di: Bruna Natoli
Napoletana, capoverdiana, laureata in lingue orientali, l’idea che la stuzzica è quella di riuscire a creare un ponte artistico tra oriente e occidente, ha due master in marketing dello spettacolo e rappresenta l’Italia al programma internazionale Keychange (PRS Foundation – Creative Europe Programme); ha lavorato per teatri, club ed eventi culturali e musicali in Italia e nel Regno Unito – tra cui Secret Cinema, Convergence Festival – Village Underground, Uto Ughi per Roma, Vini nel Mondo, Oxjam Music Festival, Rockin’1000, Parioli Sounds – e come innovator per il gender balance nell’industria musicale. Dal 2014 è event manager per Leave Music e Indiegeno Fest: Josie Cipolletta, in poche parole, è una di quelle donne fighissime che quando le conosci capisci quanto devono aver studiato e lavorato per essere arrivate là dove stanno.
Parliamo subito del festival, Indiegeno, che le sta molto a cuore: mi dice subito che il primo anno si è ritrovata, insieme allo staff e ai volontari (“il gioiello del festival”), ad organizzare tutto in un mese e mezzo, impresa a dir poco ardua. E invece è andata!
Mi racconta di Alberto Quartana, che dopo averla fatta innamorare di Patti e dintorni, l’ha convinta ad accettare la sfida del festival.
Certo, arrivare da fuori paese con un’idea del genere, calata dall’alto, e farsi accettare dalla comunità non è stato facile, ci sono voluti anni, ma alla fine le soddisfazioni sono arrivate: andando agli incontri di settore ci si rende conto che Indiegeno è uno dei festival più noti in Italia.
Il legame col territorio è forte, il festival si snoda solitamente in 7 giorni attraversando il golfo di Patti, in provincia di Messina, passando dal centro storico fino alla riserva naturale di Marinello, per poi giungere al teatro greco di Tindari, solitamente usato per le tragedie, il tutto grazie anche alla collaborazione e sinergia con le associazione locali che organizzano passeggiate escursionistiche e voli in parapendio.
Josie si sente ormai cittadina di Patti, ha dovuto imparare gli intercalari classici per “integrarsi” (camm’a fari?!), ha dovuto imparare che quando un siciliano ti dice “ora lo faccio” non intende affatto nell’immediato; insomma, è entrata a far parte di una famiglia che dopo anni la riconosce come suo membro.
Foto in evidenza di Mattelo Casilli, foto Indiegeno Fest di Giuseppe Mollica
Mi racconta che nel 2020 che portare avanti il festival è stato un atto di testardaggine, fortemente voluto: tra inseguire i decreti per capirci qualcosa e scansare gli insulti di chi li ha chiamati incoscienti. Però non si sono arresi e hanno portato sul palco, tra gli altri, Diodato, Elodie e Davide Shorty. Per quest’anno, invece, le prospettive sono ancora avvolte nella nebbia.
“La Sicilia deve credere di più nelle proprie risorse umane e territoriali, ha tutte le carte in regola per essere una potenza, ma spesso si perde in un bicchier d’acqua. Si parla tanto di cosa poter realizzare, ma poi il siddio prende il sopravvento. A volte conviene estirpare i problemi alle radici che trovare soluzioni adattabili”.
L’idea di Indiegeno è stata da subito quella di coniugare la musica col territorio, riuscendo a far conoscere ai siciliani nuovi posti e portandogli musica tutta da scoprire, anche di giovani artisti che poi ci si ritrova a Sanremo (come Dimartino e Levante)…e visto che si parla di Sanremo…Leave Music era presente sul palco dell’Ariston con due artisti, Gaudiano, che ha vinto Sanremo Giovani, e Avincola, che non ha mancato di farsi notare.
“Nonostante sia una roba nazional popolare, vivere il proprio lavoro anche su quel palco è stato bello: una settimana dove si è respirato di nuovo”.
Per Josie Sanremo andava fatto, non capisce bene le critiche di chi si è opposto o lamentato, certo secondo lei andava sfruttata meglio l’opportunità per manifestare i problemi del settore spettacolo, poteva essere un momento per veicolare il giusto messaggio in maniera intelligente, un po’ come ha fatto Lo Stato Sociale, anche se alle 2 di notte. Il fatto che quasi nessun artista abbia citato nei testi delle canzoni la pandemia non le dà fastidio, le scelte del direttore artistico di Sanremo d’altronde sono state chiare – “forse è stato meglio, sarebbero potute sembrare semplici marchette”.
“Vedere la musica suonata dal vivo su un palco mi dà speranza, non voglio essere perennemente arrabbiata, abbiamo bisogno di spiegare chi siamo e di cosa abbiamo bisogno, senza per questo aggredire chi non ci capisce”.
Le complicazioni di certo non mancano, soprattutto quando le istituzioni non comprendono il duro lavoro che c’è dietro, ma questo non un problema nuovo: da sempre, infatti, il riconoscimento del settore spettacolo è all’ordine del giorno.
“Forse la colpa è anche nostra, il nostro è un settore che per troppo tempo è stato individualista; non abbiamo mai lottato veramente per i nostri diritti. La gente ci guarda pensando sia bello lavorare con la musica, ma il danno che abbiamo provocato a noi stessi, non facendoci valere, è grande”.
Con le associazioni di categoria – parliamo di KeepOn – che fino ad ora non abbiamo forse supportato nel giusto modo, abbiamo una voce che arriva e dialoga con le istituzioni, e finalmente si vede una luce in fondo al tunnel”.
“L’iniziativa coordinata dai club italiani “L’ultimo concerto” è stato un momento doveroso, anche se molti non hanno capito a chi era rivolto il grido d’aiuto. Non è stata una semplice operazione di marketing”.
L’anno che è appena passato ci ha portati all’esasperazione, infatti Josie sente il bisogno di allontanarsi da tutto e tutti salire su in montagna e gettare un urlo liberatorio solo per sentire l’eco che ritorna: liberarsi dalle ansie del lavoro, della saluta fisica e mentale.
“D’altronde – mi dice – il nostro è uno dei lavori più usuranti, ma molti lo ignorano”.
Le chiedo cosa serve per fare questo lavoro, che tipo di donna bisogna essere: mi risponde che per quanto tu possa essere sensibile, e lo sei se hai scelto di stare nel mondo dell’arte, bisogna essere ruvide, imporsi. Perché spesso in un ambiente solitamente dominato dagli uomini è l’unico modo: spesso, tra colleghi, ci si ritrova a sentire le classiche discussioni da “spogliatoio di calcetto”, ma con una donna a bordo tutto cambia: capita che ti guardano per capire se li segui nei discorsi, per vedere se sai che cosa stai facendo, insomma devono capire se sai fare il tuo lavoro anche se sprovvista di pene.
Nel 2021 questo è un problema ancora da superare.