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Lavoratori dello spettacolo #2: Andrea Iozzia

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Classe ’90, modicano doc come la cioccolata, praticamente nasce tra bauli e microfoni: Andrea Iozzia è uno di quei lavoratori dello spettacolo con la cosiddetta “vocazione”.

La sua fortuna è quella di essere soprattutto un ottimo musicista, e ce lo ricordiamo benissimo il suo esordio un paio d’anni fa con “Block Notes”: chitarrista dall’età di 10 anni, impara il violoncello a scuola… e nel frattempo altri mille strumenti, praticamente tutto tranne i fiati.

Questo suo approccio al mondo della musica gli è servito per avere nel lavoro da tecnico una prospettiva più intima con gli artisti sul palco, nel lavoro di musicista un collegamento diretto con gli addetti palco, e nella vita di tutti i giorni la capacità di risolvere problemi alla MacGyver; si, perché un tecnico dello spettacolo non può permettersi di dire “questa cosa non si può fare”: ci volessero 10, 20, 30 tentativi, bisognerà trovare una soluzione.

“In ogni caso tutto quello che faccio deve avere un valore”.

Ma parliamo di Andrea come “tecnico”, anche se il termine è riduttivo. Intanto è giusto ricordare che la sua è un’impresa familiare, nata nel 2000 per volere dei genitori (CTA SERVICE); Andrea si occupa della gestione tecnica di tutti gli eventi, è stage manager, poi fonico per gli eventi musicali, ma anche light design per gli eventi teatrali (firmando anche alcune opere per il teatro Massimo di Catania, come la Madama Butterfly, la Tosca, la Cavalleria Rusticana).

A questo punto voglio capire come ha vissuto da marzo 2020 ad oggi: mi racconta che il lento annullarsi degli eventi e delle stagioni teatrali/musicali in un primo momento gli ha fatto perdere il terreno sotto i piedi, si viveva nell’incertezza, ma per fortuna è arrivato maggio che lo ha visto diventare padre, motivo per cui salva l’anno e non lo butta tra gli scarti.

L’estate scorsa una piccola boccata d’ossigeno, con qualche evento sporadico e tutte le difficoltà del caso, e poi di nuovo Ottobre, chiudendo fino a data da destinarsi.

E allora che fare?

“Questo è stato il momento giusto per reinventarmi: non volevo abbandonare il mio lavoro, quindi ho provato a fare di tutto per rimanerci dentro”.

E quindi Andrea si reinventa realizzando videoclip, spot, cortometraggi… qualsiasi cosa si potesse fare da casa insomma. Ma la gente valida non aspetta molto, infatti la Korego Theatre Group di Amsterdam lo ha chiamato per scrivere la colonna sonora di uno spettacolo per la regia di Carmelinda Gentile. Esticazzi, aggiungo io.

Adesso, con l’estate che arriva, si aprono le danze (letteralmente) e si prende tutto quello che viene come una benedizione, quasi.

In ogni caso, Andrea ci tiene a ricordare che in ogni situazione, grande o piccola che sia, ci tiene a dare il massimo: avendo vissuto il palco da entrambi i lati sa cosa vuol dire realizzare un’idea. Questo lo aiuta a lavorare meglio, anche avendo scarsi budget, perché spesso bisogna avere una mente elastica per trovare le soluzioni giuste.

“Bisogna essere un po’ psicologi, andare incontro alle idee degli artisti, anche le più folli, cercando di capire il concetto di spettacolo da realizzare… ti ritrovi il cantante che ti chiede una voce un po’ più “blu” o il direttore artistico che per spiegarti un locale particolarmente riverberato dice “come se le note navigassero nell’aria e non si toccassero”: divertente, certo, ma faticoso! Cerco sempre di capire il motivo che li spinge a dire una cosa del genere e trovare comunque una soluzione, perché sento una responsabilità schiacciante. Se sbaglio ne va dello spettacolo”.

Ma parliamo dei lati meno belli e divertenti di questo lavoro: condizioni di lavoro difficili e spesso luoghi inaccessibili, orari illimitati, dormi poco, percorri 500 km in un giorno per montare due spettacoli diversi, niente ferie, niente feste, stai lontano dalla famiglia; ancora oggi non viene dato il giusto riconoscimento del mestiere (soprattutto finanziario) anche tra gli stessi tecnici, che a volte pensano poco alla qualità purché si facciano più spettacoli o spesso si deprezzano abbattendo i costi dell’intero settore e diventando il nemico si sé stessi.

E le donne, gli chiedo, come sono in questo lavoro?

“Personalmente non ho visto casi di discriminazione, anche perché le donne con cui ho lavorato sono validissime e pazzesche: elettriciste, macchiniste che sapendo di trovarsi in un settore che si considera a prevalenza maschile, si danno da fare sempre il doppio. Certo, sarei felice che questa fosse una domanda che non ci si dovrebbe nemmeno porre”.

Insomma, siamo alla fine, dell’intervista e della zona rossa, siamo pronti a ripartire… quasi: i fondi per la ripartenza non sono arrivati praticamente a nessuno e lo staff di Andrea ha perso due valide figure, un fratello e un cugino, che hanno dovuto cambiare lavoro; adesso sono rimasti in tre. Ma mica solo loro: diversi service hanno perso tecnici e questo vuol dire che a un certo punto non ci saranno più i professionisti dietro il banco.

E questa è la vera tragedia del settore.