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E allora le foibe?

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Ci avviciniamo a febbraio, il 10 di questo mese è stato proclamato “giornata del ricordo”. Del ricordo di che cosa? Ma delle vittime delle foibe! Anzi, per dirla tutta, da almeno un mese è stata emanata una circolare governativa che invita i presidi di tutte le scuole a dare il massimo risalto a questa giornata, organizzando iniziative, e comunicando anticipatamente (la scadenza mi pare fosse a metà novembre) il calendario delle stesse.

Viene da chiedersi come mai tanta attenzione e con tutto questo anticipo quando il 27 gennaio, cioè ben prima del 10 febbraio, ci sarà anche la giornata della memoria, quella per ricordare l’Olocausto, su cui nessuna circolare è stata emessa dai solerti governanti e dal loro Ministero.

Aria di rivincita, dunque. Sulla base di una narrazione nazionalista in voga da un po’ di tempo che si propone di paragonare le vittime delle foibe a quelle dei campi di sterminio nazisti, mettendo il tutto sullo stesso piano, svuotando di significato le camere a gas, a partire dall’assunto che “anche gli italiani furono vittime dei comunisti”, cioè anche i comunisti fecero i loro stermini.

La vulgata sulle foibe nasce come un’operazione ideologica di estrema destra costruita con abbondante utilizzo di menzogne storiche al fine di smantellare il significato della resistenza antifascista.

Sulle vittime delle foibe se ne sono dette tante: da decine di migliaia a centinaia di migliaia, persino a milioni. Cifre sparate a vanvera e fatte proprie anche da esponenti istituzionali della cosiddetta sinistra, che hanno finito per sposare la tesi dello sterminio rosso contrapposto a quello nero.

Ora, non è intenzione di chi scrive sollevare i regimi stalinisti dalle loro responsabilità; né negare che vi fosse stato un caso foibe. Tuttavia la questione è diversa, come spiega bene Eric Gobetti col suo libro “E allora le foibe?”, edito la Laterza per la collana Fact Checking nel 2020, una collana creata appositamente per sfatare i luoghi comuni che invadono la nostra sfera quotidiana e si insediano poi come verità assodate che pochi hanno il coraggio e la voglia di confutare, smontandole e rivedendole con fonti e prove ben precise.

Gobetti ha fatto un eccellente lavoro, dal quale si desumo alcuni fatti ben precisi:

Il primo è che l’uso delle foibe, ovvero delle cavità carsiche molto presenti nell’area orientale, al confine fra Italia e Jugoslavia, oggi Slovenia e Croazia, per seppellire cadaveri, carcasse di animali, far sparire corpi, era una consuetudine che risale all’alba dei tempi.

Il secondo è la contestualizzazione storica ma anche geografica. Tutta l’area istriana-friulana, in quanto area di frontiera, è stata oggetto di continui cambi di confine con conseguente cambi di regime. Ma fino all’impero austro-ungarico in quell’area dell’alto Adriatico convivevano diverse etnie, principalmente slavi, italiani, ma anche ungheresi, tedeschi, ecc, Quando, dopo la prima guerra mondiale, i territori dalmati-istriani venne concessi all’Italia, questa subito dopo impose l’italianizzazione forzata e la fascistizzazione, discriminando e reprimendo chi non si adeguava alle nuove misure politiche nazionaliste. Una pulizia etnica che portò anche a violenze verso interi villaggi, espropriazioni, espulsioni, epurazioni e brutalità d’ogni genere. Peggiorate sotto l’occupazione tedesca, dal 1943 fino alla fine della guerra con la liberazione della zona ad opera dei partigiani jugoslavi, fra i quali militavano non pochi ex militari italiani, unitisi a loro dopo lo sbandamento seguito all’armistizio dell’8 settembre. In quest’ultima fase è vero che avvennero anche delle violenze, ma esse furono la logica conseguenza della liberazione dal fascismo, tant’è vero che ne furono vittime i responsabili del regime, militari e civili, che avevano governato l’area e che si erano macchiati a vario titolo di violenze, soprusi, omicidi, fucilazioni sommarie, discriminazioni in genere.

Questa ricostruzione smentisce la narrazione tossica tanto cara ai fascisti tricolori secondo cui si tratterebbe di una Shoah nazionale in cui un numero preponderante di italiani sarebbero stati eliminati e infoibati solo perché italiani.

Ci furono i corpi gettati nelle foibe (ma non solo), ma i numeri si abbassano a poche centinaia, forse qualche migliaio, ben diverso dallo sterminio di 6 milioni di ebrei cui qualcuno li vorrebbe mettere sulla stessa bilancia.

Con questo non si intende giustificare l’omicidio né il fatto che un numero inferiore (di gran lunga) di vittime rispetto l’Olocausto possa essere tollerato. Ma se le cose stanno così, la storia è tutta un’altra, e non si può neanche definirla una specifica vicenda di quell’area, dato che un po’ in tutta Europa, man mano che si liberavano territori dalla presenza nazifascista, accadevano fatti simili, vendette, violenze nei confronti di chi aveva abusato del proprio potere provocando lutti e sacrifici.

La mistificazione che si fa sulle foibe è un’operazione ideologica messa in piedi con lo scopo di svuotare l’antifascismo del suo significato liberatorio e libertario, egualitario e improntato alla giustizia sociale. Se anche gli antifascisti si sono macchiati di crimini alla pare dei tedeschi, dei nazisti e dei fascisti – questo è l’assunto – allora l’antifascismo va bandito dalla società civile, va considerato criminale, o, se proprio si vuole insistere col tenerlo a galla, allora anche il nazismo ed il fascismo hanno diritto ad essere sdoganati e rivalutati.

Un’operazione subdola, falsa e pericolosa, che va avanti da tempo. Il Ministero dell’Istruzione quest’anno più di prima ne farà un’occasione di avvelenamento delle coscienze mandando nelle scuole fior di falsari della storia a predicare tutto ciò. Occorre cominciare ad alzare un muro contro l’intolleranza e l’inquinamento morale e politico. Il libro di Eric Gobetti è un mattone importante di questo muro.