"Ledi emotional day" è la rubrica del ledi diario di bordo in una giornata gheriglio. Dentro è scatola delle meraviglie, non sai mai cosa aspettarti ma qualcosa è sempre lì a tremare nell'ombra.
di: leda gheriglio
L’aria era ferma e pulita, tersa. C’erano due gatti: un maschio e una femmina, silenzio. Dovevo imminentemente defecare, perciò alla fine mi lascio convincere da lui e dall’inevitabilità fisiologica e mi arrampico sugli enormi cubi che arginano i flutti in prossimità dell’ingresso al porto. Mi accovaccio col culo sporto verso l’acqua buia del mare e sotto la luna lievemente offuscata da docili nubi con lui davanti a me, in piedi, mi apro. Il PLOF! in acqua è acusticamente perfetto. Mi pulisco come posso, mi alzo ma poi sento che devo fare pipì. Credo di averla trattenuta (di solito con la cacca esce sempre la pipì, se c’é) perché troppo concentrata a non cadere in mare e a tenermi in equilibrio e spingere per la conquista della liberazione intestinale; poveri pesci? Buon appetito. Non c’era tanto freddo quindi decidendo di farmi il bidet completo ci soffermiamo ancora un pò. Vita, cosa c’è di più soddisfacente di aprire il culo, fare la cacca, stendere il torso sul morbido cemento e lasciare che la luna illumini le mie gote posteriori e la sua lingua passi e spassi e ripassi sui miei buchi. E il suo naso, incastonato in mezzo a quelle gote lunari che il mio ano si bacia con le sue narici e non so cosa succede a quelle anatomie periferiche e perdute nell’ombra.
E niente, ora c’è l’idraulico a casa, scrivo mentre lui bestemmia perché dovrà fare per la terza volta i piani delle scale e io penso a quanto ho goduto come una vacca sotto la luna lupa, l’altra sera. Poi, pure la minchia bella grossa e dura sempre, ma dei ragazzetti ci hanno quasi raggiunto quindi alla fine ci siamo decisi alla pantomima adulta e perbene e ci siamo recati verso casa a proseguire. Ed è stata notte ricca perché dopo aver goduto tanto di lingua e di retro, ho ricevuto tre tornate di seme generoso. Purtroppo la prima è in gran parte finita all’interno dell’occhio sinistro perché mi trovavo sotto lo scroto e non avevo molto margine di movimento (per cui arrossamento, gonfiore, fitte di dolorino). E’ comunque una posizione meravigliosa di libidine perché adoro il suo culo sulla faccia e lappare come un treno regionale che viaggia per lunghe tratte e fa tante fermate tutte ravvicinate. E poi, inevitabilmente, dopo tanta goduria, minchia in bocca a sfondamento con effetto collaterale finale.
Sto scrivendo con addosso i vestiti di ieri sera. Ieri sera vestito lungo verde senza mutande e con le calze aperte, in questo modo non rischio di dimenticarmi di eccitarmi nemmeno per mezzo minuto. Adesso mi cambio, ma resto tutto il fine settimana senza mutande, voglio stare in calore e per riscaldare un corpo bisogna fornirgli energia e io so come darmi energia. Quando scrivo in questo stato è difficile poter pensare di parlare d’altro. Ieri parlavo con un amico dell’ovulazione di un gufo femmina e mi sono eccitata da morire, o meglio, ulteriormente. Adoro sentirmi solo animale in calore, senza altro a cui dover dedicare la mia forza. Forse è meglio fare una pausa e masturbarmi prima di continuare a scrivere, perché altrimenti vi ritrovate un ledi emotional in vesti di pippone sessuale ansimante. Anche meno. Vado e torno.
