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Appunti sparsi su qualunque argomento che potresti aver scritto anche tu. Ma, purtroppo per me, li scrivo io e li dedico a chi affronta la vita con un White Russian in mano sognando un mondo migliore. Ma poi ci ripensa perchè tanto, alla fine, il mondo è di chi si fa la foto sorreggendo la Torre di Pisa. E va bene così.

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I racconti della Zia Pazza #1

di:

(La guerra alle nuvole)

Tanto tempo fa, prima ancora della nascita dei C’era una volta, la vita scorreva lieta in un mondo senza stati in guerra e sovrani capricciosi. A dire il vero, non solo non esistevano re e regine e principi e principesse, ma tutti gli esseri umani erano ancora là da venire. A parte questa mancanza, in fondo insignificante, il mondo era così come lo conosciamo noi oggi, con fiumi, laghi, montagne e colline, deserti e mari e oceani e valli dove branchi di angurie selvagge rotolavano libere, e se non avete mai visto delle angurie rotolare libere significa che non avete mai davvero osservato il mondo intorno a voi. E, in effetti, a voler essere davvero precisi e onesti, a parte gli esseri umani, mancava in quel mondo anche un’altra cosa. Mancava la pioggia. Eh, lo so che adesso vi chiederete come sia possibile un mondo pieno di vita senza la pioggia, avete ragione, sembra strano ma è così, l’acqua evaporava come sempre e come sempre il vapore acqueo formava le nuvole ma poi quella stessa acqua ricadeva al suolo non sotto forma di simpatiche gocce ma come nebbia che tutto delicatamente impregnava. Questo fino a quando un giorno, verso l’ora di pranzo, vuoi perché chi aveva progettato quel mondo decise di cambiare o semplicemente perché a volte le cose capitano senza un motivo, comunque iniziò a piovere, e questa volta una pioggia vera, fitta e costante, fatta di goccioloni pesanti e freddi e accompagnati da fulmini e tuoni. E piovve, piovve tanto, continuò a piovere a lungo, per settimane intere, quasi come se il cielo, trovando divertente quella novità della pioggia, non riuscisse più a smettere. Ma, mentre il cielo sorrideva compiaciuto, tra gli animaletti del sottobosco si diffusero il fastidio e il disappunto frammisti a starnuti e imprecazioni perché quella novità della cascata d’acqua liquida che veniva giù dal cielo (ancora nessuno sapeva come chiamare quella cosa, il termine pioggia lo avrebbe inventato, tempo dopo, il poetorso Shakebear) rendeva tutto terribilmente bagnato, fradicio e freddo, le gocce d’acqua si insinuavano ovunque finendo per trasformare la solida terra di quel mondo del sottobosco in una fanghiglia appiccicaticcia e poco collaborativa, e si allagarono le tane e, cosa ben più grave, tutte le dispense, mandando all’altro mondo, e nello specifico nel mondo del marcio e della muffa, tutte le ghiande e le noci e le castagne e i semini che gli abitanti del sottobosco avevano messo da parte per l’inverno. E siccome la pioggia non accennava a smettere, e quando poi smetteva ricominciava dopo poche ore, il malcontento aumentava tra gli operosi piccoli animaletti del sottobosco e quindi decisero tutti che fosse necessario interessare della cosa il Grande Saggio Sieben, un’anziana papera che viveva in una casetta in riva ad un piccolo stagno a mille minuti di distanza. “Il grande Saggio Sieben” si dicevano gli animaletti del sottobosco “saprà consigliarci, forse saprà anche come far finire tutta questa acqua che cade giù”. E così, mille minuti dopo, fradici e gocciolanti stanchezza e speranza, gli animaletti del bosco, guidati dallo scoiattolo Funf, bussarono alla porta del Grande Saggio Sieben.

– Prego, entrate piccoli amici, e mettetevi davanti al caldo fuoco, asciugatevi e riscaldatevi, io termino un esperimento e sono subito da voi.

E lo scoiattolino Funf, mentre tutti gli altri assaporavano il tepore del focolare, vide il Saggio Sieben mentre armeggiava con delle bolle di sapone, un imbuto e varie candele di colori e fiamme diverse.

– Grande Saggio Sieben, cosa sta facendo?

– Oh figliolo, entra, entra pure… Ecco, vedi? Sto cercando di stabilizzare l’essenza delle bolle di sapone.

– Ah, beh si, certo – rispose lo scoiattolo Funf un po’ perplesso – ma, perché?

– Per entrarci dentro

– Oh, capisco – rispose lo scoiattolo Funf anche se in realtà non aveva granché capito.

– Comunque, anche questa volta ho fallito, riproverò domani. Adesso andiamo di là, ascolterò quello di cui mi dovete parlare.

Raggiunta la grande stanza dove il fuoco borbottava allegro nel camino, la papera Sieben si accomodò sulla sedia di paglia, accese la pipa a forma di otto, fece lenti e profondi tiri che disegnarono nell’aria nuvole bianco latte e, dopo qualche secondo, chiese agli animaletti del sottobosco, che osservavano con attenzione, di esporre il loro problema.

Prese la parola lo scoiattolo Funf, raccontò di questo nuovo strano fenomeno dell’acqua che cadeva giù dalle nuvole, del sottobosco fradicio, delle pellicce arruffate, delle tane e delle dispense di cibo tutte allagate.

