...

Può il colore della pelle essere fonte di diritti?

di:

Immagine di copertina a cura di:

Omar Thairi, Bianca degli Esposti, Caterina Tinarelli

3C Liceo Artistico “F.Arcangeli” di Bologna

La domanda posta nel titolo scaturisce dall’osservazione della realtà che ci circonda. 

Tante, tantissime persone subiscono limitazioni anche gravi dei loro diritti più elementari sol perché sono originarie di terre lontane dalla nostra; avrebbero, cioè, una sorta di “difetto di nascita”. 

Pur vivendo accanto a noi, nelle nostre città, nei nostri quartieri, o anche nei nostri stessi palazzi, pur lavorando accanto a noi, i loro figli giocando assieme ai nostri, tuttavia il colore della loro pelle demarca una condizione discriminatoria profonda nei loro riguardi.

Per molti che vivono in Italia da tanto tempo è complicato, se non impossibile, godere della cittadinanza italiana. Ma addirittura neanche coloro che sono nati in Italia possono godere della cittadinanza italiana almeno fino a 18 anni, quando acquisiscono il diritto di farne richiesta. 

Milioni e milioni di persone, se dai loro paesi vogliono recarsi in Italia (o in Europa) per cercare un lavoro, ma anche semplicemente per studiare o per visitarlo, non hanno il diritto di viaggiare liberamente, non possono prendere un aereo, una nave, un treno e spostarsi: il motivo è che i visti gli vengono negati. Ecco perché in tanti sono costretti ad affidarsi a chi organizza viaggi clandestini, che sono costosissimi e pericolosissimi; viaggi che durano mesi e a volte anni, attraverso deserti, montagne, mari; queste masse di migranti devono fermarsi a lavorare per recuperare il denaro per proseguire; spesso vengono catturati come delinquenti e rinchiusi in centri in cui subiscono violenze di ogni tipo, come accade in Libia, oppure ammassati a decine di migliaia in campi profughi creati apposta, con il denaro dell’Unione Europea, da dove non possono uscire ed entrare in Europa. In queste condizioni molti di loro perdono la vita, stremati dal caldo, dalla sete, oppure dal freddo e dal gelo. In tanti annegano in mare. Eppure per tutti è preferibile rischiare la vita che restare in terre che non offrono altro che sofferenze immani. 

Se riescono ad arrivare nel nostro paese, vengono immediatamente fermati, rinchiusi in Centri di Permanenza per il Rimpatrio, delle vere e proprie carceri, dove saranno smistati tra “richiedenti asilo” e “immigrati economici”, e, se facenti parte del secondo gruppo, saranno rimpatriati nel luogo da dove con estremi sacrifici erano partiti per sfuggire alla guerra, alle calamità ambientali, alla miseria. 

I CPR sono delle vere e proprie carceri pensate per rinchiudervi persone che non hanno commesso nessun delitto, nessun reato. Persone il cui unico delitto è quello di avere un colore della pelle più scuro del nostro, che rappresenta una specie di marchio indelebile, fonte di negazione di tutte quelle possibilità di cui noi occidentali godiamo senza nessun problema: circolare, viaggiare, lavorare (o, se disoccupati, godere della Naspi, l’indennità di disoccupazione), studiare, avere dei documenti, poter firmare un contratto di locazione di un alloggio, poter andare in giro la sera senza essere fermati dalle forze dell’ordine, e così via.

Ecco che, veramente, il titolo di questo modesto articolo è, purtroppo, una triste realtà per migliaia e migliaia di persone. E quando parliamo di diritti dovremmo subito aggiungere “per chi?”, perché i diritti non sono universali, o se lo sono, ciò è solo sulla carta. E soprattutto, quando giochiamo, corriamo, viaggiamo, compriamo qualcosa, ci sediamo a tavola per consumare un pasto; quando facciamo progetti per l’indomani o per il futuro, dobbiamo riflettere sul fatto che tutto questo non è concesso a tante persone; che ci sono moltissime esclusi da questa nostra vita quotidiana.

Essere esclusi vuol dire non potere attraversare la frontiera in sicurezza, oppure se si è già nel suolo italiano, lavorare con salari troppo bassi, utili solo alla sopravvivenza; vivere in alloggi malsani e super affollati; non avere una alimentazione adeguata; non poter affermare i propri desideri e nemmeno i propri bisogni essenziali; rinunciare o limitare i propri desideri, i propri affetti. Una condizione che spesso genera rabbia, rancore, emarginazione e che provoca esplosioni di malessere cui non si cerca di porre rimedio intervenendo per migliorare le condizioni di vita e di lavoro e per ampliare la sfera dei diritti, bensì con atti repressivi che portano alla reclusione, alla detenzione, all’espulsione delle persone coinvolte.

La risposta al quesito iniziale non può essere che un No: il colore della pelle non può e non deve essere l’elemento attraverso cui si possa godere o meno di un diritto. Tutti gli esseri umani hanno gli stessi diritti. Pardon: devono avere.