Foto di Guarrera
E di mezzo invece c’é stato un terremoto (ancora), dentro e fuori da me. Discendendo sui sentieri, trovo un bunker sul promontorio. Abbiamo dormito nell’antica tonnara di Castellammare e il mare ha cullato il mio sonno doloroso e addolorato. Mi sono calmata soltanto con la lettura di foglietti illustrativi di aspirina e non so cos’altro. Ricordo pure che mi diceva che le tonnare sono finite in rovina perché ad un certo punto i tonni, negli anni 50, hanno cambiato rotta e sbam, fottetevi, bastardi gnegnegne. Vabbè, niente che non si riesca poi, successivamente a risolvere con altre tecnologie a beneficio di altre fortunate persone del business. Tanto mare, tanto blu, mi sono messa nuda sopra il tetto del bunker in rovina (dentro il bunker è difficile fare air b&b, nella tonnara più facile) per aiutarmi sempre impacciata e patetica a recuperare umori buoni perduti nelle discese verso gli inferi di spazi che non conosco.
Un’altra cosa che mi diceva mentre provavo a dormire, disperatamente, per sparire dalla vita, almeno per alcune ore, è che secondo Einstein il tempo è una questione di spazio. Mi ero anche fatta una canna per cui ho lasciato che questa frase si espandesse dentro di me, nei meandri più improbabili, per tentare di alleviarmi qualsiasi dolore. Ogni cosa che mi tocca mi fa male, male sempre più forte. Non lo capisco questo male che sento, non lo capisco. Lo conosco, ma ogni volta che mi assale sono sempre impotente. Una questione di spazio, per cui, allora, e per una volta vi dirò qualcosa di me in modo esplicito, il fatto che io abbia trovato un buco solo per me mi consentirà di mutare il tempo. Se il tempo è una questione di spazio allora adesso che mi trovo in un altro spazio il tempo cambierà. Ne avrò di più o di meno? Sarà stereo o mono? Di certo questa casina non è molto luminosa e ha tanti problemi, ma c’è un letto e ho ancora il mappamondo così posso viaggiare.
Foto di Federico Giuffrida
Qui intorno, nelle viuzze di questo quartiere del centro storico non ancora gentrificato, ci sono molti felini. C’é pure una scritta sul muro, la vedo dal balconcino: “Sghigno libero”. Che sia la giusta occasione per sghignare di tutto ciò che mi ha ferito e schiacciato o solo un modo per ricordarmi che nella vita meglio trovarsi dalla parte dei cortigiani del Rigoletto che stare nei panni di quei protagonisti. Non amo la ribellione, eppure. Insoliti movimenti, di persone storpie. Lei mi dice che è innamorata di me. L’altra lei mi dice che si sente in colpa perché ha approfittato del fatto che io mi prodigo per gli altri: “tutto questo bene che ci dai, etcetera”. Solo un’altra notte ancora, ancora un’altra. Troppe persone in giostra e nessuno che fa il bruco con me. Nel frattempo, mentre io costruisco sui pezzi rotti e sulle cose che non ricordo, lui lavora, lontano e sta crescendo Cuni, il piccolo gattino nero viaggiatore di prima classe con cuccetta esclusiva free drugs. Il suo occhio, non sogno più niente ma qualcuno mi sogna ed é un’altra lei che mi parla di questo serpente grande bianco dentro la mia vasca, nella casa che ho lasciato. Il serpente ci guarda, siamo entrambe tranquille.
