Appunti sparsi su qualunque argomento che potresti aver scritto anche tu. Ma, purtroppo per me, li scrivo io e li dedico a chi affronta la vita con un White Russian in mano sognando un mondo migliore. Ma poi ci ripensa perchè tanto, alla fine, il mondo è di chi si fa la foto sorreggendo la Torre di Pisa. E va bene così.
C’era una volta… è così che iniziano tutte le fiabe, e questa non è da meno ma, ve lo prometto,
alla fine di questa storia quello che c’era una volta non ci sarà più. Dunque, andiamo.
C’era una volta in un campo di melograni un enorme pagliaio. All’interno del pagliaio c’era un
ago, e sulla punta dell’ago c’era un mondo. E questo mondo, come ogni mondo, aveva le sue
leggi e i suoi conflitti. A nord, il Regno Dorato, con i suoi castelli e le sue fortezze, circondato da
mura altissime e da trincee e da fossati, a sud, la Foresta Purpurea, con i suoi alberi colorati
dimora di fate e i suoi antri oscuri abitati da streghe e maghi, a ovest e ad est il Grande Mare,
dove si raccoglievano tutte le lacrime cadute.
Il Regno Dorato, inutile quasi dirlo, era una monarchia assoluta, i cui sovrani, il Re Stefano e la
Regina Leah, senza saggezza dilapidavano le ricchezze del regno in feste, spese per l’esercito
e fabbriche e miniere e costruzione di marchingegni per andare al di là della Luna e tutte queste
spese ricadevano poi sul popolo, sempre più povero ma costretto a pagare sempre più tasse e
a impoverirsi sempre di più.
-Sire, buongiorno, posso parlare?
-Gran Contabile, parli pure.
-Ecco Sire, ehm… troppe tasse, Maestà, il popolo non ce la fa a pagare…
-Il popolo osa rifiutare di pagare le tasse che il suo giusto sovrano richiede?
-Ehm, no no, Altezza… il popolo pagherebbe pure, ma è povero…
-Se il problema del popolo è la povertà, che allora vada a lavorare!
-Ma Sire, il popolo lavora, e lavora anche tanto, troppo, ma…
-Gran Contabile, niente ma! Che si inviino le guardie, l’esercito se necessario, si imprigioni chi
non paga e si sottoponga a sequestro ogni suo bene materiale e se serve anche morale e
spirituale!
E così fu. Le guardie, i lancieri, i cavalieri, gli arcieri, i fanti e anche i frombolieri e i mazzieri
attraversarono il regno, strada per strada, casa per casa, e in ogni bottega, osteria e campo
riscossero tributi ed elargirono con sobrietà la giustizia del Re sequestrando, incatenando e
incarcerando.
– Sire, buongiorno, posso parlare?
-Gran Contabile, parli pure.
-Come da lei ordinato, il popolo ha pagato. E chi non poteva pagare è stato incarcerato poscia
il sequestro di ogni suo bene.
-Mi compiaccio, Gran Contabile. Desidero che con questi nuovi introiti delle Reali Casse si
acquistino nuove navi volanti e si costruiscano nuove industrie e che si disboschi e che si
scavino nuove miniere. E che si organizzi una grandiosa festa a palazzo.
E così, mentre gli anni passavano tra lo sfarzo inutile della corte sulle spalle della miseria
popolare, il livello del Grande Mare si iniziò ad innalzare e i primi a risentire di questo
cambiamento climatico furono alcuni villaggi di pescatori troll della Foresta Purpurea che
vennero sommersi dalle lacrime. E così il Gran Consiglio Magico della Foresta Purpurea si riunì,
e i Sette Grandi Maghi e le Sette Grandi Streghe consultarono gli oracoli, lessero i segnali,
assaggiarono le lacrime del Grande Mare e infine decisero di inviare un loro emissario presso il
Regno Dorato, e la scelta cadde su Malefica, una delle Sette Grandi Streghe, esperta guaritrice
e protettrice degli animali del sottobosco. E Malefica attraversò valli, e dirupi, e monti, e ancora
altre valli e infine giunse alle porte del Regno Dorato, e quel giorno il Re e la Regina davano
una grande festa in onore della figlia appena nata, la principessa Aurora.
-Sire, un emissario del Gran Consiglio Magico della Foresta Purpurea chiede udienza.
-Concessa. Che venga avanti.
-Altezze, mi compiaccio di porgere gli omaggi del Gran Consiglio e mi onoro di recare le
felicitazioni della Foresta Purpurea per questa nuova nascita. Ma…
-Ma, cosa?
-Ma sono qui per informarvi, Altezze, che il regno è in pericolo. Il popolo soffre, e nell’animo
dell’Uomo macerato dalla sofferenza mette radici il rancore, e la rabbia esplode e quando
l’uomo smette di ascoltare il grido della ragione, tutto muta in visione.
