di: Enrica Orlando
Open to Polemichetta
Sì, lo so, i giochi di parole con “Open to” sono ormai a dir poco abusati.
Forse qualcuno ha usato anche Open to polemichetta.
Se così fosse, chiedo scusa, ma non ho potuto farne a meno.
Da quando è stato pubblicato Open to Meraviglia -il video promozionale del Ministero del Turismo, per pubblicizzare le bellezze del nostro paese- “Open to” è un refrain a cui non posso rinunciare. Mai più.
Almeno fino alla fine di questo pezzo.
Per me è meglio di un tormentone estivo, è meglio di quei jingle che si piantavano nel cervello, quando ero piccola, tipo: “È Prezzemolo gelato Sammontaaana, nel gelato di vaniglia il bastoncino vàà, è prezzemolooo, è prezzemoloooo”.
E quando dico “è meglio di”, intendo che “è peggio di”.
Siamo di fronte a quel tipo di paradosso, in cui il meglio coincide con il peggio, quando scavalli talmente tanto il confine, che gli estremi coincidono: inizio e fine, bellezza e bruttezza, meraviglia e merDaviglia. Pura filosofia. Poesia. Inconsapevole poesia.
Ecco cos’è la protagonista dello spot Open to Meraviglia, VenereItalia23 (sì è il suo nickname sui social): una creatura ibirda con il corpo di una influencer e la testa della Venere di Botticelli.
Magrissima, biondissima e instagrammabilissima, la bella Venencer ti chiede di seguirla -anzi, voglio fare la moderna anche io e dirlo: ti chiede di followarla– tra le bellezze italiane, mentre si sposta in bicicletta, mangia una pizza, si mette in posa davanti ai Faraglioni di Capri. Il messaggio è: “Open to meraviglia”.
Cioè: l’Italia è aperta alla meraviglia.
O sono i turisti che dovrebbero aprirsi?
O è la Venere che… oddio, oddio, no, no: qui rischiamo solo fraintendimenti.
Comunque il senso è quello: la meraviglia. La meraviglia di un governo che promuove l’Italia, gli italiani, il Made in Italy, il liceo del Made in Italy, l’italiano e tutto il pacchetto del soft fascism, e poi ha un ministero che promuove il turismo utilizzando uno slogan non italiano, non inglese: brutto. Italese. Una roba che io proprio non posso fare a meno di leggere, immaginando il gesto della mano a coppino, quello con le dita tutte unite, per il quale siamo famosi nel mondo. “Open” -gesto con la mano- to “M E R A V I G L I A”.
E “M E R A V I G L I A” lo sento proprio recitato con l’accento dello Zio d’America, che è tornato in vacanza al paesello e racconta dei suoi successi, dei “big dollaroni” che si è fatto, delle “fimmine” e dell’ “hambuga ammerigano”, ma vuoi mettere però la M E R A V I G L I A dei M A C C A R O N I . Così. Tra grottesco e dopoguerra.
Del resto, il Ministero del Turismo ha come influencer di spicco Daniela Santanché, non esattamente famosa per l’eleganza. Questo penso si possa accogliere come un dato di fatto.
Oltretutto, pare che per il video siano state utilizzate immagini di stock. Pare addirittura che il video della cantina dove si vedono degli amici che brindano, sia ambientato in Slovenia. Allora la polemichetta è d’obbligo.
Perché? A che serve la polemichetta? A far parlare. E infatti ha funzionato.
È esattamente quello che fanno gli influencer: generano polemica.
Anzi, polemichetta. Quel genere di lamentala soft che viaggia tra il fastidio e l’ironia che suscita sul web.
Basti pensare, che un utente ha notato che per “open to meraviglia” non è stato comprato il dominio (…) e così ha pensato bene di comprarlo lui e fare in modo di reindirizzarlo su Pornhub, categoria interracial.
Se non è meraviglioso tutto questo, io davvero non so cosa lo sia.
Voglio dire, le strade che partono dalla polemichetta sono infinite e costellate di sorprese.
Ad esempio La Russa, il giorno della Festa della Liberazione, se ne è andato a omaggiare Jan Palach a Praga, disertando le celebrazioni del paese di cui è rappresentante istituzionale. Perché? Perché è un fascio, certo, ma soprattutto per fare polemichetta. Non ti dico che sono fascista ma non dico che sono antifascista. Non ti dico che sono contro la libertà e a favore di chi lotta e si immola per essa, ma scelgo di non omaggiare i partigiani.
Polemichetta. Come Meloni, che non dice che l’aborto è deprecabile ma ti dice che non abortire è un diritto.
Come Lollobrigida, ministro dell’agricoltura, che parla di necessità di difenderci dalla sostituzione etnica. E quando gli fanno notare di aver usato termini quantomeno impropri, ti spiega di non essere pentito:
“Ho solo sbagliato le parole, per ignoranza non per razzismo”.
Ormai se lo dicono da soli, per toglierci anche questo piacere.
E allora a noi cosa resta? La Polemichetta.
Siamo sempre più Open to Polemichetta. Le paraculate ci arrivano a raffica, ci colpiscono così di frequente e così velocemente, che ci fanno girare su noi stessi, veloci veloci veloci, così veloci che ci sembra di essere fermi e ci piace. E così rischiamo anche di dimenticare quanto sia pericoloso smettere di muoversi, spostarsi. Siamo fermi a gambe aperte, siamo a cavalcioni sul toro meccanico della polemica, quello che si agita, ti sbatte a destra e a sinistra e se sei abbastanza brillo, ti fa pure ridere. Ma a conti fatti è una roba ridicola, che non ti porta da nessuna parte e nel 90 per cento dei casi ti butta a terra.
Di questo passo, una polemichetta ci seppellirà.