Il Grande Saggio Sieben si prese qualche momento per riflettere e, dopo due lente boccate di fumo bianco latte che sapevano di limone, sentenziò:

– Non conosco questo fenomeno di cui mi parlate, qui ancora non si è mai vista dell’acqua cadere dal cielo ma, io credo, la cosa migliore da fare è parlare con le nuvole. Andatele a trovare, raccontate cosa accade giù, nel mondo del sottobosco, quando da lassù l’acqua cade, troverete sicuramente una soluzione con il dialogo.

– Ma, Grande Saggio, abbiamo già provato a chiamare, a urlare, ma nessuna nuvola ci ha mai risposto.

– Caro scoiattolo Funf, le nuvole stanno troppo in alto per riuscire a sentire le vostre delicate voci. Dovete andare a trovarle, salire fin lassù, e loro vi ascolteranno.

– Ma, Grande Saggio, come fare? Il più alto di noi raggiunge a malapena il soffitto di questa stanza…

– Una scala, si, ecco cosa ci vuole! Costruite un’alta, altissima scala, e in men che non si dica, raggiungerete la casa delle nuvole.

La proposta del Grande Saggio Sieben fu accolta da versi di approvazione e di ammirazione per la grande saggezza di quell’anziana papera; poi tutti gli animaletti del sottobosco in fila ringraziarono, uscirono e ripercorsero i mille minuti di distanza e tornarono nel loro piccolo mondo ancora annacquato dalle recenti piogge. Il capo degli animaletti, lo scoiattolo Funf, distribuì i compiti: formiche e orsi, addetti alla raccolta del legno; castori, reparto progettazione; tutti gli altri, operai. Quando tutto fu pronto, si diede inizio alla costruzione della scala e, anche grazie al bel tempo, le operazioni procedettero speditamente. Tre giorni dopo al centro del mondo del sottobosco svettava una magnifica scala alta 10 querce e 1 pioppo (le unità di misura in vigore nel mondo del sottobosco), dall’aspetto solido e pronta a sfidare il cielo. Lo scoiattolo Funf lodò tutti per l’ottimo lavoro, raccolse le carte con le lamentele firmate da tutti da presentare alle nuvole e si avviò; mise il piede destro sul primo piolo, il sinistro sul secondo e… Ricominciò a piovere, e la pioggia si trasformo in diluvio che spazzò via tutto, scala compresa. Dopo qualche ora, passata la tempesta, gli animaletti del sottobosco guardavano sconsolati le macerie, rimasugli dei loro tre giorni di fatica. Ma lo scoiattolo Funf non si scoraggiò e riuniti tutti gli altri abitanti del mondo del sottobosco disse loro:

– Amici, le nostre intenzioni erano amichevoli ma le nuvole hanno deciso di non darci l’opportunità di parlare e…

– Si! Bravo! Hanno distrutto tutto! Le nuvole!

– … e, come dicevo, adesso ci rimane quindi un’unica soluzione.

– Si! Bravo! Un’unic… Quale?

– La guerra!

E dopo qualche secondo di smarrito silenzio tutti applaudirono la proposta.

– Si! Bravo! Dichiariamo guerra alle nuvole!

E così, mentre i procioni iniziarono a suonare i tamburi, ci si preparò ad andare in guerra contro le nuvole.

Certo, visto come era stata spazzata via la scala, capivano che le difficoltà sarebbero enormi ma i rinomati ingegneri castori proposero la costruzione di una torre di legno rinforzata dal fango fatto essiccare, proposta che fu subito messa ai voti e approvata. Gli animaletti del sottobosco si misero subito all’opera e, sempre diretti dallo scoiattolo Funf, costruirono l’enorme base sulla quale far via via poggiare i vari piani della torre, torre che giorno dopo giorno diventava sempre un po’ più alta e nonostante le forti piogge la costruzione andava avanti e continuò ad andare avanti per giorni e settimane e mesi, e poi stagioni e anni, e gli anni diventarono decadi e gli animaletti del sottobosco invecchiavano e poi morivano e il loro posto nella costruzione della grande torre veniva preso dai loro figli e poi dai figli dei figli, e le decadi divennero secoli e i secoli si accumularono fino a trasformarsi in millenni e la torre continuava a crescere e a crescere ancora arrivando a superare le montagne e poi a sfiorare le nuvole e infine superandole e gli animaletti del sottobosco continuarono a costruire la loro torre sempre più alta fino a giungere agli estremi confini dell’atmosfera e poi a superarli, su, sempre più su fino a quando, decine di migliaia di querce di altezza dopo, lo scoiattolo Zehn (pro pro pro pro ecc. nipote dello scoiattolo Funf) alzò la zampa e con la punta del dito toccò la Luna.

– Oh, è calda ed è frizzante al tatto…

– Zehn, siamo arrivati alla Luna, adesso? Abbiamo finito di costruire?

– Non lo so, Capo castoro, nessuno lo sa. Mio padre, anni fa, mi disse “figlio, costruisci la torre” e così a lui suo padre e il padre di suo padre di suo padre di suo padre… Fino al nostro antenato Funf…

– Ma quindi perché stiamo costruendo questa torre?

– Te l’ho detto, non lo so.

E guardò in basso, verso la Terra.

– … ne abbiamo fatta di strada…

E guardò in alto, verso le  stelle.

– … Ma c’è ancora tutto da scoprire.

E continuarono a costruire la torre, che giorno dopo giorno continua a crescere per raggiungere le stelle.