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“Essenza. Vite di Claudio Rocchi” di Walter Gatti

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«Dalla nascita ai 15 anni “studente”. Dai 15 ai 29 “aspirante pop star”. Dai 29 ai 49 “aspirante santo”. Dai 49 a oggi  “ritorno nel mondo”. La prossima è “aspirante artista di grande successo”». Così Claudio Rocchi sintetizzava le sue cinque vite in un’intervista del 2012 a Libero. 

Una monografia su Claudio Rocchi ancora mancava. Artista oggi purtroppo non così conosciuto dalle generazioni successive alla sua. Per fortuna ci ha pensato il giornalista Walter Gatti a colmare questo vuoto. 

“Più che l’artista io nella vita voglio fare l’uomo” (un verso della canzone La Rana) è una buona affermazione per non imbrigliare Claudio Rocchi in alcuna definizione o ruolo. Suona ancora più illuminante nel nostro mondo, dove cerchiamo di definirci in continuazione tramite i nostri titoli di studio, lavori, curriculum, skills.

Claudio Rocchi è stato il principe degli hippie milanesi. 

Così pieno di fantasia e spirito di iniziativa, durante il periodo liceale al Leonardo da Vinci fonda il collettivo LSD (lega degli studenti democratici). Fin da allora viene accusato da destra di essere di sinistra, da sinistra di essere di destra, ma a lui piaceva collocarsi in Alto. 

Proprio in questo periodo inizia a bazzicare il mondo musicale, entrando a far parte degli “Stormy Six, con cui registrerà il primo album. Ne uscirà subito dopo, per divergenze ideali, e da quel momento intraprenderà la carriera solista. 

Claudio Rocchi è una calamita per gli spiriti liberi, i freak, gli scappati di casa milanesi e non; la sua mansarda in Viale Molise, piena di sitar, mandala, incensi, amore libero, è un centro gravitazionale della cultura underground. A casa sua potevi incontrare Battiato, componenti degli Area, gli Aktuala, Finardi, santoni, pittori, poeti e altre anime belle. Protagonista dei Festival Pop di quegli anni come Re Nudo, Villa Pamphili, Palermo Pop. Va in India, frequenta le comuni di Positano e Terrasini (proprio quella che compare in maniera caricaturale nel film “I Cento Passi”), partecipa con una performance alquanto singolare alla prima edizione del Premio Tenco.

Nella seconda metà degli anni ‘70, in disaccordo con l’inasprirsi degli scontri e dell’incupirsi delle coscienze, un po’ come il suo amico Battiato aveva fatto poco prima, si dà all’elettronica solitaria da cameretta (sempre nella sua mansarda in Viale Campania).

Tra il ‘76 (l’ultimo Re Nudo) e il ‘79 (la morte di Demetrio Stratos) la festa delle utopie tramonta. Claudio, orfano, insieme a Paolo Tofani (il chitarrista degli Area), alla moglie Manuela e alla figlia Ciaj, si trasferisce a Villa Vrindava, nelle campagne toscane, unendosi all’Associazione Internazionale per la Coscienza di Krishna. Lì fonda una radio, diventa priore e ci rimane per ben tre lustri. 

Nel ‘93 ritorna nel mondo e continua a far musica e girerà il film “Pedra Mendalza” (lo potete guardare a questo link. Dalla sua Milano si trasferisce prima in Sardegna e poi a Roma. 

Questo libro non è una biografia ombelicale di Claudio, ma un portale per accedere a mondi “altri”, a varie galassie sotterranee, libere, dimenticate, spesso non intercettate dalla cultura mainstream. L’Essenza di Claudio Rocchi.

Assai bella e utile anche la sezione della discografia minima e la raccolta fotografica nella parte centrale del libro.

Un libro ricchissimo di informazioni e riflessioni, un libro in cui perdersi e poi ritrovarsi arricchiti di nuove straordinarie vite.

Consigli per approfondire la cultura underground degli anni ‘70 in Italia

  • Matteo Guarnaccia “Underground Italia” e “Re Nudo e altri festival Pop”. Matteo Guarnaccia è stato sicuramente il più affascinante, profondo conoscitore e narratore di quegli anni sia a parole che con le immagini.
  • “Superonda” di Valerio Mattioli. Libro sulla musica (e non solo) segreta di quegli anni.

Una breve playlist con alcune delle canzoni più rappresentative della carriera di Claudio Rocchi

Divertente video di quando “Turisti per caso” insieme a Battiato incontrarono Claudio per le strade di Katmandu

Una ricordo di Eugenio Finardi