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"Ledi emotional day" è la rubrica del ledi diario di bordo in una giornata gheriglio. Dentro è scatola delle meraviglie, non sai mai cosa aspettarti ma qualcosa è sempre lì a tremare nell'ombra.

Ledi Emotional Day #10

di:

Mandatemi dei soldi e facciamola finita: USA for Italy senza Squallor. Ci diciamo la super potenza Altra, ma chi. Ma dove, mafyosetti? E’ un’Italia che ha deciso di spiccare volo come Colombo metropolitano verso una Libertà buffa. USA è escrescenza di mamma Italia che non ha mai superato la depressione post parto e continua a incipriarsi il naso e adornare il suo corpo di autolesioni che le garantiscono il mantenimento di un potere decadente e accecantemente bello. Tutto il suo corpo nudo è antico e limbico, tutti i suoi abiti sfavillanti hanno i buchi delle tarme e i gioielli a guardarli da vicino sono affidabile bigiotteria. Altro che stivale, Mediterraneo è una vasca da bagno tiepida e solleticante. E a stare in ammollo mentre fumi sigarette e bevi bollicine ti permette di muoverti immobile. E sei sempre stata lì: è solo corpo. E’ solo piccione viaggiatore che desidera illusione d’emancipazione.

Buongiorno a tutti, eccoci al mio decimo ledi emotional day e sempre più bene voglio a Pippo Baudo e Ciro Ippolito che a mamma e papà. Scrivo che è solstizio d’estate e l’ingresso del mio segno parrebbe essere trionfale, ma le sfaccettature sono come gli spaghetti, se suchi troppo veloce si dimenano tracciando l’aria in modo imprevedibile e portando schizzi non schivabili sul volto che non voleva sugo come avrà poi modo di apprendere la bocca, con sgomento, che al contrario ne desiderava ogni stilla. Mi sono addormentata con il mascara sulle ciglia come mai accade e, ancor più grave, senza lavare i denti (cosa che da quando sono in vita sarà accaduta quattro volte in tutto). Non sono assolutamente certa di quest’ultima azione mancata, fumare erba mi trascina in altre risacche cui mi arrendo e la memoria è minata, e la memoria è mai benvenuta e sempre bramata con struggimento. C’è poi quel discorsetto su un problema politico di centrale importanza: “a milano non si scopa più”. Che vuol dire? Da una parte c’è quel robiola femminismo (preferisco la robiola al certosino) che intralcia l’intelligenza in generale, dall’altra i telefonetti suca serotonina. Scopare è più una fatica, qualcosa di assolutamente non necessario e, dato che la libidine comunque si manifesta, può essere soddisfatta everywhere in the internet, non per forza nei siti porno o sulle piattaforme dedicate. Lo stato di sedanza comunque è altamente seduttivo ed efficace, io non mi porrei troppi problemi soprattutto perché effettivamente non me ne frega proprio, ma.

Ormai è tutto sociale, non ce ne usciamo, per cui essere indotti in tentazione ovvero esprimere opinioni a caso di cui non siamo nemmeno pienamente responsabili sulle vibrazioni delle “genti” è chiaramente un legittimo effetto collaterale che appartiene all’impalcatura eccetera.

E niente, questa mattina sono salita su in terrazza dopo il sentimento nuevo bebi e ho preso sole nuda mentre intervallavo arricriandomi con l’acqua del tubo, fredda. Poi ho messo “in ginocchio da te”, poi ho messo “amici mai” e poi “unisex” e Squallor a motore, senza trascurare La Tosse Grassa. Ho rischiato scivolone con capitombolone dovuto a pozzanghera di acqua di tubo, ma ho recuperato in finale ed eccomi ancora qui che non mi sono sfracellata la testa. C’è sempre un tramonto da qualche parte e un paperotto che lo guarda di sbieco, imbarazzato. C’è sempre un prato umido di rugiada da qualche parte e un’insalata russa che ci cade sopra rendendo impossibile credere a qualunque cosa, persino a Dio. Sapete, quello che arriva è già andato e quello che resta è come un pandoro dei natali passati. Ecco, piacere io sono Pandoro, ho una certa età, ma mi mantengo e forse è perché da cocainomane so come tenermi su e gonfiarmi a morte fino a occludere il respiro del cervello. Mangiatemi, sono soffice e p i e n a. Eccomi, sono qui, sotto lo strato della prima pelle porosa e carica di sebo c’è la morbidezza gialla. Cospargete di cocaina bianca il mio corpo, i pori sfondati la assorbiranno con l’aiuto del sebo fritto e il risultato sarà questo strato di polvere bagnata come ricottina e si tratta di grasso che cola, si tratta di lugubre lussuria e non c’è motivo per rinunciarvi. Non c’è.

Diceva una volta una amica del liceo del segno del Toro: chi non accetta non merita. E voi meritate di masticare questo corpo, questa droga, il corpo Pandora. Ingoiate Pandoro, prendetelo dentro, è come un avo saggio, preservato in un angolo della casa di famiglia. Pandoro contiene ciò che contiene la valigia di Pulp Fiction. Pandora, Pandora. E in quegli occhi dove io non posso più vedere l’amore, c’è l’altalena che mi contendo con lei, c’è quella nuvola serena che disgregandosi divampa in altre cose, ognuna più insignificante e sfuggente delle altre; imprendibile. E poi perché vorrei prenderla. Una. Di quelle. No, posso ancora non andarci e pensarci. Si consiglia una vita equilibrata, moderata, autentica e ricca di bellezza. E chi l’ha detto? A me pare che lo schifo sia l’unico obbligo individuale e collettivo. Nel tentare di amarvi e stimarvi io perdo ogni rispetto per la vita e per il tempo. Sarà sempre e comunque tempo perso e ogni filosofia personale o pervertita dall’interpretazione di passaggi fuori controllo non salverà né me, né il mio tempo perpetuamente perso e irrecuperabile. Ma non può che essere perduto, tutto quel tempo supposto. Tutto. Tutto tempo perso e sprecato e scrivo più veloce perché ho fame e voglio rialzarmi a prendere altre palline rosse, ciliegie, ma poi so che scriverei altre cose perché le fratture del mio io produrrebbero altri sbuffi dall’interno. Basta pure alzarsi da una sedia per un secondo a garantire rivoluzioni di pensiero.

