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La FICA è in pericolo? Intervista alle performer di Pussy Taboo

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“Due esseri umani, due persone, due donne parlano con musica e parole di fica”.

Questa la descrizione fornita dello spettacolo Pussy Taboo, andato in scena a Fuoricentro Spazio Teatro di Lucca, il 26 gennaio. Si è parlato di Fica, di emozioni, di connessione con il proprio corpo, dunque di donne. Dunque di arte.

Per l’occasione, la vostra Rubricosa si è buttata in una delle sue solite incursioni nell’Arte, per intervistare Laura Rossi e Letizia Pieri, che hanno scritto, musicato e interpretato “Pussy Taboo, itinerario in 11 tappe sulla fica”, un viaggio attraverso 11 aspetti che riguardano la fica e tutto ciò a cui è connessa: liberazione, piacere, paura, estasi, essenza, paranoie ma soprattutto verità. O forse, meglio, consapevolezza.

Come è nata l’idea del progetto?
Laura- Io ci pensavo da un po’ di anni. In occasione del Pride a Livorno cominciai a pensare di voler creare qualcosa. La prima ispirazione è venuta leggendo alcuni libri, ClubGodo soprattutto. Poi l’idea è cresciuta e ho deciso di coinvolgere Letizia.

Avevate già collaborato?
Laura- Sì, su altre tematiche.

Qual è la ragione che vi ha spinte a realizzare il progetto? Tutto sommato i taboo sulla fica esistono da sempre, ma non credete siano stati fatti anche dei passi avanti?

Letizia- Questo progetto è stato una sorta di urgenza. Tutti parlano del ruolo della donna e del ruolo del suo corpo e sembra essere accettato se, ad esempio, il riferimento è alla maternità. Ma poi quando si parla in modo esplicito del corpo femminile, magari in altri termini, anche legati al piacere ad esempio, ma non solo, allora in quel caso “diventiamo volgari”.
Quindi sì, molti passi avanti sono stati fatti ma non basta, siamo ancora indietro.

Laura- Esatto, basta pensare al fatto che anche chiamarla fica, per molti risulta fastidioso.
Ad esempio, per qualcuno, la scelta di usare la parola fica anche nel titolo, è risultato volgare.

Probabilmente non si è ancora pienamente abituati a sentir parlare di fica con tanta esplicita onestà. La sensazione è che ci sia sempre un filtro applicato, che rinchiude la questione- la fica- in una cornice che le sta stretta

Letizia- Ci è stato detto anche che, qualsiasi uomo che sente una donna parlare di fica, si sente in imbarazzo, anche il più emancipato.

Magari non è una regola che vale per tutti, ma forse ha che fare con la paura. Non la paura della fica, ma la paura di una donna che, chiamandola per nome e parlandone liberamente, dimostra di averne contezza e padronanza. Dimostra di averne il controllo, quel controllo che per secoli è appartenuto all’uomo e a una cultura che si è “appropriata” della fica, di ciò che rappresenta

Laura- È per questo che si preferiscono i nomignoli, i vezzeggiativi, quelle parole che riconducono quasi a una passività. Farfallina, patatina…

In termini di consapevolezza femminile, per certi versi si può dire che c’è stato un progresso. Eppure il mondo sembra andare da tutt’altra parte. Sembra andare indietro, per la precisione. Non trovate?

Laura- Io lavoro con gli adolescenti e mi sono resa conto che c’è un terribile ritorno a una oggettificazione del corpo femminile. Forse ci eravamo illus* che la liberazione del corpo fosse più facile, invece abbiamo superato molti taboo legati al genere e all’orientamento sessuale, ma il corpo-oggetto è ancora un problema.

Letizia- Siamo ancora molto indietro, sì. Non si riesce neanche a parlare esplicitamente di mestruazioni.

Sì, conosco gente che ancora utilizza termini come “quel giorno del mese”

Letizia- Come se non se ne potesse parlare liberamente. Il tema del progetto avrebbe potuto essere gli occhi o una qualunque parte del corpo. La fica è una parte del corpo.
Ma per secoli è stato qualcosa di avvolto nel mistero. Non mi stupisce spaventi ancora, la fica è la donna, la condizione della donna va di pari passo con la condizione della fica.

Quindi si può dire che la fica è in pericolo?

Letizia- Di sicuro c’è bisogno di parlarne tanto e in modo sincero.

A proposito di come avete scelto di parlarne, come è nata la parte musicale?

Letizia- Anzitutto io e Laura abbiamo subito trovato grande sintonia, questo è fondamentale. Per il resto ci siamo orientate sulla scelta di musiche molto forti, che fossero incisive e non accompagnassero semplicemente le parole.

Forse è questa la soluzione al pericolo? Entrare in sintonia con noi stesse e con chi abbiamo intorno, per comunicare?

Laura – Sì alla fine la nostra urgenza diventa comunicazione che passa ad altri, permettendo quantomeno di ampliare la cerchia di consapevolezza…

e di “liberazione” mi verrebbe da aggiungere. E a proposito di connessione, avete lasciato dei biglietti sulle sedie degli spettatori, per invitarli a proporre nuove tappe di cui parlare, nuove Fiche. Questo è molto vicino all’idea di connettere

Letizia- È quello che fa l’arte, creare condivisione, cercare un punto di contatto

Quindi la fica è arte. Per la cronaca, io sul biglietto ho scritto “Fica emotiva”. Perché credo che quello sia un confine sottile: vogliamo e meritiamo di sentirci libere di usare il corpo come desideriamo, ma quanto siamo ancora vittime di certe emozioni e quanto invece ci sforziamo di essere ciniche, per illuderci di non essere anche fragili, come se questo poi fosse per forza un errore?

Laura- lo abbiamo letto, ci è piaciuto. Dobbiamo dire che molti biglietti ci sono piaciuti, c’è stata la Fica post parto, la Fica in menopausa, la Fica transessuale

Altri tema-taboo

Sì, infatti li affronteremo

Ma voi vivete ancora qualche taboo?

Letizia- Io sicuramente quello della Fica 40enne… va bé, perché fra un po’ compio 40 anni…

Laura- Io quello della Fica Purtroppo. Perché alla fine, per quanto mi sforzi, il senso di colpa che ci hanno inculcato sin da bambine, si insinua ed è difficile da scacciare.

Quindi lo spettacolo, in questo senso, vi ha aiutato?

Sì, perché alla fine è vero, “la fica è la cosa più onesta che hai” e parlarne ti libera e ti porta anche a riflettere sui tuoi taboo.

Al prossimo viaggio allora