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Raccomandazioni #9: Znous, Violenza HC dal Caos Tunisino

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Nel momento in cui scrivo questo articolo, in Tunisia sta succedendo un casino. Per farla brevissima, un clima di totale stallo politico, corruzione endemica e incapacità di governare ha gettato il Paese sull’orlo del baratro economico e sanitario: il Covid uccide quasi 200 persone al giorno, negli ospedali manca l’ossigeno, la campagna vaccinale è un disastro. La rabbia popolare ha imputato questo clima ai partiti, accusati di aver sequestrato le speranze della Rivoluzione del 2011. L’odio colpisce in particolare il partito di maggioranza Ennahdha, le cui sedi sono state, nei giorni scorsi, assaltate e bruciate. Lo scorso 25 Luglio il Presidente della Repubblica, Kais Saïed, ha preso la palla al balzo chiudendo il parlamento con l’aiuto dell’esercito, togliendo l’immunità ai deputati, e promettendo una campagna di strenua lotta alla corruzione fusa con quella che sembra una furia autoritaria di trasformazione del Paese, accolta al momento con soddisfazione dalle masse, ma i cui esiti sono oggi imprevedibili. Se volete saperne di più, seguite gli articoli e le storie di gente come Leila Belhadj Mohamed, e già che ci siete ascoltate la musica degli Znous, che è un vero e proprio corso accelerato di storia della Tunisia post-rivoluzionaria – la sua storia più nera, la faccia marcia della “rivoluzione dei gelsomini”, il lato oscuro della “speranza democratica del Mondo Arabo”.

Gli Znous sono un gruppo hardcore/punk/metal proveniente da Redeyef, nel profondo entroterra tunisino. “Redeyef la ribelle”, il cuore del locale settore minerario, che arricchisce Tunisi e i centri costieri, mentre in loco lascia solo cancri e miseria. “Znous”, nel dialetto tunisino, indica più o meno i disadattati, coloro che non vivono secondo le norme. E negli Znous – nella loro musica, nei loro testi, nella loro estetica – non c’è nulla che vada secondo le norme. Mi dicono: “Sfortunatamente, la musica metal [in Tunisia] è stata appropriata possessivamente dai ricchi, non farti prendere in giro dai tizi della Marsa (ricca città di mare nei sobborghi di Tunisi). Noi siamo tunisini, veniamo dalla strada, siamo punk, aiutiamo la nostra comunità, la nostra roba è DIY, abbracciamo la nostra realtà e non guardiamo gli altri dall’alto“.

La loro prima cassetta, Znousland 1 (2019), rilascia fiammate da due minuti, in cui accelerazioni hardcore trash e breakdown spaccaossa sono il linguaggio di base, ma coesistono con le influenze più disparate, dai groove nu-metal a infiltrazioni delle sonorità di strada locali, i ritmi e le melodie delle musiche popolari tunisine: “Siamo cresciuti ascoltando la musica folk e mezwed tunisina, urbana e rurale, non la trattiamo come se noi fossimo hard rockers californiani e quella musica fosse totalmente estranea a noi. Siamo sha’abi [popolari, folk], e amiamo il paesaggio sonico nel quale siamo cresciuti. A volte sa essere più doom dei Sabbath più tristi, e più pesante dei Metallica più pesanti”.

Prendete l’opener Juna, vera e propria storia breve dell’oppressione del popolo tunisino, condita da feroce ironia: I romani e i vandali ci hanno invasi/ ma non sono riusciti a gestirci/ gli spagnoli e i turchi ci hanno invasi/ma non sono riusciti a gestirci… Poi sono arrivati gli arabi/ e sono riusciti a fotterci. Un anthem quasi oi-core che sul finale diventa un trascinante quanto minaccioso ritmo sha’abi – in maniera simile all’uragano della successiva Bled Elkhir, impreziosita da voce femminile e assolo quasi oriental metal, e aperta da una chitarra distorta che sembra un synth EDM. Boutellis è una delle più belle canzoni anti-sbirri che abbia mai sentito. Fa due volte più male quando vieni a sapere a cosa si riferisce quel ritornello, Impara a nuotare: al giovanissimo ultrà Omar Abidi, inseguito dalla polizia fino a precipitare in un canale, e poi guardato annegare, schernito con quella frase, “impara a nuotare”. Un brano di violenta compressione New York HC screziato da stacchi folk ed elettronici. C’è spazio pure per roba più complessa come Aykifech, dal malato riff thrash metal che si trasforma in un ballabile ritmo mezwed, e per una riscrittura (in tunisino, come tutti i brani degli Znous), di Refuse/Resist dei Sepultura. Nei loro testi, gli Znous chiamano i politici locali per nome, dedicando loro versi dolci come Voglio accoltellare Karoui ed El Fehri, o Chahed, un giorno la Tunisia ti brucerà vivo. È politica della strada, la rabbia non filtrata dei ragazzi dei quartieri popolari, vicina nelle veemenza ai rapper tunisini underground che la democrazia dei gelsomini ogni tanto sbatte in galera. Un continente diverso rispetto ai fasti della locale scena metal, generalmente anglofona e dai testi obliqui e metaforici.

La cassetta successiva, Znousland 2, è uscita a fine 2020. È un lavoro meno immediato e più sofisticato del precedente: i ritmi si fanno meno rapidi, le canzoni si allungano, e le influenze metal e folk si fanno preponderanti (sul suo profilo Facebook, la band non ci sta a essere trattata da curiosità etnica e parla di “melodie arabe uscite da Metal Slug e Lawrence d’Arabia per dare un’erezione esotica al tuo orecchio bianco ed europeo”). La traccia d’apertura Sidi Arbi, da questo punto di vista, è già diventata uno dei classici degli Znous. Il brano approfondisce uno dei temi chiave del gruppo: la denuncia del colonialismo arabo/islamico ai danni della popolazione amazigh (“berbera”) del Nord Africa, tracciando paralleli tra la colonizzazione di mille anni fa, le attuali mire imperialiste dei Paesi del Golfo sulla Tunisia, l’espansione del terrorismo islamico nel Paese e la corruzione dei partiti di ispirazione musulmana, Ennahdha in testa. L’aspetto identitario amazigh permea non solo i testi, ma l’intera estetica degli Znous, a partire dalle loro stilosissime cassette e magliette. Anche Znousland 2, come l’album precedente, regala delle perle: la mia preferita è Znous, che si sostiene su un riff bellissimo e rimanda una luce maestosa e romantica che mi ha fatto pensare a certe cose belle dei SOAD. Anche in questa cassetta c’è una riuscitissima cover: Khoroto, delle locali glorie reggae/folk Gultrah Sound System, a testimoniare la capacità degli Znous di plasmare nel linguaggio della loro violenza sonora le musiche più disparate.

Znousland 3 dovrebbe uscire in Autunno, sempre su cassetta. La demo di una canzone è già disponibile sul canale di Youtube del gruppo.

Qualche link:

Il bandcamp degli Znous

Il loro sito, dove potete leggere la traduzione in inglese di molti dei loro testi.

Se vi va di aiutare la situazione sanitaria della Tunisia, qui potete una campagna di supporto agli ospedali locali.