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Raccomandazioni #42: La musica è stata l’unica cosa decente del 2022

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È stato un anno tremendo, ma senza musica sarebbe stato peggiore. Qui sotto qualcuno dei dischi che mi hanno tenuto compagnia negli ultimi 12 mesi e che, per qualche ragione, non avevo ancora esplicitamente raccomandato.

Vivo nel Regno Unito da quasi 5 anni e non posso certo dire che amo la mia vita qui – non sopporto le case di mattoni rossi, non mi piace la birra né che commesse (sic) sconosciute mi chiamino “love” durante le transazioni commerciali. Non sono un suddito modello di Sua Maestà il Re Carlo. La musica, però: mi viene difficile da spiegare quanto certi suoni inglesi mi facciano sentire a casa ultimamente. Soprattutto certi suoni che vengono da questa parte dell’Inghilterra, da Manchester e dintorni: non solo mi fanno sentire a casa qui; mi fanno sentire a casa dentro la mia stessa pelle.

Il 2022 è l’anno della mia vita in cui, viceversa, mi sono sentito meno a casa dentro la musica rock, dentro i suoni di chitarra che hanno costruito la mia sensibilità musicale sin da quando ero bambino. Quella grammatica mi sembra per la prima volta inadeguata a esprimere il mio mondo, al contrario degli hi-hat taglienti, degli scatti di pistole che si ricaricano, e dei bassi 808 neri e vibranti come il catrame di queste città ex-industriali.

Blackhaine è nato proprio nella città in cui vivo, anche se è cresciuto altrove, tra Chorley e Salford. La sua arte sembra la rappresentazione emotiva di come il Nord-Ovest inglese sta cadendo a pezzi – d’altronde, un suo EP del 2021 si chiama “And Salford falls apart”. Ancor prima che musicista, Blackhaine è coreografo e ballerino: ha già lavorato per Kanye e Playboi Carti e la sua carriera sembra proprio sul punto di esplodere. Il suo corpo che si torce è stato comparato a un incontro tra la performance butoh giapponese e l’isteria drogata di un fan della techno hardcore, e anche la sua musica è così: mezza avanguardia e mezza violenza sonora da delinquente bianco della working class; metà monologhi esasperati dentro stranianti atmosfere noise e metà clangori urbani uk-drill (la forma esagitata di rap che da qui e da Chicago sta rimpiazzando la sonnolenza della trap). Il suo EP Armour II è bellissimo, ma forse la dimensione live è ancora più efficace nel raccontarlo. L’ho visto dal vivo qui a Preston il giorno del suo compleanno, e la gente parla ancora di quel concerto come di un’esperienza che ti cambia la vita.

I ritmi cerebrali ma non fighetti di label come Hyperdub e Bokeh Versions sono stati la mia colonna sonora (e la mia colonna portante) in questi mesi – i nuovi e vecchi album di Seekers International, Kode9, Kuedo, Okzharp, Rabit, Kinlaw. Una delle mie eroine musicali dell’attuale scena inglese ne ha sfornati ben due, di dischi: parlo di Loraine James, il cui Reflection del 2021 è stato salutato da tutti come un capolavoro di musica e di testimonianza emotiva. “Building Something Beautiful for me” le è stato commissionato dall’etichetta Phantom Limb, allo scopo di ricreare e trasfigurare l’eredità dimenticata di Julius Eastman. Straordinario compositore nero, gay, drogato, morto in miseria e dimenticato: Loraine James riprende suoi brani (editi e inediti) per contrastare l’obliterazione culturale non solo di Eastman, ma dell’esperienza nera nella musica “colta”. Ne vengono fuori brani sommessi, dolcissimi, molto lontani dall’esuberanza della musica originale di Eastman, ma di una fragilità che ti tocca dentro.

L’altro disco è uscito a nome Whatever the Weather e mi piace ancora di più di “Building Something Beautiful”. Anche qui siamo lontani dalla club music decostruita di “Reflection”, in territori spesso più eterei, ma non sempre privi di ritmi fratturati.

Un disco che viene dall’altra parte dell’oceano, ma che per me si iscrive bene nello spettro emozionale degli album di cui ho parlato sopra, è “Nothing to Declare”, il nuovo delle 700 Bliss, vale a dire Moor Mother e DJ Haram. I loro riferimenti vengono più dalla musica USA, dai ritmi dell’East Coast, eppure la percussività oscura e minacciosa e il flow tagliente di Moor Mother stanno benissimo nel catalogo Hyperdub. Tra l’altro questa è la mia faccia preferita di Moor Mother, visto che trovo il suo lavoro solista intenso ma non sempre digeribile.

Ho detto che mi sento lontano dal rock, ma sono tanti i dischi con le chitarre che mi hanno afferrato il cuore quest’anno. Vale per la roba più “tradizionale” – visto che il Senor Decente non ne ha parlato cito “Mystic Sisters” dei City of Caterpillar, eroi dello screamo più cupo tornati sullo scene dopo vent’anni con un album meraviglioso, tanto disperato e stridente quanto orecchiabile. E vale ancora di più per il “rock” in continua trasformazione, che non si neanche capisce bene se sia ancora rock, come i Bob Vylan di cui ho parlato qualche mese fa e l’album di Wu-Lu, del quale avevo scritto agli albori di The Clerks. In mezzo a questi due poli vorrei mettere “Trouble the Water”, nuovo disco degli Show me the Body. Un album di una ferocia irripetibile, tanto legato a stilemi noise rock quanto sottilmente vicino al rap. Tra l’altro, il 2022 è l’anno in cui gli Smile mi fanno dimenticare l’odio sempiterno verso i Radiohead.

Concludo parlando un po’ dell’Italia. Forse per molti la cosiddetta “Italian Okkvlt Psychedelia” è un’ esperienza archiviata; fatto sta che stanno uscendo straordinari album che si possono ricollegare a quel mondo, alla rappresentazione allucinata dell’inconscio collettivo del nostro Paese. Potrei fare l’esempio di Heith, recensito il mese scorso, ma l’esempio più lampante è ovviamente “Rimorso“. Per me è il capolavoro di Mai Mai Mai, che si allontana dalla sua educazione noise ma ne fa la base per costruire una splendida musica panmediterranea.

Potrei citare ancora tanta roba per restare nel nostro brutto paese, il nuovo dei Lantern o la contaminazione assoluta dei Rhabdomantic Orchestra. Ma la sto facendo lunga. Concludo con un augurio semplice e facilmente disatteso: che il 2023 faccia meno schifo del 2022 sul piano esistenziale, umano, politico e ambientale, ma che la creatività multiforme che abbiamo potuto ascoltare nel 2022 in così tante forme diverse rimanga qui con noi.