Ecco, dicevo? Vorrei raccontarvi altre storie altri aneddoti, ma il muco e la tosse non aiutano, ricordano e sono ricordati. Ora ci penso io. “Nel sospetto dello specchio e delle false persecuzioni, ritengo che il potere che concedo agli altri sia solo un pezzo di sole che rimbalza da uno specchio dentro il mio iride”: lo scrivevo nel maggio del 2021 quando non sapevo dell’esistenza de “L’io diviso” di Laing. C’è una fine che è precisa e certe minchie non si rompono. E comunque Laura Palmer mi fa sempre piangere e ogni cosa è tutta stretta e fitta fitta a quell’altra. In quel maggio ignaro scrivevo anche altre cose tipo questa: “le brutte intenzioni e la maleducazione descrivono perfettamente il tipo di persona che sono. Non amo avere cose in sospeso che non dipendono dalla mia capacità di controllo e dalla mia volontà. Mantengo uno stato di agitazione finché tutto non si esaurisce in un modo o in un altro. Poi respiro, fino all’inghippo successivo. Nel frattempo lascio aperte e non finite mille cose e nessuna. La vita mi sfugge da tutti i buchi e rientra a velocità attraversandoli senza criterio né ordine apparente, come un bruco impazzito delle montagne russe al lunapark, ma sono più binari e più bruchi che si incrociano sfrecciando, evitando lo scontro. Ci sono mosche che ronzano sbattendo contro i vetri; adoro questo suono è l’estate è il fuoco che cammina con me, l’arsura che mi divorerà e che sento già sulla pelle. Ho voglia di fare cose molto cattive, ho sete, ho morire”. La scrittura che riporto non è estratta da diari segretucci, bensì da altre piattaforme ludiche di trascurabile divertimento. Non dimenticate comunque che qualsiasi passo io posi sulla tastiera mi si ritorcerà contro nella mia vita, sulla mia fragile e malvagia persona. Io sono una creatura che pratica un controllo vessatorio inarrestabile. Io sono ancora viva.

E se in un passato idealizzato e narrato da un immaginario che si evolve nella putrefazione io ti avessi chiesto di sposare la mia me presunta di un futuro che sarebbe in quest’oggi peggiorativo? L’altra sera ero seduta a un tavolo e un’anima antica, delle mie, di quelle che mi soffermo a frequentare, ad un certo punto ha detto a un’anima moderna che a noi si accompagnava: “la chiave della vita è un’altra“. Ti penso sempre più spesso e nell’assenza cui ci siamo sottomessi è accaduto un altro pieno e altri vuoti. Credo sia tempo di incontrarsi di nuovo come in quel presente che è stato e che ora può ancora essere. E potrà essere come è stato e se questo non è l’amore che ho sempre desiderato e mai conosciuto cos’altro posso aspettarmi? Non aspettare più. Quando troncavo ogni relazione e mi creavo altri contesti altrove, ancora non sapevo nulla di me e di Laing. Amore mio io devo sempre spostarmi e cambiare tutto e bruciare tutto per esistere ed essere me stessa. Nel conoscermi c’è solo distruzione e malattia e questo non potrà mai avere un rimedio perché è un fatto a dispetto di ogni libro e ogni teoria. Chiedi all’Omero della mia vita di narrarla e vedrai tutto e ogni volta che le tue palpebre sbatteranno, sarà come se mi abbracciassi in tutti i secoli delle mie fughe, dai piaceri e dai dolori. E non mi ucciderai, mi permetterai di esistere e mi aiuterai come hai sempre fatto, prendendo in cambio tutta la mia vita che è solo amore per te. Immaginiamo di non usare più il linguaggio e di avere quindi questa pagina elettrica solo bianca, senza parole e la mia bocca senza lingua. Immagina di essere sordo, immagina di non poter più sentire ciò che non dico continuamente, di non poter leggere ciò che non scrivo instancabilmente: saremmo tanta roba, tanta carne ammassante e tremolante in flessuosa elaborazione di movimenti inesistenti. Dei vortici neri emananti odori nauseabondi ed energie abbondanti, sufficienti a stare fermi. Stai zitto! Stai zitto! Non parlarmi più se pensi di sovvertire il regolamento senza minacciarmi apertamente. Stai zitto! Stai zitta, Giuditta!

E nella sabbia di una spiaggia, nelle pieghe di un terreno scosceso troverai niente. Osserva quei gattini che fanno lo scivolo, non girarti quando senti un bicchiere andare in frantumi lontano da te, non c’è. Provati i pigiami degli altri e non mettere i tappetini dei bagni nella lavatrice con le magliette e le lenzuola. Togli il crespo dei tuoi capelli passandoci sopra le mani leccate dalle lingue insalivate o l’acqua del rubinetto, sarà poi peggio. Applica tutto quello che ritieni determinante per l’umiliazione universale della vita di ogni persona e di ogni essere vivente. Disimpegna le tue viscere anche solo come slancio di speranza. D’altronde questa parola, speranza, ormai esiste, l’abbiamo inventata e sta lì, nel dizionario. Magari stesse solo lì, no, se ne va in giro a passeggio e a cazzeggio come se la gente.

Illustrazioni di Lydia Giordano.