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aNudo al Teatro Astra

di:

Regia: Francesco D’Alessio
Produzione: RtaMovie 2024
Testo di Francesco D’Alessio, Lorenzo Li Calzi, Gabriele GB Pellegrino
Aiuto regia: Andrea Chiapasco
Luci: BT Abramo
Cast: Melania Allasia, Giulia Cerino, Gaia Contrafatto, Luca Di Gioia, Davide Gaudiosi, Manuela Marascio, Francesco Santarelli.

Durante l’estate del 2023 mi ero ritrovato a partecipare a un casting. Avevo superato le prime due fasi, mi restava la terza, ma non entrai a fare parte del cast. Effettivamente stavo già iniziando a pensare “non so se sono in grado di recitare in uno spettacolo intero, senza vestiti”. Infatti avevo ragione, quasi sicuramente sarei diventato uno di quegli attori che i registi non vorrebbero mai avere tra le scatole, di quelli che iniziano a lagnarsi perché preda delle proprie paranoie, nella crescente preponderanza di preoccupazioni relative a chi invitare, o sperare che quella persona non mi veda o addirittura la locandina, e pensa se la vede quella persona! Per carità! etc. Un messaggio per il regista Francesco d’Alessio: hai fatto bene, non so cosa tu abbia visto, ma hai occhio.

Questo spettacolo è andato in scena con le persone giuste.

Voglio però fare una premessa, proprio perché questo spettacolo lo conosco un po’ da dietro le quinte. Quando mi era stata presentata l’estate scorsa, la trama era rivolta a un futuro distopico, dove sembrava emergere l’elemento nudità, come parte integrante di una prigione, una sorta di punizione connaturata. Almeno questo era quanto io avevo capito. Ricordo che l’idea mi piacque, perché mi è capitato ogni tanto di fantasticare punizioni consistenti nello stare nudo nella stessa stanza con una persona a me particolarmente antipatica. Quando ho scoperto questo lavoro che stava nascendo, ho pensato che forse, la mia fantasia un po’ malata, fosse tutto sommato diffusa.

Vedendo invece questa versione, che è quella poi diventata definitiva e portata in scena il 17 aprile al Teatro Astra ho subito preso atto che la storia era stata nettamente modificata. Nessuna punizione volontaria, la scena è infatti ambientata nei sotterranei di un bordello a Torino, nel 1943, durante la seconda guerra mondiale. Ci sono sette personaggi (ed è bello aver visto in una settimana anche i Sette contro Tebe a San Pietro in Vincoli, e dunque poterli pensare anche questi come guerrieri) che si riparano dalle bombe. Lo spettacolo inizia infatti con l’apparizione di una prostituta dall’aspetto etereo (Manuela Marascio), e un prete (Davide Gaudiosi) sdraiati, il cui dialogo viene interrotto dai bombardamenti. Un ottimo effetto sonoro che si propaga per le mura del Teatro Astra e le sue care cavee. Da lì appaiono tutti gli altri personaggi, che corrono ai ripari. Tutti nudi, a parte una, interpretata da Gaia Contraffatto, una sorta di Maitresse che come tale non necessita di essere nuda, particolare che dona coerenza.

Gli altri sono personaggi che vivono ciascuno il proprio conflitto, con sé stessi e con gli altri. Ad esempio il prete e il fascista (Francesco Santarelli), che si scontrano politicamente in quanto il primo appartiene a quell’area cattolica che all’epoca fu molto partecipe alla resistenza, e viene infatti menzionato come esponente del CLN. Poi c’è l’omosessuale (Luca di Gioia), anch’egli in conflitto con il fascista. L’omosessuale viene inoltre deriso dalle prostitute che commentano le sue difficoltà di erezione. La prostituta (interpretata da Melania Allasia ) che si scuserà con lui di questo, è la stessa ad essere innamorata di Gustavo, che la chiama da sopra, dalla strada, fra i bombardamenti e i mitra dei soldati. I dialoghi legano bene le scene, che vanno a intrecciare le relazioni tra queste persone, che nell’insieme evidenziano un microcosmo. Talvolta fanno da cadenza i monologhi di ciascuno di loro, che colorano la vicenda di straniamenti brechtiani.

Tutti gli attori dimostrano innanzitutto grande professionalità, perché saper recitare nudi davanti a tante persone, è segno di grande responsabilità artistica. La cosa davvero interessante, è che sembra di vederli recitare vestiti, e mi è giunta la domanda che abbiano anche lavorato su questo, ma non so, sono supposizioni. Le voci ogni tanto cambiavano di amplificazione, così si sentiva un po’ della voce naturale, la cui spinta oscillava nei diversi momenti, e l’effetto della trasduzione microfonica ambientale poneva un confine irregolare tra le scene e le controscene. Un particolare che però non è stato di disturbo nella comprensione, né ha inficiato troppo sul risultato. La disposizione dei movimenti era molto articolata, sempre ben collocata all’interno dei ritmi, poco coreografica, molto cinematografica.

