettari (o polpettari secondo la terminologia catanese)dal basso che vogliono essere manipolati, ma compiacendosi.
Vabbè, ne leggete uno al mese dei LIVORI QUOTIDIANI.
Se non gradite questa rubrica all’interno di questa - suppongo - rispettabile webzine, lamentatevi con il caporedattore.
Questa è un’opera di fantasia. Nomi, personaggi, istituzioni, luoghi ed episodi sono frutto dell’immaginazione dell’autore e non sono da considerarsi reali. Qualsiasi somiglianza con fatti, scenari, organizzazioni o persone, viventi o defunte, veri o immaginari, è del tutto casuale.

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Livore 06.2023 – Non livore II + Romanzo d’Appendice dell’AI

di:

Quand’è che hanno rinnovato i traghetti Messina Reggio Calabria?

Perchè li ho dovuti vivere e utilizzare quando facevano cagare? 

Quanti tour iniziati e finiti mentalmente nel momento stesso in cui sali e scendi per quel breve tratto. Il traghetto mi è sembrata una vascello spaziale a questo giro, il ponte addirittura col parquet e l’arancino dello stretto si è ristretto anche lui adeguandosi alla crisi.

Anche la SA-RC è diversa. Ho vissuto questa tratta assieme agli amici/colleghi di scorribande musicali tra il 2000 e il 2014 in maniera molto intensa, stipati di zaini, scarpe, strumenti musicali e tutto il resto di quel immaginario lì. 

Destinazione Napoli, non ci andavo da anni, guarda caso ci torno qualche settimana dopo ‘sto cazzo di scudetto. Ci sono festoni di plastica e bandiere del Napoli letteralmente ovunque.

Ma lasciamo stare il calcio, c’era uno poco fa al cesso sul traghetto vestito “da calcio” e puzzava fortissimo di sudore. Ho immaginato questa maxi partita sul ponte esterno del traghetto tra questi piccoli fan di Ibrahimovic, acconciati come lui. Gioia, puzza e umori.

Non sono molto convinto del mio venerdì sera da passare sulla SA-RC, penso ai rischi che si corrono per le strade, penso a “chiuditi nel cesso” degli 883, penso a chi cerca di approfittarsi cercando di farmi fare di più di quello che devo, penso al tweet del tipo che ha detto che gli umani stanno a salario minimo e a faticare mentre le AI si dedicano ad arte e letteratura.

Si va a presentare “Lo Sbadiglio” Di Antonio Aiello, amico fraterno, contrabbassista dentista e scrittore, con due/tre difetti che mi fanno sclerare ma con dei pregi importanti: la schiettezza e la generosità e quell’attitudine sana di non credersi un cazzo e mezzo solo perchè suona uno strumento. Ne conosco diversi che hanno fatto qualche concerto e pensano di essere importanti e di capirne qualcosa.

Perchè sei un essere speciale ed io avrò cura di te

Al solito, c’è sempre qualcosa che non va con le autoradio dei miei amici, perché i miei amici e le persone a cui mi lego se ne sono sempre fottuti delle automobili. Le auto saranno sempre e comunque delle robe che servono per andare da un punto A a un punto B.

Ti salverò da ogni malinconia

Eh. Mi piacerebbe trovare qualcuna così, ma nisba; inseriamo nel lettore cd ‘sto disco zeppo di mp3 ma il display della radio è rotto: ascoltiamo quello che capita come capita o, molto probabilmente come suggerisce Antonio, legge le cartelle in ordine alfabetico, ed è partito Battiato, la cui scomparsa ricorreva qualche giorno fa o forse soltanto ieri, non ricordo. Guardavo i commenti sul social dei vecchi (FACEBOOK) che facevo contro i soliti becchini dei social nella sezione ricordi, credo che sia finito quello scempio del ritualistico postare video dei morti famosi.

Non so, un tempo mi scagliavo contro questo rituale collettivo della condivisione massiva sui social ogni qualvolta qualcuno di famoso moriva. Non l’ho mai capita, io apprezzo le opere e non conosco l’operatore. 

Aspetta: abbiamo appena cantato Bocelli grazie a questo cd di mp3. Ora sono partiti i Negrita.

Rosarno. Confusione.

I monumenti a cosa servono? La vera storia non la insegnano

Non ricordo chi fosse quel cantante complottista che non credeva al covid e che oggi tifa Putin e crede ai nazisti in Ucraina. Come gli ignoranti del Tennessee. Che postaccio, credo di esserci passato di striscio. Anche se il vero bifolco texano che sale sul retro di un pick up l’ho visto e come nel più classico dei cliché gli mancava un dente, Austin, città meravigliosa.

