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Il sapore amaro dei pomodori. Dentro e intorno alle serre.

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In questi ultimi tempi in cui l’imposizione del green pass allarma giustamente fette di società restie a subordinare le comuni scelte quotidiane al possesso di un documento, un libro uscito appena due mesi fa ci racconta cosa voglia dire per tantissime persone vivere senza documenti, essere degli invisibili, dei senza diritti, dei clandestini sottoposti ai più vili tra i ricatti. Mentre, dunque, fette di società non soltanto italiana, prendono coscienza delle difficoltà in cui si verrebbero a trovare se il green pass divenisse obbligatorio ma loro rifiuterebbero di averlo, attorno, accanto a noi ci sono donne, uomini e bambini cui le tortuose leggi dello Stato negano di possedere quei documenti essenziali (permesso di soggiorno, in primis) per poter vivere una vita normale, affittare legalmente un alloggio, aprire un conto corrente, guidare un’auto, lavorare con regolare contratto, viaggiare senza rischiare la vita su una “carretta del mare”, ecc.

Di questo e di tanto altro ci parla il libro “La ‘fascia trasformata’ del ragusano – Diritti dei lavoratori, migranti, agromafie e salute pubblica”, uscito per i tipi di Sicilia Punto L.

Il libro è curato da Michele Mililli, responsabile della Federazione per il sociale dell’USB provinciale di Ragusa, e raccoglie i contributi di 17 tra autrici ed autori, con prefazione di Stefania Mazzone, dell’Università di Catania e post-fazione di Gianandrea De Angelis, dirigente nazionale USB.

Mancava da tempo uno sguardo nuovo alla “Fascia trasformata”, l’ampio territorio pianeggiante e costiero che dalla piana di Gela si spinge fino all’estremo lembo siracusano, con in mezzo le terre iblee dal paesaggio imbiancato da chilometri quadrati di serre. Sono lontanissimi i tempi in cui questo comparto agricolo rappresentava la speranza realizzata dei contadini del ragusano di poter cambiare in meglio la propria vita. Ha funzionato per un ventennio, poi la situazione è sfuggita di mano, sia in termini quantitativi che qualitativi; le leggi di mercato sono calate inesorabili sulle serre, i loro proprietari, i braccianti, l’ambiente circostante, producendo crisi, indebitamenti, inquinamenti e una criminalità feroce che ha fiutato il denaro e ormai controlla larga parte della produzione, della trasformazione, del mercato e dei trasporti, impregnando di se l’ambiente sociale.

Ma la “fascia trasformata” è anche e soprattutto migrazioni, è il luogo in cui migliaia di lavoratrici e lavoratori, assai spesso senza diritti riconosciuti, faticano ogni giorno per portare nelle tavole italiane pomodori, zucchine, melanzane ed altri prodotti. Il libro addentra il suo sguardo in questa realtà sconosciuta ai più o nota solo superficialmente, in cui i frutti avvelenati delle legislazioni europee contro i migranti hanno effetti devastanti sulla vita di tante persone “senza documenti”, soggetti a sfruttamenti di vario genere: salariale, abitativo, di condizioni di lavoro e sociali.

I migranti hanno dato vita anche a comunità come la islamica o la romena, inserite nella diffidenza diffusa, specchio dei cui disagi sono i bambini, sui quali si scarica la violenza sistemica del microcosmo serricolo: bambini soli e isolati, costretti a crescere in fretta, privati di una scolarizzazione dignitosa spesso per la banale mancanza di un pulmino.

Poi c’è il volontariato, quello chiamato a tappare i buchi del sistema, a livello dell’istruzione e della salute, e c’è l’impegno sindacale, minoritario ma non per questo meno attivo, che cerca di sottrarre alle leggi della giungla i diritti negati e farne bandiera di emancipazione. 

La condizione di vita e di lavoro e le peripezie del migrante-tipo sono riepilogate in una lunga intervista che riesce a trasmettere al lettore gli elementi drammatici della condizione umana celata sotto i teloni di plastica delle nostre serre, una condizione che grida giustizia, ma con voce soffocata dall’indifferenza generale, ogni tanto interrotta da episodi che attraggano gli onori della cronaca, come quando qualcuno di questi ragazzi muore investito alle prime luci dell’alba, lungo la strada che sta percorrendo a piedi o in bicicletta, per recarsi a un lavoro che lo impegnerà fino al tramonto. Ma questa eco durerà sempre poco: il biancore delle serre ricoprirà di nuovo tutto di oblìo, fino a un nuovo incidente.

AA. VV., “La ‘fascia trasformata’ del ragusano – Diritti dei lavoratori, migranti, agromafie e salute pubblica”, Sicilia Punto L, Ragusa, 2021, pag. 196, euro 14. 

Per richieste: info@sicilialibertaria.it