...
...

Raccomandazioni #19: Moin – Moot!

di:

Aspettavo con impazienza il nuovo album dei Vanishing Twin ed ecco, mi ha un po’ deluso :/
Oddio, è un bell’album, ma l’ho trovato meno eccitante delle loro cose passate. Comunque, sembra stia ricevendo un bel po’ di stampa, il che ha portato a (ri)accendere i riflettori sulla miriade di roba che la batterista/percussionista Valentina Magaletti ha sfornato nel 2021. L’Italia le ha riservato poi un’attenzione speciale, visto che Magaletti è barese di nascita: pure Billboard ha colto l’occasione di intervistarla. Musicista prolificissima, solo quest’anno ha fatto uscire album coi Vanishing Twin, con i Tomaga (un duo col compianto Tom Relleen), gli Holy Tongue (col producer Al Wootton), CZN, Avvitagalli, e chissà con quanti altri progetti ancora. Direi che per la parte “Raccomandazioni” ci siamo: andate su bandcamp e divertitevi. Io ne approfitto per parlare di un disco uscito a Luglio, “Moot!” dei Moin, trio che vede la collaborazione di Valentina coi Raime, dei quali è anche batterista dal vivo.

I Raime sono un duo londinese formato da Joe Andrews e Tom Halstead. Partiti dal grime, nello scorso decennio hanno mosso l’oscurità e la tensione di quei suoni verso direzioni sempre più astratte e disincarnate, proprio mentre gente come Skepta e Stormzy consacrava nelle classifiche la fisicità urbana del genere (recuperatevi almeno l’ep del 2018 “Am I using content or is content using me?”). I Moin sono il progetto parallelo col quale si rilassano un attimo dalle possibilità infinite della musica elettronica, e cercano di far lavorare la loro visione dentro la cornice del “rock”. Le virgolette, comunque, sono d’obbligo.

Sulla carta, “Moot!” è un disco di chitarroni distorti. Si è molto parlato di influenze indie e post-punk nel suono dei Moin, facendo continui riferimenti a gente come Fugazi, Polvo e Big Black. Le sensazioni che i loro riff suscitano in me sono invece più affini a quelle che emergono dallo stoner/doom/heavy psych: il respiro pesante della distorsione, il suo vibrare come puro suono, al di là di riff e ritmi. Questo aspetto, di rock come produzione di atmosfere, è magnificato dalla struttura dei brani dei Moin. I pezzi di “Moot!” non sono jam che crescono organiche e vanno in una qualche direzione, non ti trasmettono il sudore di un power trio che si contorce in una sala prove. Sono in tutto e per tutto strutturati come brani di musica elettronica: corsi e ricorsi di loop più o meno statici, aggiungere e togliere di texture e atmosfere. Se il linguaggio dei Moin è rock, la loro grammatica viene in tutto e per tutto dal clubbing e dal grime. Non a caso, la cosa più vicina al loro suono è (stranamente) un disco dei Raime, “Tooth”: una cupissima sarabanda di chitarre post-punk avvolte da tesissimi, emotivamente bloccati contorcimenti elettronici.

La batteria di Magaletti è il propulsore dei brani. I due Raime la lasciavano jammare liberamente in studio, poi hanno scucito e riassemblato le sue partiture ritmiche, di fatto campionando i brani fuori dalle improvvisazioni della batterista. Ne vengono fuori tracce ritmicissime, a volte sincopate a livelli quasi math-rock (Right is Alright, Wrong is to Belong), altre volte più groovy e distese, come nel basamento quasi afro di I can’t help but melt. Chitarre, bassi, synth e campioni si inseriscono nelle intercapedini di queste strutture ritmiche: la loro interazione crea un gioco di incastri percussivi e di atmosfere, più che sviluppare melodie e “canzoni”. I sample vocali, poi, hanno un ruolo molto importante nell’economia dei brani: sono un surrogato della voce, ma agiscono in modi molto simili alla musica elettronica, stabilendo il mood dei brani, quasi infestandoli, apparendo e subito dopo scomparendo. Pare che molti dei sample parlati vengano da compilation di fail su Youtube: I Moin hanno voluto dare un feeling giocoso al loro disco, anche se la tensione che viene fuori dai brani è spesso tutt’altro che ludica o catartica. Sentite la bellissima Don’t make me wait, coi suoi vocalizzi femminili eterei e inquietanti:

Da quando – prima dei Maneskin – abbiamo deciso che il rock fosse morto di nuovo, abbiamo cominciato assistere a mille maniere di farne rivivere il cadavere infilandogli dentro uno spirito diverso e alieno. Roba come “Moot!”, nella sua assenza di pretese e nella sua vocazione di disco per divertirsi, è una dimostrazione credibilissima di come risvegliare quel cadavere.

“Moot!” esce per AD93: qui il link bandcamp al disco.

Qui una bella intervista al trio, e qui il loro racconto del disco track by track.