-Che significa?
-Significa, Sire, che il popolo è stanco della monarchia e se entro il sedicesimo anno di età
della principessa Aurora il potere non sarà nelle mani di chi oggi voi chiamate “sudditi”… beh,
Sire, il sonno della ragione colpirà, e la piccola Aurora cadrà, e con essa la monarchia, e tutto il
vostro piccolo mondo sprofonderà nel buio.
-E cosa possiamo fare per fermare tutto questo?
-Nulla. Fuggite.
E con queste parole, Malefica si dissolse in una nuvola di fumo e di scintille.
Il Re Stefano e la Regina Leah per la prima volta nelle loro vite ebbero paura. Ma durò solo un
attimo, immediatamente il Re Stefano prese in mano la situazione, e anche la mano della
Regina
-Convocate il Reale Saggio!
E, un battito di cuore dopo…
-Maestà, eccomi.
-Reale Saggio, un emissario della Foresta Purpurea ha predetto il buio e il sonno per questo
nostro regno, come possiamo difenderci?
-Mmh, combattere contro il buio è impresa ardua. Farò immediatamente delle ricerche così da
trovare una soluzione.
E il Reale Saggio si recò nella Biblioteca Oscura e lesse per tre giorni e per tre notti e sei ore gli
Antichi Testi Proibiti e Mai Scritti e dopo aver riflettuto alla luce della Luna e delle stelle per altre
due notti, all’alba del sesto giorno intuì la soluzione, all’ora di pranzo la mise per iscritto con un
pennino di piuma di cigno nero e quando suonarono le campane del vespro la presentò al Re
Stefano e alla Regina Leah.
E i due sovrani se ne compiacquero.
-Generale, convocate immediatamente Flora, Serenella e Fauna.
E pochi minuti dopo le tre fate, appartenenti ai servizi segreti del Regno Dorato, si presentarono
nella Sala del Trono e con un battito secco di ali si misero sugli attenti.
-Riposo, riposo. Ho una missione da affidarvi. Al di là dei confini Est del regno, superato il
Cancello Stellato, dove sorge il Sole, c’è una torre fatta di rose, pietre di Luna e rugiada. Là
troverete una chiave bianca e nera la cui impugnatura è un melograno d’oro. Questa chiave
aziona il motore che fa sorgere e tramontare il Sole. Quando la troverete, attendete il
mezzogiorno, poi togliete la chiave dalla toppa. Così facendo i contrappesi si bloccheranno e
sarà mezzogiorno per sempre. Un’ultima cosa. La chiave, distruggetela.
E così i tre agenti segreti Flora, Serenella e Fauna partirono verso Est, superarono il Cancello
Stellato, entrarono nella torre, trovarono la chiave e, alle 12 in punto, la tolsero dalla toppa, poi
la tagliarono in tre parti che lanciarono nel Sole, dove sparirono.
E da quel giorno fu giorno sempre. E il Re Stefano, che credeva di aver così sconfitto la maledizione lanciata da Malefica, continuò a costruire industrie, e poiché nel Regno la notte ormai non esisteva più, fu abolito il riposo e nelle chiese del Culto Dorato si iniziò a propagandare l’adorazione per la Sacra Produttività ad Ogni Costo e tutti i sovversivi e i sindacalisti furono prima imprigionati e poi espulsi dal regno e con il passare degli anni il Grande Mare si prosciugò, perché il popolo aveva smesso di lacrimare, per povertà, stanchezza e disillusione, e il Regno Dorato si trasformò in un unico sconfinato groviglio di palazzi altissimi di acciaio e vetro e smog e fumi tossici e auto volanti e centri commerciali e maxischermi e cemento e cravatte al collo. E poi il Re Stefano morì. E così anche la Regina Leah. E la Principessa Aurora, che aveva ormai compiuto sedici anni, diventò la nuova Regina, e la Regina Aurora, le cui uniche competenze erano il canto e la nullafacenza con venature di classismo, come suo primo atto di governo proclamò tre mesi di feste e di balli (aperti solo ai nobili e ai ricchi borghesi del regno, chiaramente). E in uno di questi balli la Regina Aurora conobbe il Principe Filippo, primogenito dei sovrani del Nobilerrimo Regno delle Industrie, un potente e lontano regno a Ovest del Grande Mare. E tra Aurora e Filippo scoccò quella scintilla bizzarra chiamata amore e, tre mesi dopo, i due giovani si sposarono, e con il matrimonio anche i due regni si unirono, trasformandosi in un unico grande possedimento al di là e al di qua del Grande Mare. Era nato l’Impero Dorato delle Industrie. E il classismo fu eretto a principio fondante dell’ordinamento statale, e la religione fu asservita ai nuovi dei chiamati Capitale e Produttività, e le leggi furono fatte a discapito dei più deboli, e la libertà diventò un sogno che era possibile comprare in comode rate, e i sogni diventarono l’unica via di fuga possibile per chi non aveva nulla. Ma nell’Impero Dorato delle Industrie, giorno dopo giorno, il malcontento delle masse operaie e contadine si trasformò in aperta dissidenza, una dissidenza però perseguitata dai gendarmi, ostracizzata ed imprigionata, una dissidenza che clandestinamente, di notte, attraversava il confine dell’Impero per trovare rifugio nell’accogliente Foresta Purpurea, e qui, grazie al sostegno di Malefica, che intanto era diventata il Segretario Generale del Gran Consiglio Magico dei Sette Grandi Maghi e delle Sette Grandi Streghe, gli operai e i contadini in fuga dall’Impero ebbero modo di frequentare gratuitamente l’Alta Scuola di Magia Politica trasformandosi così in rivoluzionari di professione dotati di coscienza di classe e dediti alla causa di un mondo senza sovrani e senza stato e dando vita al Comitato di Liberazione del Piccolo Mondo.