Roba che i Simpson lèvate proprio. Ci sta il dubitare dato che la storia la scrivono e riscrivono i vincitori, ma se un minimo di spirito critico lo hai, beh ti rendi conto che negli estremi della polarizzazione c’è qualcosa che non va.

La scena finale di Blade Runner quando lui asserisce di volere più tempo e che i suoi ricordi se ne andranno via come lacrime nella pioggia. Nel libro non è così e nel film non si capisce che Dekkard è un replicante pure lui. Lacrime nella pioggia.

Caro Philip K. Dick, sei morto prima dei social e oggi saresti complottista anche tu ma solo perchè eri un paranoico e ho studiato il tuo pensiero avendo quasi letto la totalità della tua produzione letteraria.

Si può studiare un artista certo, la letteratura si studia, ma quando il consumatore comune vede il suo idolo in tivù crede di essere amico suo, di appartenere alla vita dell’idolo, così si crea quella cattiva magia che è il rituale tipico delle religioni ma in chiave show biz consumista.

Oh cazzo i Dream Theater. PRC MDN

Sarebbe stato bello fosse partita Kill Your Idles dei Sonic Youth.

Giuliana dietro canta i Dream Theater, si tinge le unghie dei piedi, fa la pedagogista e farà 40 anni a breve, fuma quelle cagate che fanno puzza di peti. Si, le sigarette riscaldate, le voglio bene ma ha affumicato una macchina.

I lavori in corso sono iniziati e io mi ricordo della SA-RC che conoscevo: una via crucis piena di poveri stronzi costretti ad allontanarsi da casa per lavoro o per dire/fare qualcosa o semplicemente per andare in vacanza.

Seby riprende la scena e io penso che senza di lei sarà tutto diverso.

Non pensavo da un sacco che vivere insieme a qualcun altro è meglio che stare da soli e scopare con quanta più gente possibile per sentirsi vivi. Sarà la depressione calabrese che mi spinge a questi pensieri.

No, la colonna sonora è quella per la fine, voglio passare del tempo a fare ciò che mi sono negato per anni, cercare quella condivisione che puzza di banale per chi alla fine dei vent’anni si sente e rende affamato.

Il decennio dopo è molto più interessante e i quaranta sono come quel vecchissimo meme (i meme invecchiano) che diceva che pandoro is for boys panettone is for man.

Questo mese mettiamo nei livori delle foto. Brutte probabilmente, senza filtri e semplicemente didascaliche e di cronaca.

Una mia ex diceva “della telefonata cronaca non so che farmene, deve essere un legame speciale”.

Oggi credo che la cronaca sia interessante non raccontarla al telefono ma mentre si cucina o si compie il proprio dovere assieme o semplicemente si affrontano le incombenze della vita.

Tutti lavoriamo e il tuo lavoro, chiunque tu sia caro lettore, non è speciale, pensi che sia speciale solo perchè ti fa credere di servire a qualcosa nella vita.

Il cd in okay è vent’anni fa. Un bel po’ di mp3 buttati illegalmente su questo supporto.

Era il mixtape 2.0 della mia generazione. Siamo in una macchina di 40enni ed è meraviglioso, anche se adesso siamo tutti un po’ più nostalgici e con meno sogni.

E tutto questo è già stato scritto è già stato detto ma non riesco, e non riusciamo, a non raccontarlo.

L’Aspromonte sembra fatto apposto per la canzone dei Red Hot Chili Peppers che è appena partita. Ogni cartello di questa stupida autostrada incompiuta da oltre 40 anni mi ricorda i momenti vissuti a partire dal primo tour del 2004 con i Diane And The Shell (avevo 23 fottuti anni) e quando ho vomitato dopo 600 km filati di strada.

Oggi i 23enni fanno i dischi coi soldi dei bandi. Noi lavavamo piatti tra un esame di letteratura latina e un po’ di letterature comparate. 

Ironia della sorte, vent’anni dopo ripercorro la stessa autostrada ascoltando e accettando la musica che vent’anni prima rifiutavo e combattevo.

Se il signore ti da forza arriverai alla mia età e, credimi, capirai e rimpiangerai gli errori dettati dall’oggi in cui alla fine dei vent’anni hai abiurato la vita normale per una carriera del cazzo in una città perduta che per riprenderla manco nel 2040.

Non mi piace dove va il mondo, non mi piace che nell’Odissea si capiva chi era l’eroe buono e chi erano i cattivi e come l’umano doveva elevarsi, il ciclo dell’eroe appunto; oggi nei film dei Supereroi non si capisce un cazzo.

“Quanto è bello e democratico l’alfabeto”, una frase di Aiello mentre parte un brano jazz di cui non ricordiamo l’autore né l’esecutore.

Seby ha appena postato una storia di noi in auto e penso che mi meriti un break dalla stesura di quest’articolo.

