di: Giuseppe "Lacinskij" Schillaci
NB: ATTENZIONE CARO LETTORE, QUESTO È UN LIVE REPORT POCO ORTODOSSO, ANZI FORSE E’ PIU’ UN DIARIO DI VIAGGIO CHE UN VERO REPORT.
Day I
Lasciando stare la prima band che fa un blues caruccio ma, per carità, come dice un’amica, è la soundtrack perfetta di uno spot del Cornetto Algida, passiamo agli I Hate My Village, che sono psycho bubble fuzz and prateria. Chitarre blues e un po’ di Thunder Road con rullate coinvolgenti. Space refrain e Beatles dei poveri. Tanto fuzz, che va bene, ma non credo, come dicono i miei amici ex musicanti, che siano la miglior rock band italiana. Certo, anche vero che attorno c’è il nulla.
Si sente meglio dei CCCP, bravi tutti all’Ellenic Music Festival. Location 110 e lode.
Pezzone fuzzone. Echi di John Spencer e cose che mi piacciono. Suoni estremi e il gate sul fuzz a manetta. Paranoid riff.
Un po’ di stoner a tratti, mi piace lo stoner mischiato col blues. Tutta la linea strumentale va bene, ottima, mi piace, sì, ma i nomi li conosciamo, potevano essere scarsi? Cioè, in Italia al giorno d’oggi non c’è limite alle bizzarrie, ma lasciamo stare le band vibes alla politica. Non mi convince tanto la voce, ma ho un bias con lui. Ferrari per me è un mega no da tempo immemore, infatti si rivela la parte debole della band, Viterbini immenso invece.
Addirittura un accenno di math rock. La mia attenzione l’hanno conquistata. Prosegue bene, sezione ritmica panciuta. Prosegue tutto fluido, con queste chitarre turbo blues un po’ math riff blues battles style. Meno male che usano l’inglese.
Dicevo: il live prosegue tutto uguale. Forse un po’ monotono, ma ad avercene di chili di distorsioni ai giorni nostri.
E poi lo sapete, a me non piace nulla, è un gran risultato.
Bene Ellenic Festival Bene, grande Davide.
Bzzzzzzzz.
Spaghetti battles più Mars Volta. Mi piace.
Ah, quell’amico lì dice che gli piacerebbe vederli in teatro. Concordo.
Arriva Loeffler: bella panza. Panza di cassa, delicato e con echi tribali, ma il pubblico ignorante non lo capisce. Sono circondato da capre che non capiscono che quello che quest’uomo sta facendo sul palco non si limita a “cassa dritta per i loro “uuuhhh”. Grandissimo, completo, delicato, sensibile. Quello che l’elettronica da viaggio dovrebbe essere senza componenti extra e troppo chimiche. Gentile, un gentil signore anche troppo gentile per un pubblico stronzo e non stupidino, come avrebbe detto Funari.
Un synth, un campionatore, un launcher. Grandissimo. Arpeggia delicato con sapiente uso di cutoff appena desideri scuola. Accademia? Chiamala come vuoi, ma la house ammiccante si fa così e lui la sa fare. Ce la sa e ha ascoltato Chicago e Detroit, ma il pubblico non lo sa e aspetta lo struscio da MDMA. Il pubblico della elettronica non colta è il peggiore? Secondo me si perché sono l’idiocrazia fatta persona.
Loeffler se ne fotte tranquillo e continua a elargire progressioni basate su quattro accordi. House? Elettronica dritta e arpeggi.
Ocio: echi di Amon tobin. Bella lì.