La narrazione ha una complessità interessante, con cesure forti che consistono in monologhi e bombardamenti, con conseguenti attitudini alla disperazione, composta per il resto di dialoghi e vivaci relazioni tra i personaggi.

L’elemento relazione è centrale, perché sono persone che si trovano insieme per caso, completamente nude, estranee. Le prostitute hanno nomi inventati, nascondono la loro vita privata, e così fanno il prete, il fascista e l’omosessuale. Questo aspetto della drammaturgia è geniale. Persone che vengono messe insieme, da una parte nella condizione di chi non deve dire nulla della propria vita privata, perché merce sessuale, dall’altra persone che devono conservare la loro reputazione, tutte nude (meno una). Un meccanismo molto interessante.

Una domanda che mi sono posto durante lo spettacolo, mi rendo conto, è amara. Il triste ruolo di recensore, mi porta a dover esprimere un quesito che mi ha accompagnato durante la visione.

Mi rendo conto di esprimere un’eresia, ma purtroppo l’ho pensato: la nudità ha davvero una priorità in questa storia?

Nella prima parte (perché lo spettacolo ha un intervallo) il testo non giustifica tanto la nudità dei personaggi. Infatti l’impressione iniziale di cui dicevo, non mi è arrivata in questa rappresentazione. Perché i personaggi, pur trovandosi nei sotterranei di un bordello, dovrebbero essere nudi? Nessuno li costringe, non sono all’interno di un esperimento sociale. Se così fosse stato, come io credevo inizialmente quando fantasticavo di macchine punitive fantapolitiche, avrei compreso perfettamente. Ma in questo caso, alcuni personaggi avrebbero tranquillamente potuto coprirsi in qualche maniera. Così ho pensato, forse hanno lasciato i loro vestiti nelle stanze perché sono dovuti correre nel sotterraneo in seguito ai bombardamenti. Ok, ma proprio tutti? Qualcuno non avrebbe potuto prendere di corsa le mutande, o che so io, un velo, un lenzuolo?

Dopo l’intervallo invece c’è un’evoluzione di questo discorso. Perché si parla della nudità del prete (elemento simbolico e proverbiale), e vengono fatti a più riprese riferimenti alla nudità. Quindi si può dire che in effetti i bombardamenti abbiano portato queste persone a correre fino ai sotterranei nudi, perché il primo pensiero che hanno fatto, interrotti durante la copula, è stato quello di salvarsi. Però questa nudità che diventa importante fino a coprire tanto spazio nello spettacolo, è davvero così necessaria alla storia? È giusto che non venga troppo commentata, perché sia mai essere didascalici, ma al contempo si percepisce che come è stato giustificato l’indossare abiti da parte della Maitresse, così lo sarebbe stato anche solo un lenzuolo da parte di questi.

La nudità è una scelta che presenta a teatro le sue grandi difficoltà, spesso. In alcuni casi diventa riuscita, come ad esempio nella nota performance La Merda dove Silvia Gallerano fa un monologo contro il sistema dello spettacolo, completamente nuda. La nudità diventa in quel caso, una scelta molto chiara, perché non necessita giustificazioni. È l’immagine di una donna nuda che sbraita. Un quadro vivente molto chiaro, che può piacere o meno, ma esercita la sua funzione in maniera diretta.

In questo caso ci si trova davanti a uno spettacolo a cui non manca nulla (mi si perdoni il gioco di parole) con una trama molto bella, una costruzione drammaturgica fortissima, attori professionisti, ma la nudità ogni tanto si percepisce come una frattura. È un elemento che potrebbe essere benissimo presente, ma che a mio parere pretende una priorità che non ha. L’allegoria delle identità che devono nascondersi, e che ripeto è un’idea geniale, basta a sé stessa a dare forza a questo spettacolo. Penso che il titolo Anudo, ad esempio, sia pertinente proprio perché aderente al meccanismo drammaturgico delle relazioni tra queste identità. La nudità, per come è risaltata, offre però un significato talvolta fotografico. La recitazione è elegantemente realistica, cinematografica, naturale. Gli attori sono capacissimi di mantenere i compiti dei personaggi, e si sente una profonda interiorizzazione da parte di tutti loro, legati perfettamente ai ritmi scenici. Sono certo che questo spettacolo meriti successo non per l’elemento che tende a far risaltare maggiormente. La giustificazione drammaturgica è quasi totalmente sottesa, dunque due sono le ipotesi: o aggiungere aderenza testuale alla forza di sei corpi nudi in scena, o al contrario sottrarre un pezzo di nudità a un dettaglio (che paradosso). E con questo enigma sibillino e indisponente, concludo rivolgendo i più sinceri complimenti agli autori, il regista, gli attori, per un lavoro che alla sua anteprima promette grandi sviluppi.