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Raccomandazioni #40: Heith – X, Wheel. Rituali di trasformazione

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“X, Wheel” è un disco importante, suono che evoca una visione del mondo. Heith, nome d’arte di Daniele Guerrini, è cofondatore di Haunter records, etichetta milanese che si è fatta un nome nell’underground elettronico internazionale e ha restituito una carica politica radicale al panorama post-rave. Guerrini è stato anche tra i curatori artistici di Macao prima che lo sgomberassero, e la rete di persone ed esperienze vissute attraverso quell’occupazione è senza dubbio centrale nello sviluppo della sua musica. “X, Wheel”, fatto di brani composti prima della pandemia, e vede l’approdo di Heith su PAN: spero che l’etichetta di Bill Kouligas faccia da dovuta cassa di risonanza all’unicità di questo disco.

La visione di Heith è cresciuta organicamente dai precedenti lavori usciti per Haunter, ma al contempo la maturità di questi pezzi segna uno scarto rispetto al passato. Nelle note di copertina, Heith sottolinea la dimensione profondamente spirituale della sua musica. Si tratta di una spiritualità onnivora, che attinge alle più disparate tradizioni mistiche quanto al folklore delle civiltà post-industriali e di un futuro post-apocalittico: l’idea centrale è quella del suono come cosmogonia, creazione e trasformazione del mondo. Allo stesso tempo, Heith vede la sua arte come uno strumento per entrare in contatto con l’inconscio, individuale e collettivo, e con le dimensioni dell’emozione e del ricordo.

“X, Wheel” esprime questa spiritualità attraverso un suono paradossalmente fisico, materico. Senti proprio la materia fisica vibrare e produrre suoni, torcersi e cambiare di senso. Ne sono manifestazione le vibrazioni estreme che aprono A venus flytrap in the circus lodge, il gorgoglio del didgeridoo e dello scacciapensieri in The Hermit (a mia memoria, la prima volta che il didgeridoo non mi provoca pura irritazione), e le percussioni melodiche che percorrono l’album, tanto imparentate con tradizioni musicali “altre”, quali il gamelan, quanto evocative di inquietanti carillon infantili.

La personalità del disco è fortissima, e allo stesso tempo è impossibile indicare di che genere stiamo parlando. “X, Wheel” è musica rituale dall’aspetto continuamente cangiante, come la ruota di trasformazione perpetua che gli dà il titolo. Ci sono panorami devastati che fanno pensare agli ultimi lavori “neomedievali” di James Ferraro; in alcuni brani si sentono i riverberi arcaici di un Forest Swords, mentre altrove folate di rumore e paesaggi sonori in reverse pervadono lo spazio dell’ascolto. La fisicità del suono a volte prende quasi una forma stoner/sludge, come in The Hermit e in Stoner Switch. Gli strumenti si fondono con l’elettronica – sentite le splendide parentesi di chitarra acustica suonate da Leonardo Rubboli, il sax di Aase Nilson nell’inquietudine della chiusura Ensemble for Sonnambulists, e la spaventosa batteria di Jacopo Battaglia degli Zu (in effetti, ogni tanto tornano in mente gli ultimi Zu, quelli più fissati con la risonanza).

Un’esperienza di ascolto immaginifica, che si espande anche a una dimensione multimediale: non ho scritto dell’artwork e dei video, per i quali vi rimando qui e qui. In ogni caso, “X, Wheel” si preannuncia qualcosa di memorabile anche dal vivo:

Il disco lo trovate qui.

E qui c’è una bella intervista a Heith.