Livori quotidiani, quelli classici. Solo che dalla routine quotidiana noi ne parliamo in termini social-musicali. Si, tutti fenomeni di costume più o meno italici ma soprattutto tratti dai usi e costumi dei social che provocano allergie, fastidi, singulti, movimenti peristaltici, etc. Ma si parla anche di tutte quelle musiche che fatichiamo ad accettare o non abbiamo più l’età per ritenere speciali: una scena che scena non è mai stata da qualche parte remota o nella città in cui si fatica a vivere. Figurati quella indipendente, che è tipo il mainstream ma con meno zeri nei cachet!
Riflessioni poco ponderate (si, il controsenso certo, ovvio), scritte a raffica durante insonnie da weekend, farmaci per il reflusso/gastrite inerenti il mondo della musica italico, i (mal)costumi dei social che sembrano l’avanspettacolo da tv locale di tanti anni fa.
Mi correggo: il cabaret è meglio di questa farsa imprenditoriale moderna, che va bene eh, ma vi state portando i coglioni con le pari opportunità che vogliono i poppettari (o polpettari secondo la terminologia catanese)dal basso che vogliono essere manipolati, ma compiacendosi.
Vabbè, ne leggete uno al mese dei LIVORI QUOTIDIANI.
Se non gradite questa rubrica all’interno di questa - suppongo - rispettabile webzine, lamentatevi con il caporedattore.
Questa è un’opera di fantasia. Nomi, personaggi, istituzioni, luoghi ed episodi sono frutto dell’immaginazione dell’autore e non sono da considerarsi reali. Qualsiasi somiglianza con fatti, scenari, organizzazioni o persone, viventi o defunte, veri o immaginari, è del tutto casuale.
di: Giuseppe "Lacinskij" Schillaci
Tempo d’estate, io lavoro e faccio schifo e voi che fate?
Ma esattamente, quando sarete lì lì per tirare le cuoia, dei like delle vostre foto seminude o super sorridenti con didascalie imbarazzanti – come se ne capiste di filosofia – ma per citare quello lì a stento riuscite a dire se “toro” sta bene con “pesci”, cosa cazzo ve ne farete?
Merde. Sacchi di merda inutili a creare e al massimo efficienti per consumare, delle vostre vite inutili e anonime collezioni di like per giustificare lo stare al mondo cosa ne fate?
No, perché non servi a un cazzo se non hai qualcosa da dire. A cosa servi quindi?
Mi stanno cominciando a stare sul cazzo pure i festival. Erano belli, ci andavo, ci suonavo, partecipavo ai contest, alcuni li vincevo altri no ma era bello andarci, vederli sia da spettatore che da partecipante (a volte).
Da quando sono il pane quotidiano dell’esistenza delle dame e dei damerini di cui sopra, mi fanno cagare.
Dio, è pieno di foto di facce sorridenti storte dall’MD e di vestiti di cattivo gusto che immortalano l’alba all’after.
Ma la tua vita si riduce a questo? Fammi ‘na foto all’alba guarda come sopravvivo ballando?
Io ho pietà, abbiatene pure voi.
Non fatelo per gli altri ma per la vostra dignità.
Oggi sono andato al mare, non ho pubblicato manco una foto e stavo semi annegando.
È successo veramente? Si.
Solo se sei Philip K. Dick potresti rispondere diversamente.
Poi ho beccato un festivalino, caruccio, ma un po’ polveroso.
Poi ho visto che si sovrappongono pure i festival, ma che alcuni sono fatti meglio di altri.
Il fatto è che in 20 anni da che ce ne stava uno (ci ho suonato nel 2003) adesso manco li conto più e non credo sia il post covid è che proprio c’è ‘sto modo di fare business facendo magnare la GDO della musica, le stramaledette grandi aziende di booking italiche.
Alcune – meno male – vengono addirittura evitate a priori cercando di organizzarsi direttamente col management estero di tale artista.
Fanno bene. Appoggio.
Ma in definitiva si potrebbero avere meno festival e le cucine dei lidi a S. Marco aperte tutto il giorno?
O perlomeno passino i festival, ma magari meno selfie di voi felici all’after fatti di md?
