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Giorgio Nabita, un sarto a Vittoria

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L’ancora fresco dibattito su fascismo e antifascismo, in occasione della ricorrenza del 25 aprile, ha fatto emergere le profonde contraddizioni esistenti nella società italiana, ma soprattutto all’interno delle istituzioni, governate da una compagine il cui maggior partito si richiama, persino nel simbolo, alla Repubblica Sociale Italiana, nonostante le forzate dichiarazioni di fedeltà alla Costituzione fatte dal capo del governo, da ministri e dal presidente del senato. Dichiarazioni, per altro, rimaste sempre nel segno dell’ambiguità se non della più o meno rivendicazione esplicita di una identità storica-politica e culturale ben precisa, che risiede tutta nelle radici del Movimento Sociale Italiano, partito fondato da personaggi che nella RSI avevano avuto ruoli affatto secondari.

La cosa che più mi ha fatto ridere in questi giorni è stata pertanto la pretesa di certi settori diciamo così democratici di estorcere dichiarazioni di antifascismo a chi con il fascismo ha sempre avuto un rapporto di filiazione-adesione senza infingimenti.

Questa premessa per parlare con i lettori di The Clerks di un libro che ho scritto alcuni anni fa su una figura di antifascista vittoriese, Giorgio Nabita. Mi si perdoni quindi se per una volta mi autorecensisco, e parto dalla fine.

Il 26 gennaio del 1938 Giorgio Nabita, all’età di 61 anni, spirava dopo alcune settimane di sofferenze dovute ad una forte dissenteria. Nel 1936, grazie alla complicità di un amico muratore, aveva fatto murare in soffitta una valigia contenente centinaia e centinaia di fogli uso bollo e di quaderni con suoi scritti, assieme a lettere e giornali che, se trovati nel corso delle varie perquisizioni (e ne subì parecchie) sarebbero risultati compromettenti, trattandosi di corrispondenza con anarchici sia siciliani che del continente, e di pubblicazioni anarchiche di quasi un trentennio: giornali stampati negli Stati Uniti dalla vasta comunità anarchica italiana, e giornali stampati in Italia, come gli ultimi, poi fatti chiudere dal fascismo: il quotidiano Umanità Nova e il settimanale Fede!. Insieme ad essi alcune riviste e numeri unici redatti da lui stesso, fra i quali il quindicinale La Fiaccola.

Ai familiari non disse dell’operazione di occultamento della valigia, ma accennò solo ad un “tesoro” che avrebbero ritrovato un giorno.

Ebbene, quel giorno arriverà nel 1978, quando la famiglia inizierà dei lavori di ristrutturazione della casa che porteranno alla luce la valigia, cioè il “tesoro”. Vani furono i tentativi di provare a quantificare il valore di quel ritrovamento; dal punto di vista economico era pressoché irrilevante. Si dovette convenire che il tesoro risiedeva nel contenuto di quanto era stato deposto dentro la valigia: un tesoro morale e politico. E anche storico, aggiungo io.

Nello stesso anno quel prezioso involucro venne consegnato ad una storico della città di Vittoria, l’avvocato Gianni Ferraro, il quale, intuitone il reale valore, dopo averlo analizzato ne realizzò una mostra, e di li a poco il comune dedicò anche una via cittadina al nostro sarto.

Fu nel 1983 che, grazie al Ferraro, venni a conoscenza di Giorgio Nabita, e grazie a lui potetti recarmi presso l’abitazione della figlia Alba Anita, dalla quale ebbi messa a disposizione la valigia oltre che ciò che rimaneva della florida biblioteca del padre. L’altra sorella, Rygier Ribella, non la incontrai perché non viveva nella stressa casa.

Grazie alla possibilità di poter conoscere il contenuto delle centinaia di scritti e degli altri materiali, ho intrapreso una lenta ricostruzione della vita del sarto vittoriese; ci ho impiegato quasi venti anni, perché occupato anche in altre mille faccende, ma alla fine nel 2008 è uscito il volume “Giorgio Nabita, sarto. Socialismo, anarchismo e antifascismo a Vittoria. 1889-1938”, con prefazione di Natale Musarra. Dalla nascita alla morte ricostruisco, con ampi spazi alla contestualizzazione, la vita di questo singolare personaggio.