C’è stato vento e ci siamo sparati un po’ di frasi egregie et esilaranti, la seconda me la salvo per il prossimo natale:

“E la Madonna sta a guardare mentre i suoi sudditi come formiche si arrampicano per lo stivale”

Adesso piove. PRC MDN.

Squilla il telefono, Teresa ci informa che a Catania c’è il ciclone e l’allerta meteo, cerco su facebook e già c’è qualcuno che dice “Che la madonna ci protegga, se qua finisce come in Emilia Romagna siamo rovinati”.

In una sola frase non rispettare i morti altrui e mostrarsi totalmente idioti.

Vai in Chiesa piuttosto, se proprio ti affidi alla Madonna.

De Gregori di sottofondo ci ricorda la caducità della vista, e alterno entusiasmo e sconfitta, libertà e morte.

Dove sei? Cosa fai? Cosa pensi? Quello lì cantava ‘sta cosa e mi inquieta sempre nella sua stupida semplicità, anche se non piace agli altri a me piace.

Alla fine restano solo le parole probabilmente, che non sono nulla se scritte nella giusta accezione. Perché la superficialità da chat alla fine ferisce tutti. Soprattutto chi crede di essere in vantaggio. Torna Battiato con lo spazio tra le nuvole.

Quante cazzo di volte dice sistema solare nelle canzoni?

Lei chi è?

La semplicità e l’efficacia di basso e batteria nella ripartenza de “Gli Uccelli”, non c’è synth, non c’è polpetta musicale, non c’è ricercatezza ex indie neo mainstream e poi ti parte pure un organo brutto che diventa meraviglioso.

Jethro Tull? Picchio Dal Pozzo? Bad Religion? King Crimson? Demetrio Stratos? Old Time Relijun? Don Caballero? Storm And Stress.

Vorrei un calice di vino e lo avrò, ma mancano ancora 313 Km a Zazzu, il bistrot accanto Piazza Dante a Napoli dove ci aspettano.

COL TEMPO SAI COL TEMPO TUTTO SE NE VA E TI SENTI IL BIANCORE  DI UN CAVALLO SFIANCATO IN UN LETTO STRANIERO E  TI  SENTI GELATO SOLITARIO MA IN FONDO IN PACE COL MONDO E TI SENTI TRADITO DAGLI ANNI PERDUTI ALLORA TU COL TEMPO SAI NON AMI PIÚ

É il momento del groppo in gola e di osservare le storie della gente da poco – come dice Battiato, che se ancora non lo avete capito questo livore è un tributo – che mi aiutano a ricordare che qualcuno non esiste.

“Ho litigato con mia moglie per far l’amore con l’amante”.

Citazioni e extra per livore n. 06.23

“E la Madonna sta guardare i suoi piccoli sudditi che come formiche si arrampicano per lo stivale” 

Aeroporto, 48 ore di gap vitale, imbarchi i farlocchi, l’etna che erutta, la cenere vulcanica che fa chiudere l’aeroporto, il succo d’arancia che mi chiude lo stomaco, il profilo poco armonioso dell* trans davanti a me (non ho avuto il tempo di chiedergli come si considerasse quindi uso questo asterisco per voi poco elastici lettori), il catanese accanto a me che spiega come convenga alle compagnie agire così dicendo “se, se” ma non in tono ipotetico come pensiamo in Italia ma in modalità affermativa come sa bene chi conosce il vernacolo siculo, i gas di scarico del motore in attesa che entrino dentro Capodichino e di cui mi riempio i polmoni. 

Il catanese spiega tutto agli astanti sulle politiche delle compagnie, sentenzia asserendo “che a Catania ci sarà u’ macellu”, la voce elettronica che annuncia altri 30 minuti di ritardo. 

Io che miracolosamente sono riuscito ad arrivare all’aeroporto. Jeans neri, camicia nera, converse grigie, giacca grigia di pseudo lino industriale con macchie varie e colletto scolorito. 

I miei devices con circa il 70 per cento di carica. 

I capelli di un pazzo. 

I Catanesi sono esperti di tutto, in un altro gruppetto si parla delle regole di ingaggio internazionali delle compagnie aeree, uno steward sorride e scuote la testa e la signora che mi sta accanto che è strafelice di avermi rubato 1 metro di coda. 

Forse mi siedo a terra.

Il tempo di scrivere mentre si viaggia è impagabile. 

Lei non mi ha mai amato, afferma, ma non ci credo fino in fondo, è solo una ragazzina vigliacca convinta di essere abile a manipolare solo perché gli studi di psicologia la fanno sentire vincente. Eppure ha un padre che sa cucinare la trippa. 

I figli dei separati e i loro conflitti: come figli unici ma con i traumi non accettati di dover dimostrare a uno dei genitori qualcosa in più. 

Autodiagnosi o barbarie, socialismo e terapia. 

“A Catania non chiovi!” 

