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Ha ancora senso avere delle aspettative? (Forse sì, ma in Islanda)

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Come quando ti dicono che sei cool, per non dire che sei precario.
Come quando ti dicono che “tutto sommato” va tutto bene e tu non ti accontenti, perché sai che “tutto sommato” non basta.
Come quando dici di non voler fare paragoni, ma poi li fai.
Ha ancora senso avere delle aspettative?

In Islanda il dato di impiego femminile è all’83 percento.
Il congendo parentale è di 3 mesi per il padre, 3 per la madre e 3 da condividere.
La parità di salario è legge.
La lotta alla discriminazione è materia di studio nelle scuole.
L’Islanda è il paese più vicino al raggiungimento della parificazione di stipendi
(il gender pay gap è stimato al 21%)

In Islanda, donne e persone di genere non binario, il 24 ottobre, hanno scioperato contro il gender pay gap e la violenza di genere.
Sono rimaste chiuse banche, scuole, edifici pubblici, gli ospedali hanno lavorato con meno personale, i trasporti pubblici hanno subito pesanti ritardi.
Perché c’è stato lo sciopero?

Per essere all’altezza delle aspettative.
Questo ha dichiarato Freyja Steingrímsdóttir, tra le organizzatrici dello sciopero e portavoce del Bsrb, il più grande sindacato dei lavoratori pubblici.
“Si parla dell’Islanda come di un paradiso della parità di genere”, ma “dobbiamo assicurarci di essere all’altezza di queste aspettative” (fonte TgSky24)

Ora, io non sono mai stata un tipo particolarmente romantico, ma credo di poter affermare con assoluta certezza che “dobbiamo assicurarci di essere all’altezza delle aspettative” sia la dichiarazione d’amore più romantica della storia.
Appena ho letto questa frase, mi è partita in testa tutta una serie di titoli romantici rivisitati:

Pretty Aspettativa
Mangia, Prega, Ama all’altezza delle aspettative
Ufficiale e All’altezza dell’aspettative
Il diario di Bridget all’altezza dell’aspettative
“Essere all’altezza delle aspettative” in tutte le lingue del mondo
L’amore ai tempi dell’Essere all’altezza delle aspettative

Restando in tema romantico/sentimentale, si può dire che non è mai il caso di fare paragoni.
Non è neanche particolarmente elegante.
Ma poi, alla fine, un* i paragoni li fa. È inevitabile.
Varia giusto un po’ il livello di rancore e pentimento, ma i paragoni sono automatici.
E dunque figuriamoci se il paragone non scatta anche in questo caso.
Sì, penso sia inevitabile fare il paragone con il nostro paese. Non solo perché sono italiana e in Italia ci vivo, ma perché come l’Islanda, l’Italia è governata da una donna. E direi che i punti in comune finiscono qui.
Se in Islanda si lotta anche per superare quel 21 percento, perché non ci si riposa sugli allori della civiltà, in Italia accontentarsi non solo sembra essere inevitabile, ma è addirittura cool, come racconta lo spot del ministero per le pubbliche amministrazioni che dice che “più che un posto fisso vogliamo un posto figo”.

In Islanda la prima ministra Katrín Jakobsdóttir ha preso parte alle proteste, perché ha dichiarato che combattere la violenza di genere per lei è una priorità, visto che ancora più di una donna su tre ha avuto esperienza di violenza di genere nella propria vita.

In Italia il governo Meloni sta permettendo nuovamente l’aumento dell’Iva sugli assorbenti.

Meloni si è fatta strada urlando -letteralmente- “Sono Giorgia, sono donna, sono madre, sono cristiana”, per sostenere il concetto di “famiglia tradizionale” -tradizionale in senso neanche troppo velatamente cattofascista- mentre ha una figlia con un uomo con cui non è sposata; uomo che ha annunciato di aver mollato, con un post da boomer su Facebook. E con da boomer intendo che mancavano solo i cuori con le lacrime che cadono a pioggia su rose rosse appassite.

E il tutto, invece di generare profondo imbarazzo, perlomeno in chi è, e si è sempre professato, contrario a certe ideologie, ha portato addirittura alla teorizzazione di una qualche possibile sfumatura di femminismo, negli atteggiamenti di una donna circondata da fascisti, omofobi e antiabortisti.
Perché? Boh. Sinceramente non l’ho capito.
La tua relazione non funziona e approfitti che il tuo compagno faccia una figuraccia a reti unificate, in un fuori onda in cui si tocca il pacco e inscena il teatro dell’uomo etero alfa basic che tutt* conosciamo: non c’è nulla di femminista. È solo un atto calcolato e utile a fini comunicativi.

Anche perché il femminismo non credo si misuri in quanto gli atti che compi si avvicinino a qualcosa che somiglia al rispetto delle donne in quanto esseri umani.
Il femminismo riguarda un sistema di valori che applichi sempre in ogni sfumatura possibile.
Per semplificare: non è che se vai in chiesa a Natale sei cattolico praticante.
E quindi, una che non rispetta i sentimenti e i diritti di tutti, non diventa femminista di “classe” e “degna di rispetto” perché ha lasciato il compagno tamarro.

C’è un solo dato, in tutta questa storia, che apre a una importante tematica femminista: le donne al potere.
Molti fasci, consapevoli e non, hanno avuto il pacato ardire di difendere il Giambruno dal folto ciuffo, perché pare sia “pur sempre un uomo, che non vuole vivere nell’ombra”.
Specificando che per “grande” intendo solo nel senso di “posizione/guadagno/potere”, allora si può dire che se il detto “dietro un grande uomo c’è sempre una grande donna” è sempre stata una cretinata, potrebbe rivelarsi invece verosimile il detto “dietro una grande donna, c’è il grande ciuffo di un uomo che si tocca con insistenza il pacco, per controllare non abbia perso di tono, in maniera inversamente proporzionale all’importanza e al potere della donna in questione”.

E a prescindere da come la si pensi politicamente sulla Prima Ministra che vuole farsi chiamare Il Presidente, questo è un fatto grave, che racconta molto bene una dinamica alla base di un problema di genere, collegato neanche troppo velatamente alla violenza.
Lo spiega molto bene Drífa Snædal, un’altra delle organizzatrici dello sciopero islandese, che ha dichiarato al Guardian “la violenza contro le donne e il lavoro sottopagato sono due facce della stessa medaglia e hanno effetto l’una sull’altra” (fonte Sky Tg24 ). Sì perchè se la donna non può rendersi autonoma non solo non è libera ma è facilmente manipolabile anche psicologicamente.
In automatico, sarà più facile che l’uomo con più potere economico, in una società come la nostra, percepirà la donna come qualcosa di assoggettabile, gestibile, dominabile -con gradi diversi di pericolosità, certo.

E quindi sarebbe davvero il caso di non accontentarsi
Di essere all’altezza delle aspettative.
Di partire per l’Islanda.

La foto di copertina (AP Photo/Arni Torfason, fonte Il Post) ritrae lo sciopero a Reykjavik.
E sì, parla da sola.