di: Pippo Gurrieri
Contro il negazionismo è il sottotitolo di uno degli ultimi libri di Donatella Di Cesare, in realtà l’edizione aggiornata e ampliata di un testo uscito qualche anno fa per Bollati Boringhieri. Il titolo “Se Auschwitz è nulla” ci fa comprendere attorno a cui si sviluppa la riflessione, sempre acuta e profonda, della filosofa.
Di negazionismi, infatti, ve ne sono tanti, ma la sostanza che li accomuna è l’obiettivo di rimettere in piedi l’antisemitismo e di rivalutare il nazismo; una rivalutazione non solo storica, ma politica, con cui si prova a riposizionare il delirio razzista al centro della società odierna per rilanciarlo.
Sorto nell’immediato dopoguerra, man mano che i contorni della tragedia dei campi di sterminio nazisti emergevano attraverso le macabre scoperte e le testimonianze dei pochi sopravvissuti, il negazionismo si è andato definendo mettendo al centro della sua missione quella che ancora oggi definisce “la bugia di Auschwitz”. Riguardo i testimoni della Shoah, ad esempio, la sua vulgata afferma che se essi sono ancora vivi questo vuol dire che il racconto dello sterminio è falso; in altri termini, avrebbero dovuto essere morti, ma in quel caso non avrebbero potuto testimoniare.
La confutazione del numero delle vittime, o dei dettagli tecnici riguardanti il funzionamento della macchina dello sterminio, sono stati le trappole con cui hanno cercato di imbrigliare il dibattito. Infatti, chi accettava di rispondere su quel piano, provando a dimostrare e provare il contrario, finiva con l’alimentare quel dibattito trasformandolo in una sorta di confronto che automaticamente rappresentava per i negazionisti una legittimazione. Chi invece si sottraeva al dibattito, cioè non accettava di abbassarsi ad una discussione con tali soggetti, oppure gli negava gli spazi pubblici (stampa, tv, ecc.), si vedeva gettare addosso l’accusa di attaccare la libertà di pensiero e di espressione: ecco spuntare così l’arma del vittimismo, che ha fatto prendere posizione anche ad esponenti dell’antifascismo e dell’antirazzismo i quali, pur non condividendone le tesi, hanno difeso voltairraniamente il loro diritto di esprimerle.
Dove vuol andare a parare il negazionismo? Parlando di un presunto “culto dell’olocausto”, che avrebbe consentito agli ebrei di poter continuare a controllare gli stati più ricchi del mondo onde imporre il loro “nuovo ordine mondale”, e persino di farsi il loro stato, il suo obiettivo, non tanto sottinteso, è quello di rilanciare la bufala del complotto ebraico mondiale. Su questo punto la letteratura negazionista è vasta, e molti, per ignoranza o malafede, ne vengono imbevuti: si va dal “Mein Kampf” di Hitler ai “Protocolli dei savi Anziani di Sion”, il falso documento della polizia segreta zarista, per finire alla progettata sostituzione etnica dei bianchi ariani finanziata da George Soros e prevista dal “Piano Kalergi”; tutto un minestrone di falsità fatte assurgere ad argomenti degni di confronti e discussione. La trappola, appunto.
“Il negazionismo non è un’opinione come un’altra, né tanto meno una visione critica. A ben guardare è una dichiarazione politica che, minacciando il passato, insidia il futuro, che mentre attenta alla memoria compromette quel legame da cui, sulle ceneri di Auschwitz, sono sorte le democrazie europee”. Questo è quanto recita la quarta di copertina, e mi sembra alquanto chiara l’indicazione che ne scaturisce: il negazionismo va conosciuto e combattuto, ma evitando di legittimarlo, di concedergli il diritto al libero confronto: nessun diritto va dato a chi professa la negazione dei diritti, il razzismo, la diseguaglianza sociale e tra i popoli, il suprematismo bianco, il potere della forza e della violenza. Nessun diritto, nessuno spazio, nessuna “libertà di espressione”.
Avere la forza di affrontare in questi termini i negazionisti, vuol dire anche conoscere la storia, sforzarsi di comprenderla, soprattutto nei suoi risvolti attuali, nelle insidie che si nascondono dentro movimenti che offrono soluzioni apparentemente semplici ma estremamente pericolose, alle difficoltà crescenti di una società moderna prigioniera dell’ideologia liberista, confusa, alla ricerca di scogli su cui poter naufragare.