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Rosa alla conquista della felicità.

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Donne, baracche, burocrati. Case, diritti, dignità. Denunce, tribunali, processi. E poi figli, madri, malattie, scioperi, militanza, entusiasmi e solitudini, riflussi, delusioni. Ma “nessun rimpianto”, come recita il titolo di questo libro di Pino Fabiano, dedicato a Rosetta Aucello, “Rosa la rossa”, classe 1947, nata e vissuta nel quartiere dei terremotati di Messina, una enorme baraccopoli popolata da quella varia umanità di sottoproletari che del sisma tremendo del 1908 portavano ancora i segni di una emarginazione urbana e di una precarietà anche dopo decenni, e, a dirla tutta, ancora oggi, a 113 anni dall’evento.

La giovinezza di Rosa è quella di chi è destinata a crescere in fretta e perciò non può permettersi il lusso di possederne una. Quando si sposa, e va in giro con l’abito bianco, viene scambiata per una ragazzina che doveva far la prima comunione. Col suo compagno di una vita subiscono gli schiaffi di una legalità cieca e arrogante, che li vede abusivi e fuorilegge, agitatori e turbatori dell’ordine pubblico. E’ nella reazione a questo destino di eterni sconfitti, nella risposta alle “forze dell’ordine”, nella caparbietà organizzativa spontanea che tira fuori il gruppo di baraccati, supportato dall’esterno da avvocati e gruppi solidali, che la vita di Rosa trova la sua svolta. Con la vittoria nei processi, la conquista della casa popolare, lo sviluppo di una coscienza politica e di classe, sarà protagonista, assieme al compagno, ai figli, agli amici e compagni di sventura e ai nuovi incontrati per strada, di un lungo periodo di attivismo politico e sociale, quando il cielo si farà talmente basso che sembrerà a tutti di poterlo toccare. Quando anche i dimenticati del Mondo affermeranno i diritti al sogno e al futuro, ogni giorno, con gioia e sacrificio.

Gli anni sessanta e settanta illuminano di passioni milioni di individui; come i raggi del sole, l’idea di una società migliore penetra nelle università e nelle fabbriche, nelle campagne ed anche negli angoli più nascosti delle città, come quei quartieri invivibili di Messina, dove generazioni su generazioni si succedono, ereditando in dote solo le ferite di un’esistenza avara e forse la prospettiva di una fuoriuscita dignitosa.

Il lettore attraverserà le pagine di questo libro scritto nella forma dell’auto narrazione, immaginandosi Rosa, in età avanzata, raccontare la propria vita, finendo per dimenticare che non è lei a parlare, ma Pino Fabiano magistralmente a trasmettere pensieri, ricordi, riflessioni, sentimenti, dolori – tanti dolori, da rappresentarci una storia a parte, quella della malasanità siciliana – ricuciti e confezionati per dar vita ad un’opera singolare, a metà tra la biografia e la storia.

Una pagina semi sconosciuta di micro-storia viene a rivivere con tutti i personaggi e le situazioni che vi abitano dentro; una pagina sicuramente come tante ve ne sono sparse lungo i territori delle difficoltà quotidiane per milioni di persone. Il testo di Pino Fabiano ci rimanda a “Le donne di Messina” di Vittorini, funge da ponte verso un ieri che si prolunga nell’oggi, e che le spinge fuori dall’ombra della subordinazione e della svalutazione patriarcale, verso la luce chiara in cui brillano i loro occhi proiettati, anche solo per una stagione, o per un giorno, o per un’ora, verso una possibilità di emancipazione.

Pino Fabiano, Nessun rimpianto. Storia di Rosa la Rossa. 

Sicilia Punto L, Ragusa 2020, pag. 107, euro 10.