...
...

Raccomandazioni #24: Fulu Miziki – Ngbaka EP. Afro-Punk dalla spazzatura.

di:

Tubi di plastica e alluminio, case di computer, vecchi CD, bidoni, contenitori di latta, ciabatte abbandonate. Fulu Miziki si può tradurre come “musica dalla spazzatura”, ed è la definizione più semplice della pratica artistica di questo collettivo di Kinshasa. I suoi membri passano le giornate nelle discariche, recuperano la qualunque, e ci costruiscono strumenti musicali, assurdi costumi e una vera e propria missione sociale e creativa. Non è un gruppo che attacca gli strumenti, suona e se ne va a casa: quella dei Fulu Miziki è musica che emerge dal rapporto con il proprio ambiente, dalla trasformazione attiva di ciò che quell’ambiente scarta, ciò da cui l’ambiente è avvelenato. Ogni membro costruisce da sé il suo strumento, si crea il suo costume con ciò che riesce a trovare, sviluppa la propria bizzarra persona on stage a partire dai rifiuti accatastati in camere da letto che sono diventate dei “piccoli musei”, come il gruppo ha detto in un’intervista. Il messaggio politico è centrale, nella pratica come nei testi delle loro canzoni: i Fulu Miziki vogliono ispirare le nuove generazioni al riciclo e a un minor uso della plastica.

Ma si tratta anche di rimettere al centro la materialità della musica: non a caso, i Fulu Miziki sono stati per quasi vent’anni un gruppo prettamente live, che non ha mai pubblicato nulla prima del 2022 eppure è riuscito a costruirsi un hype a partire dalle proprie partecipazioni a live e festival in tutto il mondo. E la musica cambia in rapporto agli oggetti che la fanno: come dicono loro stessi “i nostri strumenti vengono dalla spazzatura, si rompono di continuo, anche quando siamo sul palco, e dobbiamo sostituirli, il che significa che anche la musica cambia automaticamente, e noi dobbiamo velocemente adattarci a essa”.

Dai video che ho visto sul Tubo, i loro concerti sembrano un’esperienza. Un’orda di personaggi simili a un incrocio tra supereroi vestiti di rifiuti, robot e demoni afro-futuristi, che percuotono tubi di plastica usando vecchie infradito. Dal vivo, il loro afro-punk (così definiscono la loro musica) affonda nella rumba e nel soukus congolesi, e ne dà una resa febbrile: un’ossessione di percussioni, chitarra e basso a tre corde. Tutti i Fulu Miziki cantano, creando call-and response energetici e coinvolgenti.

Il Covid ha fermato quest’energia, chiudendo gli spazi naturali in cui l’arte dei Fulu Miziki poteva venire alla vita. Quindi il collettivo ha dovuto inventarsi qualcosa di nuovo: si è spostato verso la musica elettronica, e ha deciso di pubblicare un EP. Ciascuno dei membri ha campionato i propri strumenti da casa, aggiungendo synth e voci processate. Ne è venuto fuori Ngbaka, sei pezzi diversissimi dai concerti del gruppo. La dimensione casalinga (ed elettronica) ha enfatizzato l’aspetto tagliente della plastica che i nostri percuotono, diversamente dalla sensazione molto più “organica” che i loro poliritmi producono nei live. Ngbaka vive dell’equilibrio tra un’impostazione minimale, fatta di brani relativamente scarni, e una furia percussiva inarrestabile.

Ne vengono fuori pezzi d’impatto, sia nelle melodie dirette e catchy (a partire dai i cori dell’iniziale Ok Seke Bien), che negli affondi di synth. I brani strumentali suonano probabilmente come i più sperimentali – merito anche del tempo trascorso recentemente a Kampala, in contatto con la fantastica scene che ruota attorno al collettivo Nyege Nyege: sentite i rumori che percorrono Lokito, dando spazialità al tipico assalto percussivo del gruppo. Ma i Fulu Miziki fanno un gran lavoro anche nelle tracce cantate – la mia preferita è il singolo Bivada, il pezzo più reminiscente dell’esperienza live del collettivo.

Ngbaka è un disco freschissimo e che non stanca. Propone una sfaccettatura totalmente nuova di un gruppo che, coerentemente alla sua missione artistica, vive di movimento continuo e di rapporto con il suo ambiente.

Esce per Moshi Moshi, e potete ascoltarlo qui.