di: Enrica Orlando
Non c’era giorno che non esistesse
Ho visto Blindo 218 e mi risuona nella testa soprattutto questa frase.
Quando ero piccolo correvo per correre, non c’era giorno che non esistesse.
Quando si era piccoli, quindi, quando i giorni esistevano, avevano una consistenza, che fossero pieni di noia o pieni di impegni, erano pieni del nostro tempo. Noi eravamo pieni del nostro tempo. Noi eravamo i nostri giorni. Quindi esistevamo. Ogni giorno esisteva. Quindi non c’era giorno che non esistesse.
L’impatto che ha avuto Blindo 218 su di me, parte da questa idea sacra del tempo, che viene assassinata nel momento in cui restiamo incastrati in quattro mura: quelle di una cella carceraria, come quelle che costruiamo ogni giorno quando smettiamo di essere padroni del nostro tempo.
Sul palco di Blindo 218 c’è poca azione fisica, ma le parole e i suoni hanno un corpo, una gravità, un movimento calamitante: in un’ora circa di spettacolo non hai il tempo di distrarti un secondo, sei su un tavolo operatorio senza anestesia mentre i rumori, i suoni, i respiri e le parole ti entrano nella gabbia toracica e da dentro spingono, spingono, spingono fino a rompere le ossa e andare altrove: nei tuoi ricordi, in quelli raccontati sul palco, in quelli universali di chi ha conosciuto almeno una volta la sensazione di poter restare “bloccato in eterno nell’attimo prima di saltare”.
Blindo 218 è l’esperienza del carcere, l’inutilità del sistema carcerario ma è anche una riflessione più ampia sulla prigionia che riguarda tutti, quella fisica e mentale, perché tutti abbiamo quattro mura intorno: il lavoro sbagliato, una relazione, una vita non vissuta con consapevolezza, un tempo svuotato.
E “un muro è un muro, un muro non è futuro”.
L’unico futuro possibile è un gesto radicale come quello di imparare a rappresentarsi e a rappresentare attraverso le poesia, quindi attraverso un uso denso, consapevole e funzionale della parola, delle parole che rivolgiamo agli altri e a noi stessi. Non a caso Blindo 218 nasce dal metodo TPR (Teatro Poetico Radicale) che, cito l’autore Mirko “Mik” Macchia, mette al centro “la Parola, il peso del suo significato, il suono (…), chiede agli artisti di esplorare il proprio vissuto e riversarlo sul palco a servizio e in dialogo diretto con il pubblico, chiede a quest’ultimo un’immersione totale, rallentando i tempi e i ritmi, affidandosi alla Poesia (…)” perché “esserci e vivere è radicale per definizione”.
Le parole sono i chiodi da infilare con forza nei muri che abbiamo intorno, perché a quei chiodi si può appendere una speranza, così che anche se non dovesse cambiare nulla, almeno avremo abbellito la nostra prigione.
Blindo 218 è uno spettacolo di Mirko “Mik” Macchia, che ha debuttato il 6 aprile allo spazio Fuori Luogo – La Gora di Carrara, per la regia di Giuseppe Zingaro Tarantino, prodotto dall’associazione Bivia, in collaborazione con La Gora e Sconzajuocu.
Sul palco Davide Campisi, Ilenia Di Simone, Matteo Procuranti, Piergiorgio De Rito, Mirko “Mik” Macchia.
La foto in copertina è estratta dal video di Rocco Bonci (LabZero).