Mi invento dipendenze nuove e non reali, ma sono dipendenze a cui sono devota. Sono stata in piedi per molte, molte ore. Cammino, cammino, mi muovo e tutto mi pare dispersione. Vorrei stare ferma e di tanto in tanto assumere una posizione radicalmente dinamica. Ma perdio, voglio stare ferma. Adoro infatti dormire. Amo il letto anche quando il mio cervello schizza follemente e non mi lascia dormire. Il corpo però, è orizzontale. Sollievo, gaudio. Mi sento calda nonostante l’Igloo, qui, intorno a me. Poi vorrei accarezzare il pane gonfio e passare i miei palmi sulla pelliccia finta di una delle lei, loro, le mie colonne amate e trascurate, parti sensibili di movimenti estrinsechi e intrinsechi. E ancora, viaggiare veloci per acquistare camicie. Torniamo alle rotte dei tonni, quando negli anni 50 cambiarono il destino della propria mattanza:
Potrebbero saltare teste, ma peggio e meglio di così non immagino ancora niente. Vorrei che l’inverno scivolasse via più rapido, danzando sulle punte e sferzando le sue coltellate senza batter ciglio. Il ledi emotional dovrebbe essere quotidiano, perché in un mese cambia qualsiasi cosa e al tempo stesso resta tutto uguale. E’ una sorta di allucinazione regressiva sopra uno stallone che galoppa beandomi di precipitarmi in avanti. Di fatto, l’unico disagio, è che non ho mai tempo per me, eppure sempre con me e in me sono, dannazione. Ho comunque messo in frigo i kinder fetta al latte, per preservare piastrelle, cavi, fornelli, tubature della mia piccola me.
Foto di Federico Giuffrida
Vorrei chiudere questo ledi emotional tornando in cima, alla cacca. Perché dovete sapere che stavolta ho scritto a scatti, nei giorni, non tutto d’un fiato. Credo che possiate pure notare ogni volta che stacco e poi riattacco, ma poco importa. Dicevo. L’altro ieri ho avuto un’esplosione di diarrea improvvisa e insolita. Il mio colon (so di averne uno dall’agosto 2023), non è più spavaldo da quest’estate. Fine della storia. Ero a chiappe strette per strada, in preda a fitte atroci nonostante avessi già fatto la mia porca figura nel bagno di un ristorante, ma sono riuscita ad arrivare a casa senza danni. Avevo i collant, senza mutande, con sopra i jeans. Sarebbe stato un bel Sacher minestrone, ma non è accaduto. Le scure e dirompenti cascate sono state espulse nell’apposito contenitore di ceramica dipinta di bianco. Non voglio più il mondo che ho intorno. E più insisto, più arrivano i mattoni sulla testa e i pozzi sotto i piedi. La luce é spenta, non c’è ancora la lampadina, così ho il mio mappamondo e le candele, accese. “[…] niuna cosa si predica di Dio univocamente, eccetto l’essere. […] O sarà egli vero che l’esistenza di Dio non si conosca coll’idea di esistenza, colla quale conosciamo l’esistenza delle cose? Se non conoscessimo l’esistenza di Dio coll’idea dell’esistenza, in qual modo lo potremmo conoscere? O non è egli evidentemente assurdo il dire, che senza l’idea di esistenza conosciamo l’esistenza di Dio? Se dunque è per lo contrario manifesto che conosciamo l’esistenza di Dio colla idea di esistenza, coll’idea di esistenza conosciamo pure l’esistenza delle creature; non è egli vero che predichiamo l’esistenza dell’uno e delle altre mediante una identica idea? “.
Altro giorno, aperto pagina a caso, a casa. La questione però non è con Dio, bensì con la cucina. Vorrei vedermi cucinare, per me. E fosse vittimismo, non credo lo sia. Non riesco, ma devo decidere io che posso e voglio cucinare. Dice che sono malata di mente, malata psichiatrica non diagnosticata e che devo farmi curare. Dice che provoco sofferenza agli altri (Andrea, Claudia e Leo, questi i nomi fin’ora). Dice che ho le allucinazioni, dice che devo smetterla di rompere i coglioni, dice che devo smetterla di inventarmi le cose, dice che devo smettere di provocare, manipolare, aggredire. Dice tante cose. Dice che il passato non esiste più, ma continua a ripetere che è da anni che rompo i coglioni e che non cambierò mai (quindi anche un futuro che non esiste, a quanto pare, pare che esista). Bla, bla, bla. Ho preso un treno, cuccetta posto letto.