-Ma quindi, Compagna Malefica, quand’è che potremo finalmente sferrare il colpo mortale al
corrotto capitalismo?
-Le contraddizioni interne al sistema, Compagno Fabbro, non sono ancora emerse, solo
quando queste si paleseranno potremo allora sferrare il nostro attacco.
-E come faremo a capirlo?
-Sarà il Sole a dircelo.
E fu proprio il Sole, tempo dopo, a segnare l’evento più importante di quel micromondo
racchiuso sulla punta di un ago. Infatti, dopo decenni di eterno mezzogiorno, i cavi e i
contrappesi che bloccavano la stella nel suo punto di massima luminosità si erano ormai usurati
e così un giorno, all’improvviso, qualcosa si spezzò e il Sole precipitò nell’abisso e ritornò la
notte, scura, scurissima, insondabile. E fu notte per sempre. E la notte provocò il panico tra gli
abitanti dell’Impero, e il panico divenne paura e poi rabbia, e la rabbia si tramutò nella visione di
un mondo diverso. E il Gran Consiglio Magico dei Sette Grandi Maghi e delle Sette Grandi
Streghe valutò che quello fosse il segnale per l’insurrezione generale. Era il 25 aprile dell’Anno
945 del Fieno.
-Compagni, arrendersi o perire! È l’intimazione che deve essere fatta a tutte le forze capitaliste
e monarchiche, a quelle al di qua del Grande Mare come a quelle al di là, a quelle volontarie
come a quelle coscritte del cosiddetto esercito imperiale. Sia ben chiaro per tutti che chi non si
arrende sarà sterminato. Sia ben chiaro per i componenti delle forze armate del cosiddetto
governo imperiale che chi sarà colto con le armi in mano sarà fucilato. Solo chi abbandona oggi,
subito, prima che sia troppo tardi, volontariamente, le file del tradimento, solo chi si arrende al
Comitato di Liberazione del Piccolo Mondo, consegna le armi ai partigiani avrà salva la vita, se
non si sarà macchiato personalmente di più gravi delitti. Il Comitato di Liberazione del Piccolo
Mondo non accetta e non accetterà mai – in armonia con le decisioni dei capi responsabili del
Gran Consiglio Magico dei Sette Grandi Maghi e delle Sette Grandi Streghe – altra forma di
resa dei capitalisti e dei monarchici che non sia la resa incondizionata. Che nessuno possa dire
che, sull’orlo della tomba, non è stato avvertito e non gli è stata offerta un’estrema ed ultima via
di salvezza.
E così dalla Foresta Purpurea si mossero le brigate dei rivoluzionari, che assaltarono le
possenti mura a protezione della capitale dell’Impero Dorato delle Industrie, e all’interno delle
mura scoppiarono rivolte spontanee a sostegno dei rivoluzionari all’esterno, e gli operai nelle
fabbriche scioperarono e sabotarono i macchinari, e i contadini si armarono di forconi e
invasero le città, e i gendarmi furono ovunque sopraffatti e l’esercito fu sconfitto, e infine sul
Palazzo Reale fu issata la bandiera nera e rossa del nuovo ordine, e la Regina Aurora e il Re
Filippo furono fatti sfilare per le strade dell’ex regno in catene.
E sei mesi dopo era ancora notte ma nelle strade si cantava, e si brindava.
E mentre la felicità, per la prima volta dopo secoli, tornava a riecheggiare nei cuori degli Uomini,
in una stradina laterale una ghigliottina accarezzava con la sua lama lucente i colli di due oscuri
condannati.
-Mamma, chi erano quelle due persone?
-Erano dei re, e i re, figlia mia, si decapitano.