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Livori quotidiani, quelli classici. Solo che dalla routine quotidiana noi ne parliamo in termini social-musicali. Si, tutti fenomeni di costume più o meno italici ma soprattutto tratti dai usi e costumi dei social che provocano allergie, fastidi, singulti, movimenti peristaltici, etc. Ma si parla anche di tutte quelle musiche che fatichiamo ad accettare o non abbiamo più l’età per ritenere speciali: una scena che scena non è mai stata da qualche parte remota o nella città in cui si fatica a vivere. Figurati quella indipendente, che è tipo il mainstream ma con meno zeri nei cachet!
Riflessioni poco ponderate (si, il controsenso certo, ovvio), scritte a raffica durante insonnie da weekend, farmaci per il reflusso/gastrite inerenti il mondo della musica italico, i (mal)costumi dei social che sembrano l’avanspettacolo da tv locale di tanti anni fa.
Mi correggo: il cabaret è meglio di questa farsa imprenditoriale moderna, che va bene eh, ma vi state portando i coglioni con le pari opportunità che vogliono i poppettari (o polpettari secondo la terminologia catanese)dal basso che vogliono essere manipolati, ma compiacendosi.
Vabbè, ne leggete uno al mese dei LIVORI QUOTIDIANI.
Se non gradite questa rubrica all’interno di questa - suppongo - rispettabile webzine, lamentatevi con il caporedattore.
Questa è un’opera di fantasia. Nomi, personaggi, istituzioni, luoghi ed episodi sono frutto dell’immaginazione dell’autore e non sono da considerarsi reali. Qualsiasi somiglianza con fatti, scenari, organizzazioni o persone, viventi o defunte, veri o immaginari, è del tutto casuale.

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Quarto Livore. Il punto di non ritorno.

di:

Puoi morire? Nel senso di toglierti dal cazzo, sparire dalla mia vista e dal mondo. Potresti riuscirci? Perché i tuoi 7 selfie al giorno con le cosce e i vestitini nuovi non l i sopporto più. Quelle frasi inutile sui tuoi tuoi vestiti, sulle tue cosce e tutte quelle stronzate che scrivi sui social per destare attenzione e avere like, tanti like, i like per esistere più degli altri quelli giusti per stuzzicare le fantasie così poi da postare gli screenshot (anche falsi a volte) del poveretto di turno per creare più consenso. Stai male, ti odio, desidero il peggio per te. Perché rovini il mio mondo fatto di sudore e sacrifici. Concreti, reali, tangibili. Come le mie rughe, ogni qualvolta torno a casa più tardi del solito, che allo specchio sembrano enormi e poi spariscono con la luce del giorno.

Puoi morire? Mi faresti un favore. Sei, spazzatura, per me e quelli che la pensano come me, che poi così pochi non siamo è che ci piace essere come la sinistra italiana, ma siamo tanti e molto pigri. È inutile che provi a leggere libri, stai male e vuoi solo attenzioni continue perché la solitudine ti divora e non sei in grado di gestirla. L’età passa per tutti e prima o poi il consenso svanirà. Quel giorno il suicidio non te lo consiglierò, che è riservato ai nobili di sofferenza. Ti accontenterai di una blanda depressione che offende persino i depressi veri, quelli che con la vita hanno un rapporto profondo. Tu non soffri, cerchi solo attenzioni come la foglia secca che sei.

Puoi morire? Tu e tutte le persone come te. Fate diventare l’arte della prostituzione una cosa volgare, che se fossi escort vi prenderei a ceffoni tanto mancate di tatto nell’idiozia che domina i vostri 10 post al giorno. Sul vostro gatto, le vostre scarpe, il vestito e tutte le altre stronzate per cui vi lamentate di non avere abbastanza seguaci. Fatti Patreon se hai il coraggio, almeno che si dica di te che lavori e che veramente fai business dell’edonismo inutile che ti caratterizza. Sei la merda e non sei buona per concimare, solo un prodotto di scarto che non produce nulla se non, la propria idiozia. 

Eddai, fattela un’altra foto col gatto dai. Due al giorno non ci bastano. Ah, si, quella col gatto in costume. Non lui poverino. Il tuo di costume. Che poi dai, ce le faresti  vedere le chiappe? Ah no, ti fa brutto.

Puoi morire? 

Oppure cercati un lavoro vero, fisico, così da farti capire al prossimo, che le tue lamentele siano sensate, che sei tutto quello di cui il mondo non ha bisogno e purtroppo ti riproduci pure assieme a quelli come te, che non servono quasi a niente. A me servi solo perché mi permetti di scrivere queste righe. 

Puoi morire? Tu e i tuoi otto post quotidiani, le tue gambe dal divano alla spiaggia e le tue facce di minchia mentre sei in costume. Si, stringi le labbra e vai a quel paese.

Ci hanno tolto tutto, forse a te no, forse non hai problemi di denaro come la gente normale e sia chiaro non è una colpa – per carità –  ma è lo stile nello spendere il denaro che ti manca.

Eddai muori, fammi un favore.  Una volta tanto. Dai. 

La tua non è libertà, è che sei scema. Come quelli che credono ai complotti e che il covid non esiste, come quelli che non si vaccinano ma poi buttano qualsiasi farmaco legale o illegale nelle loro vene. Siete il dissesto cognitivo, siete la fine, siete le comparse di Idiocracy, non gli attori ma i personaggi proprio.

Non servi a nessuno, non abbiamo bisogno di te.

Puoi morire? Fammi ‘sto favore, chissà quanti like per le foto del tuo funerale.

Immagine di copertina di Mirko Iannicelli.