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Livori quotidiani, quelli classici. Solo che dalla routine quotidiana noi ne parliamo in termini social-musicali. Si, tutti fenomeni di costume più o meno italici ma soprattutto tratti dai usi e costumi dei social che provocano allergie, fastidi, singulti, movimenti peristaltici, etc. Ma si parla anche di tutte quelle musiche che fatichiamo ad accettare o non abbiamo più l’età per ritenere speciali: una scena che scena non è mai stata da qualche parte remota o nella città in cui si fatica a vivere. Figurati quella indipendente, che è tipo il mainstream ma con meno zeri nei cachet!
Riflessioni poco ponderate (si, il controsenso certo, ovvio), scritte a raffica durante insonnie da weekend, farmaci per il reflusso/gastrite inerenti il mondo della musica italico, i (mal)costumi dei social che sembrano l’avanspettacolo da tv locale di tanti anni fa.
Mi correggo: il cabaret è meglio di questa farsa imprenditoriale moderna, che va bene eh, ma vi state portando i coglioni con le pari opportunità che vogliono i poppettari (o polpettari secondo la terminologia catanese)dal basso che vogliono essere manipolati, ma compiacendosi.
Vabbè, ne leggete uno al mese dei LIVORI QUOTIDIANI.
Se non gradite questa rubrica all’interno di questa - suppongo - rispettabile webzine, lamentatevi con il caporedattore.
Questa è un’opera di fantasia. Nomi, personaggi, istituzioni, luoghi ed episodi sono frutto dell’immaginazione dell’autore e non sono da considerarsi reali. Qualsiasi somiglianza con fatti, scenari, organizzazioni o persone, viventi o defunte, veri o immaginari, è del tutto casuale.

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Livore #11 – La squadra è pronta.

di:

It’s All About Fear.


Pande-mia


Avrei pensato di chiederti,

se il tempo non fosse stato tiranno,

di poterti inchiodare a un muro

o di poter ricordare il futuro. 

Mentre il progresso ci sfilava davanti,

quando la storia la negavamo a pranzo.

Adesso i bar sono chiusi

e gli stronzi non li rinchiudono più. Adesso i bar sono aperti

e gli stronzi non si capisce chi sono.

Coordinata spazio temporale: Febbraio 2022

Le premesse della guerra dei gatti, il nuovo Zar di tutte le Russie, non si capisce se conviene organizzarli ‘sti benedetti concerti, se conviene fare release di singoli, chi si ricorda di un EP, le derive quotidiane e basta con sto parlare di musica. I boomer che parlano del caro bollette, la noia di trovare un lavoro, la lavatrice semi quotidiana, le belle recensioni di dischi che non sai perché li fai, imparare il pop epico, scrivere brani in dialetto. Io non lo so esisto, ma probabilmente esisto a tratti, quando non esiste qualcun altro. Bonus psicologo? Ce lo dovevano dare sin dall’avvento della religione cattolica, sin dalla generazione del male.

Paura+Morte = Voglia Di Credere.

Mi ero iscritto in un sacco di gruppi per atei ma soprattutto anticlericali, che non so quello che voglio ma come tutti i diligenti so perlomeno quello che non voglio, ergo so essere contro qualcosa, che mi piacciono le cose ma non mi piace quando ce le devono vendere, free spirits ci chiamano nel marketing.

Siamo pochi e non contiamo un cazzo. Mi sono iscritto a un corso di composizione ma non voglio studiare perché se no perdo l’ennesima magia, la conoscenza è distacco dalla meraviglia, forse l’ho detto altre volte. Scrivo sempre le stesse cose ma cambiando le parole e i fenomeni di costume che ci ruotano attorno. Una psicologa mi ha detto che sono nevrotico, si, ma come tutti. Capitalismo nevrotico, secessione agevolata, cazzo dell’est contro cazzo dell’ovest. Chi avrà il missile più lungo?
io spero il Socialismo. Ora. Dicevo dei gruppi dove si parla di etica anticlericale (contraddizione in termini molto corretta e incoerentemente coerente per me) dove l’unica attività è leggere i post dei credenti contro quelli dei non credenti. Il problema è sapere cosa essere da morti, non cosa essere da vivi. Il problema sono le storie di sushi, fiaccole e vodka come equazione della felicità, tanto poi poco importa se fai la vinaccia per vivere (anche quella illegale), l’importante è che esisti e ti taggano dai profili “official influencer” come parodia della parodia della non-vita stessa. La morte è atomica, nel senso che disgregandosi gli atomi non esisti più, ma sei solo un ricordo, ma per quanto io creda nell’Homo Weltanschauung di quello scrittore che ho letto negli anni ’90, e chissà dove ho messo quel libro che ora mi serviva saperne il cognome, povero nell’evoluzione dell’homo sapiens sapiens in qualcosa di meglio solo concependo la condivisione collettiva delle coscienze dell’umanità (si mi piacciono gli anime) non siamo in grado di arrivarci. Non ancora.

