di: Stefano Meli
Autobiografia di un negro bianco
Mezz Mezzrow con Bernard Wolfe
Redstar press 2015
Se si vuole andare a cercare la musica bisogna andare là dove le storie sono forti, là dove non ci sono mezze misure. Mezz Mezzrow figura leggendaria in tutti i bordelli del paese, Mezz Mezzrow angelo delle prostitute, delinquente, accattone e miserabile, ti cercavano tutti perché spacciavi l’erba migliore, la più buona e tu dovevi campare e non vedevi l’ora di andare a suonare il jazz per tutta la notte, a improvvisare “mentre la musica diventava sempre più selvaggia e terribile”. Il tuo clarinetto suonava la strada, la miseria, le tue orchestre erano composte dai musicisti neri migliori raccattati nei quartieri più poveri di Chicago, si neri, perché loro suonavano come nessun altro in giro, misteriosi i loro blues insegnavano a “sollevare gli occhi dal peso del dolore”. Anche in galera, la tua seconda casa, Mr Mezzrow volevi sempre essere messo nel braccio dei neri perché ti sentivi come loro, nero nell’anima e negli occhi. I colpi dei martelli degli operai che innalzavano la forca per impiccare “Smiling” Jack O’Brien battevano il tempo per i tuoi blues e quel sorriso con la sigaretta penzolante da una bocca ormai secca immediatamente prima del cappuccio e del rumore della morte penzolante, quel sorriso era la tua melodia. E poi Bessie Smith, Louis Armstrong e i lunghi e fumosi concerti clandestini dove le note in improvvisazioni folli diventavano l’agonia e la desolazione della vita dei neri. In galera hai capito che “la musica dei popoli oppressi è tutta affine”. I toni minori, i gemiti e i lamenti uniscono, spiegano, narrano. La tua vita piena di stenti e di povertà votata a trovare quel suono, quelle note, oltrepassando la frontiera del jazz per “celebrare la vita malgrado tutto il male che il mondo può farvi”. E quella sensazione di essere trattati come maledetti come se il blues e il jazz fosse lebbra e non arte, come se alla fine di tutto, a voi musicisti, spettasse solo un posto in un dormitorio pubblico o in una cella o in un manicomio.
Penso che chiunque suoni dovrebbe leggere questo libro, c’è più dentro queste pagine che in qualsiasi scuola di musica.
Il mondo fuori è volgare e solo la musica può salvarci e se “non riusciamo a fare dei soldi, almeno facciamoci degli amici”.
T.S. Eliot scrisse:
“In un mondo di fuggitivi, la persona che segue la direzione opposta sembra che fugga via”
Colonna sonora di queste pagine: Mezz Mezzrow, Charlie “Big” Green, Chick Webb, Bessie Smith, Louis Armstrong, Fats Waller, Eddie Condon, Gene Krupa, Jack Teagarden, Cab Calloway, Nina Mae McKinnei, Duke Ellington, Earl “Snakehips” Tucker, Louis Cook, Valadia Snow, Glenn Miller, Benny Goodman, Ben Pollack e molti altri di cui non si seppe più nulla.
Ed infine, questo è il blues, quel buco nero in fondo all’anima.