Day II
Ovviamente scottatura a mare e piadina gigantesca comprata alle tre di notte. Ma mentre scrivo durante l’esibizione di Indian Wells mi cattura l’attenzione un presunto musicista che dice che sotto i 60 Hz i bassi li ascolti con la pancia. Non è vero.Le nostre orecchie (ma dipende dall’età e da quanto forte ascoltate la musica) percepiscono lo spettro di frequenza compreso tra i 20 Hz e i 20 kHz. Ad ogni modo, aprono i Novanta (che se quello lì vuole, li facciamo suonare a Catania in autunno, anzi speriamo e incrociate le dita con me) algidi ma sinuosi, dagli echi dei Low, un post rock più shoegaze che altro ma pur sempre post rock che voglio definire ancora una volta gentile e intimo e diretto ma in maniera altra. Siamo con loro sul palco, in sala prove, mentre Manfredi si inventa un riff di chitarra a casa e ne tira fuori un brano. Serata di amici e tutti concordiamo sulla grande genuinità dell’Ellenic. Mi mancava un festival “familiare”, dal lessico semplice e senza ambizioni polpettose da GDO. Il problema del “cc’hoifestivall” come dice un mio amico (ciao Tommy) è proprio questo, festival musicali senza personalità senza human touch, non sono festival sono supermercati della musica a cui le GDO dei booking affidano band che non servono a un cazzo. Ho la sensazione che all’Ellenic no. Please, non cambiate mai.
Continua il tipo di prima su Indian Wells: “mbare s’abbola“.
È la definizione di questo neo amico che sta accanto. Sinusoidi, arpeggi, è l’elettronica che ci piace. La frase di prima? Il clima confortevole che si respira. Ancora un bravo a Davide e grazie per lo spoiler sulla scaletta dei Mogwai!
L’atmosfera è allegra, tanti amici musicisti, di quelli bravi che meriterebbero di più e che si darebbero coltellate per stare sul palco, ma è il bello del gioco. Se solo i festival fossero meno inclini alle regole dello showbiz, ma no, ehi aspetta un momento: il clima è ottimo qui all’Ellenic, lo sto ripetendo troppo. Oh, mi sono preso bene una volta tanto.
Non scherzo, relax, buona musica e un po’ di fresco. Lontano da Catania, oddio che bello.
Bravi Novanta e Indian Wells, ma si sente che c’è attesa per i Mogwai.
Gli amici. C’è Mario (chitarra dei Clustersun), Ylenia che mi racconta dei lavori in casa (fa yoga e la trovate qui), mio fratello un paio di metri dietro (aspetto finisca i brani con la sua band che si sa che anche Doremillaro è a conduzione familiare), accenno anche un battibecco con Fabio Nirta ma poi finisce a scambiarci vocali sui Mogwai.
Nel mentre faccio pubblicità per l’evento del 25 luglio, ovvero Hell or Gold, la punk rock night by Doremillaro alla Plaja. Suono io con i the Elders Club, i Bestiame e – ta-dah! – nuova release Doremillaro (sb) Recs: l’EP omonimo dei None Of Us.
Indian Wells: sapete come si suona bene un synth? Quando sai usare sapientemente come lui i due potenziometri, cutoff e resonance. Sì, lo fa bene. Più ti aumenta la voglia, più ti piace.
Bene.
Arrivano i Mogwai, mi fanno incazzare che non si fermano durante un brano che un tipo sviene e sta male (troppi drink e canne mi sa).
I Mogwai fanno i Mogwai, che cosa devo dire? Muri di suono.
Torno al Bungalow, c’è fresco, l’indomani doccia gettoni e via, si torna a casa, Andrea (Rabbito, mente degli Okiees con cui collaboro da qualche tempo come addetto a tastiere ed elettronica) guida e facciamo un po’ di juke box di rock anni 70-80-90 primi 2000 nel tragitto lastricato di lavori in corso tra Agrigento e Catania.
Livore Non Livore, Morgan stalker, Trump poteva morire, caldo, pessimismo, fastidio, cenere vulcanica che piove senza sosta, l’Etna è molesta.
Aho regà, basta con la musicademmerda, andate ai festival giusti e snobbate quelle cagate di bassa lega italica.
Au revoir su queste pagine.
(foto di Lacinskij)