Smetterò di esistere ufficialmente in un mondo di merda e questo non mi va giù, che comunque mi ero persino iscritto ai gruppi di fantascienza ma ho trovato tanta ignoranza che mi veniva voglia di crepare. Dice che devo parlare di tempo e arte e del tempo dedicato all’esercizio dell’arte di fronte a una scolaresca che sono l’esperto redazionale del DIY. Solo perché non c’è altro oltre al do it yourself, ma concepito in chiave punk hardcore: suona, aiuta le band degli amici, crea una etichetta, ritagliati il tuo posto nel mondo della musica indipendente, lamentati, crepa. 

Il resto è mainstream, noia, esistenza con le fiaccole come sopra e tutte quelle menate lì.

Ringrazio che non sono usciti tormentoni cinematografici negli ultimi mesi e i morandini dei social tacciono. Loro votano PD e io che sto a sinistra più a sinistra della sinistra italiana ufficiale li sfotto mentre loro sono convinti che sia sinistra quella lì. Un po’ come quando mangiano la pasta con la frittata e pensano siano carbonara. Un po’ come le delusioni, ma quelle stupide.

Come iscriversi ai gruppi tematici su Facebook, infatti, è inutile, è una gara verso l’affermazione del sé in questa ridicola corsa contro il tempo concessoci in cui o primeggiamo oppure non esistiamo. Non esistere vuol dire che gli atomi della tua materia non si aggregano, direbbe qualcuno. Il problema al giorno d’oggi è che non esisti se vivi e basta o se vivi facendo le tue cose diversamente dal costume, esistere è devastare e devastarsi sui social senza soluzione di continuità. 

Ho letto di gente che scrive che Star Trek è una roba di destra.

Ed è la cosa minore che posso riportare. Involuzione, populismo, 5 stelle, cancro, morte paura, rigor mortis, fuochi di Sant’Antonio.

Non si parla più dei fulmini globulari, è un trend passato. Peccato. I migliori sono quelli che collegano complottismo, man in black, il ventidue febbraio duemilaventidue con nozioni per cui le date palindrome sono collegate con macchine ancestrali, dei maya presumibilmente, e che l’universo intero è collegato da una sorta radiazione iper temporale che ci unisce.

Io tendo all’evoluzione delle coscienze: ovvero del ficcare una scheda di rete in ogni cervello umano cosicché senta il dolore altrui, è una soluzione per creare un mondo equo. Come sarebbe se avessimo tutti lo stesso reddito o se non esistesse affatto? Tra le tante minchiate di cui fantastichiamo, non sarebbe meraviglioso?

Pensaci poi con tutte quelle coscienze collegate e senza rivalità di reddito sapremmo tutti tutto di chi ci piace e chi no e forse finirebbe anche la storiella del super amore romantico. La fine dei miti e degli eroi. Nessuna necessità di exempla, nessuna salvezza dell’anima. Tempo, tempo a iosa.

Ah, se non ti piace il primo disco di Mark Lanegan non ne capisci granché di musica, sei solo il volgarotto di quartiere che si deve dare un tono per parlare di qualcosa. 

Me ne frego della tua opinione da antagonista quando sei antagonista solo per esistere. Darsi un tono per avere un trono. Non puoi partire il tuo green pass è falso. A me. Minaccia = soluzione. Bonus psicologo, reddito universale, psicofarmaci. È tutto dopato. Perché credete agli streaming?

Dammi 600 dollari e ti darò mezzo milione di ascolti. Ci restituiranno tra i 3000 e i 4000 euro tra un anno. Come? Ma la musica è questa? Sì, è il capitalismo ed ha vinto. Siamo già nella peggiore distopia. Brindiamoci sù che per fortuna non restano tanti anni da vivere se va avanti così.

Immagine di copertina di Mirko Iannicelli.