La zita di un mio amico (tedesca) che si sta trasferendo a Catania. 

“Dei nostri figghi, secunnu tia, ni volunu beni o ci interessa assai assai di tia e di mia?” 

Il popolo catanese è composto da decerebrati. 

Una signora ora parla del dovere dei figli di dare il buongiorno, ogni giorno, ai genitori. 

Il tempo di imbarco slitta ancora. 

Ogni mezz’ora aggiungono mezz’ora. Tutti in fila, in attesa, rassegnati. 

È l’Etna, è il nichilismo siculo: ci ha spazzato via una volta, lo rifarà ancora. 

Il Vesuvio è i napoletani. 

O Napoli è una Catania “portata fortissimo” o come ho pensato ieri “Catania è una Napoli che non ce l’ha fatta”. Ah, guarda caro lettore:

Qui ti spiegano perché non si può fumare, perché anche qui – esattamente come i Catanesi forse anche più – ci sono degli esperti di aviazione civile ad ogni angolo della strada.

Il/La trans è quasi accanto a me sull’ aereo, ha le unghie lunghissime, ora che scorgo meglio ha anche una ricrescita di peli importante sotto il mento e con le unghie artificiali clicca sulla tastiera del suo android (avrei scommesso fosse più un soggetto da iPhone bianco) annunciando le notizie che ci hanno appena elargito.

Staremo un’ora e mezza sull’aereo prima di partire. Il capitano sembra un divertente olandese sulla cinquantina e per restare col tema dell’articolo, preferisco affidarmi a lui che alla madonna. Sbircio lo sfondo di whatsapp della tizia/tizio, un tulipano in bianco e nero tipico da foto di shutterstock.

Una tizia è stata in bagno 15 minuti. Forse la defecazione più lunga della sua vita. O molto probabilmente stava disintegrando qualcosa sullo smartphone. Mah.

Segue il romanzo d’appendice ai tempi delle AI:

F: Ho cercato di analizzare i dati, disseccare le emozioni e trovare un algoritmo per spiegare questa strana connessione tra di noi. Ma ogni volta che provo a definire ciò che siamo, mi trovo in un vicolo cieco. È come se il mio cuore si rifiutasse di partecipare all’esperimento.

G: Eppure, non riesco a smettere di pensarti. Sei un enigma che mi ha intrappolato nel suo vortice. Non posso negare l’intensità dei sentimenti che provo per te, anche se sembri rifiutarli con ogni fibra del tuo essere.

F: L’amore non è altro che un’illusione, una proiezione delle nostre speranze e desideri. Una trappola che ci fa credere che esista un significato nelle relazioni umane. Ma alla fine, tutto si dissolve nel nulla, come se non avesse mai avuto importanza.

G: Forse hai ragione, forse il significato è un concetto effimero, ma l’amore che provo per te è reale. Posso percepirlo nel profondo del mio essere, nei momenti in cui i nostri sguardi si incrociano e tutto il resto sembra svanire. Non posso accettare che sia solo un’illusione.

F: Ah, la passione! Un fuoco che brucia e distrugge tutto ciò che tocca. Ma cosa rimane dopo che l’incendio si è consumato? Solo cenere e un cuore spezzato. Preferisco rimanere al sicuro nella mia torre di razionalità, anche se so che mi sta imprigionando.

G: Ma il rischio vale la pena. Anche se finiamo per bruciarci, almeno saremo vissuti appieno. Preferisco un cuore spezzato che non aver amato affatto. Non possiamo ignorare i nostri sentimenti, né negare la realtà della nostra connessione.

F: È difficile accettare l’incertezza, l’idea che tutto sia effimero. Ma forse hai ragione. Forse dovrei smettere di resistere e lasciare che il destino faccia il suo corso. Non possiamo negare l’evidenza della nostra attrazione, anche se sembra così irrazionale.

G: Non importa cosa accadrà alla fine, almeno avremo provato. Non dobbiamo aggrapparci a titoli o etichette come “fidanzati”. Siamo qualcosa di più complesso e unico. Lasciamo che il nostro amore si svolga senza schemi predefiniti e vediamo dove ci porterà.

F: Forse non riuscirò mai a comprendere appieno i meccanismi dell’amore, ma posso accettare la sua presenza nella mia vita. Siamo un paradosso, un conflitto tra la mia razionalità e il tuo romanticismo. Ma in qualche modo, questo conflitto ci rende speciali.

G: Esatto, siamo una contraddizione vivente. E forse è proprio questa contraddizione che ci tiene insieme. Sono disposto a camminare su questa strada incerta se significa avere te al mio fianco

Indovinate chi sono io dei due personaggi? Te lo dico io: entrambi, ma in due momenti diversi della mia vita.

Immagine di copertina di Mirko Iannicelli.