Figlio di una cameriera e del suo padrone, non riconosciuto dal padre, ebbe un cognome inventato come tanti trovatelli, benché nel suo caso il padre si continuasse ad occupare di lui da dietro le quinte. Ai primi del ‘900 si sposta da Ragusa, sua città natale, a Vittoria, dove intraprende il mestiere di sarto; nel frattempo comincia a frequentare con entusiasmo la sezione socialista, da dove contadini e operai sfidano i caporioni cittadini per migliorare le proprie condizioni di vita ma anche coltivando il sogno di un mondo migliore. E’ l’emigrazione in America a rappresentare la svolta. Nei primi tempi si dedica dentro la vasta comunità di emigrati siciliani, a raccogliere fondi per contribuire al sostentamento della sezione in paese; poi, anche alla luce di un cattivo utilizzo dei contributi che con immenso impegno racimolava, e grazie al contatto con gli anarchici, si sposta su posizioni anarchiche entrando in una feroce polemica con i socialisti in generale e quelli di Vittoria in particolare. Nel 1909 ritorna finalmente in patria e si getta in una fervente attività politica; fonda un gruppo di anarchici, inizia a pubblicare numeri unici, facendo emergere la sua passione per la pubblicistica e per la scrittura; mette sù famiglia, e nel periodo dell’interventismo italiano in Libia e della forte campagna antimilitarista condotta dagli anarchici, una delle cui esponenti più in vista era Maria Rygier, continuamente arrestata per questo, alla prima figlia mette per nome Rygier Ribella. Sono anni di forte esposizione politica, di scontro durissimo con i socialisti locali, guidati da Nannino Terranova; anni in cui matura il progetto, coltivato con altri giovani del posto, di dar vita ad un quindicinale, La Fiaccola, “Rivista di Scienze, Filosofia e Arte”. Per attuare il progetto ritorna in America dove lavorando sodo e usufruendo del supporto della comunità libertaria, trova i fondi per la rivista, che nasce a Vittoria e che egli distribuisce a New York e in tante località degli USA e dell’Argentina.

Il periodo della prima guerra mondiale rappresenta un brusco momento di isolamento, nel quale matura posizioni individualiste, che comunque non gli impediranno, a partire dal mese di gennaio del 1921, quando tornerà definitivamente a Vittoria, di prender parte ai movimenti contro lo squadrismo fascista che proprio in quella stagione mostrava tutta la sua carognesca violenza contro le associazioni proletarie e contadine, lasciando una scia di sangue in tutti i comuni della rossa provincia di Siracusa. Diffonde la stampa anarchica, il quotidiano Umanità Nova, il settimanale che lo sostituirà dopo la devastazione della tipografia da parte dei fascisti, Fede!, ed altri periodici e riviste; assieme agli anarchici di Gela tenterà di dar vita ad un nuovo periodico, La Fiaccola Anarchica, di cui uscirà solo il primo numero, dato l’arresto del gelese Gaetano Di Bartolo.

Poi è il buio pesto del regime; anni di pedinamenti, perquisizioni improvvise, arresti ad ogni visita di qualche pezzo grosso, provocazioni, che son riuscito a ricostruire grazie al voluminoso dossier della questura a suo nome depositato presso l’Archivio Centrale dello Stato. 

In questi lunghi anni Nabita scrive e scrive e scrive: riflessioni, ricordi, proclami che fa girare clandestinamente. A tratti traspaiono momenti di speranza, segno di qualcosa che si muoveva nell’ambiente antifascista (e di fatto proprio in quel lembo di Sicilia sorgeva nei primi anni Trenta la prima forma di aggregazione clandestina antifascista forse d’Italia, il Fronte Unitario Antifascista Italiano). Ed è grazie a questa sua passione per la scrittura che sono riuscito a seguirlo quasi fino alla fine dei suoi giorni.

Sua figlia Alba Anita, cui aveva proibito di indossare la camicia nera di “piccola italiana”, ritirandola dalla scuola senza prima aver gridato alla maestra: “mia figlia la camicia nera la indosserà quando morirò io, non con Mussolini”, mi raccontò anche che quando lo vennero ad arrestare l’ultima volta in casa davanti a moglie e bambine, lui, alzando le mani ammanettate gridò “queste manette rappresentano la mia libertà”.

Grazie Giorgio

Pippo Gurrieri, “Giorgio Nabita, sarto. Socialismo, anarchismo e antifascismo a Vittoria. 1889-1938”, Sicilia Punto L, collana Storia/interventi, Ragusa 2008, pagg.266, euro 8,00. Per info e acquisti cliccare qui.