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Paolo Benvegnù – È inutile parlare d’amore

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Siamo sempre poco attenti al tempo, lo dico a me stesso, innanzitutto. Siamo incoscienti di fronte al tempo perché pensiamo di averne sempre tanto – “sai quante cose si possono fare in dieci minuti?” – e rimandiamo, programmiamo, procrastiniamo. Adesso siamo giovani a quarant’anni, anche ai sessanta. Abbiamo, come dico sempre quando mi riferisco a qualcosa che crediamo immutabile, la “sindrome del Colosseo”: tanto sta lì, non si muove da centinaia e centinaia di anni. Chiedete ai romani quanti di loro hanno visitato il Colosseo da cittadini capitolini, rimarrete stupiti.

Mi sono detto tante volte, nel corso del 2024, che avrei poi ascoltato il nuovo album di Paolo Benvegnù con calma per gustarlo fino in fondo, dargli la giusta attenzione, il peso che merita Paolo l’artista, l’uomo, l’amico. E invece, ora, mi ritrovo qui con la fretta e la necessità di scriverne, perché il tempo di Paolo è finito il 30 dicembre del 2024, il nostro tempo con lui è finito e ora tutti, e dico tutti, stiamo a leccarci le ferite. Ora che non c’è più ci rendiamo conto – tutti e dico tutti – che qualcosa in più con Paolo avremmo potuto farlo, che alla fine di un concerto avremmo potuto aspettare dieci minuti in più per salutarlo, che quel giorno a Sanremo sarei dovuto andare ad incontrarlo come gli avevo promesso, e invece no, mi sono fatto fregare dal tempo, perché quel giorno di tempo non ne avevo più, l’avevo gestito male. Che tante cose avremmo potute farle anticipando il tempo, senza farlo passare inutilmente.

Nel 2024 Paolo Benvegnù ha pubblicato due dischi, uno di inediti, È inutile parlare d’amore (12 gennaio 2024) e poi Piccoli fragilissimi film – Reloaded, una riedizione del suo primo album da solista pubblicato nel 2004, dopo l’esperienza con gli Scisma, in cui i brani sono reinterpretati da artisti vari della musica italiana.

Con È inutile parlare d’amore ha vinto il Premio Tenco come miglior album in assoluto del 2024, dopo otto candidature nel corso degli anni. Secondo Paolo è riuscito ad entrare nella cinquina solo grazie al supporto di un grosso ufficio stampa, perché ha sempre fatto così, ha sempre dato il merito delle sue cose alle altre persone, e nel frattempo scriveva grandi dischi, per sé e per gli altri, mettendo lo zampino anche in album che non vi aspettereste mai (dentro il nostro ultimo disco dei McKenzie, Zooloft, un album musicalmente molto lontano da lui, nei testi ci sono i suoi consigli, correzioni e incoraggiamenti. E non lo dico per fare il figo con gli amici del baretto).

Ha sempre messo gli altri davanti a sé nella bellezza delle cose che creava, ringraziava ed abbracciava, abbracciava e ringraziava, e nel frattempo scriveva album arrivando al numero nove da solista con È inutile parlare d’amore: nove album da solo, diversi Ep, oltre i lavori con gli Scisma e altre cose. Paolo Benvegnù ha scritto musica praticamente da sempre, e pubblicata dalla metà degli anni 90, ed ancora oggi viene considerato un artista emergente, come spesso teneva a rimarcare per sottolineare velatamente e gentilmente – come è sempre stato il suo modo di essere – quanto fossero poi grottesche certe dinamiche tutte italiane e che, voglio interpretarlo così, il tempo in diversi casi non serva a niente se dall’altra parte per una vita non ti hanno considerato come avrebbero dovuto, come avresti meritato.

Ora però il tempo è passato e tutti, dico tutti, stanno parlando della sua scomparsa, della perdita grande subita da un Paese che si vanta di essere detentore di una grande cultura invidiata da tutto il mondo; nelle parole perché poi nei fatti non sappiamo come il Colosseo, per dire uno, sia fatto dentro. E nel frattempo che eravamo lì a dirci che ci sarebbe stato altro tempo, Paolo Benvegnù ha pubblicato il suo nono album di inediti nel 2024 e questo ci rimane. E io non devo dirvi niente di questo disco, perché lo ha già fatto da solo, non avrebbe avuto certo bisogno di me per raccontare una sua opera (c’è anche la partecipazione di Dario Brunori in un brano. Lui che quest’anno sarà a Sanremo per la prima volta, e chissà…). Ascoltatelo, almeno oggi, almeno questa volta non fate passare tutto questo tempo, e lo dico a me stesso, innanzitutto.