Abbiate pazienza, io non me le faccio mai le foto quando mi drogo, cosa ne penserebbero i nostri figli un giorno?
Ah sì, non farete figli. Vero, probabilmente manco io (ma ci sto pensando).
È appena entrato agosto e mi avete fatto passare la voglia d’estate.
Ma cosa cazzo vi costa non essere banali come il simile che hai accanto?
Cosa ti costa inventare qualcosa invece che consumare?
Perché dovete essere presenti ad ogni singolo party con la bustina da 20 pronti a elargire felicità?
E io che mi sento trasversale a tutto questo (ci sguazzo, quando mi conviene ci vado, quando mi secca no).
Cioè io capisco gli artisti e gli organizzatori, ma voi consumatori non vi capisco. Non è che siete solo dei rincoglioniti che spendono i soldi guadagnati dai vostri lavori di merda per cercare di dare un senso alla vostra esistenza andando agli eventi che ritenete più cool?
Una volta potevo dire sfigati di merda. Oggi non si può dire più.
Non si può dire m.i.l.f, non si può più dire W PATRIARCATO anche scherzando che subito qualcuna si offende.
A proposito, quella polemica di minchia sulla schwa è passata? Senza il contraddittorio del fascio che ne parlava male non avevate abbastanza attenzioni?
E gli asterischi su per il culo.
Giuda si è ammazzato per il senso di colpa, voi siete tutti buddhisti oramai e avete cancellato il senso di colpa dalle vostre vite?
Ma dai, mostratelo che siete più felici degli altri, come se questa fosse la prerogativa, avere di più per essere più felici.
Basta solo non fare minchiate per essere infelici.
Abbassare il volume dell’autoradio quando ti trovi davanti una strada sterrata che spunta (te lo dice il navigatore) ma ti imparanoi lo stesso perché è la prima volta che lo fai.
“Con la paura madre di ogni violenza non si scherza mai”.
Riascoltato oggi.
Clementi è un poeta gramsciano, Capovilla una mina vagante (dio lo salvi), ma alla fine ho messo a tutto volume Vasco con Colpa d’Alfredo che volevo vedere alle parole razziste e sessiste come rispondeva la spiaggia.
Non rispondeva la spiaggia, ogni tanto dei ragazzini esclamavano merda! Non capisco a che gioco di carte giocavano, qualcosa che ho rimosso per tristezza.
Si quei ricordi imbarazzanti di giochini stupidi fatti durante la preadolescenza.
Sei felice così? Sei felice con le foto?
Avevo sonno ma dovevo ribadire queste sciocchezze. Dire ad un’amica che i suoi post sono così lunghi che mi rompo i coglioni pure a leggerli.
Insultare le lobby, le logiche clientelari, il passaparola, ricordarsi che l’unico coefficiente di avanzamento professionale dovrebbe essere il merito.
Il merito non conta.
Non conta mai.
Più vi vedo sui social più mi fate passare la curiosità sana che l’essere umano ha nel confrontarsi coi propri simili.
E rimuovo, rimuovo, rimuovo sempre ma sempre circondato di merda rimango.
Nel frattempo scopro non sono grave io ma un mio amico (di professione è un dottore della mente) e dice le stesse cose: OSTENTARE FELICITA’ SUI SOCIAL È UN COMPORTAMENTO PERICOLOSO PER LA PSICHE.
Esatto! E lo sappiamo tutti, ma picche!
Lo dovete fare lo stesso.
Senza vergogna, senza esitazione.
A me dispiace che dovete ostentare quello che non avete, ma se ostentate ciò per cui siete felici sui social è esattamente quello di cui siete privi.
Ed è grave. Siete gravi.
C’è il bonus psicologo. Fatevi aiutare.
Farsi aiutare vuol dire lottare contro il patriarcato lo sapevate?
Ma forse sono autistico io e forse essere autistici vuol dire essere più normali di chi si crede normali.
Più filosofia, meno minchiate.
Agosto è qui e fa già cagare ma, ehi, potrebbe andare peggio: potrebbe piovere.
Immagine di copertina di Mirko Iannicelli.