...

"Ledi emotional day" è la rubrica del ledi diario di bordo in una giornata gheriglio. Dentro è scatola delle meraviglie, non sai mai cosa aspettarti ma qualcosa è sempre lì a tremare nell'ombra.

Ledi Emotional Day #17

di:

Suoni troppo familiari si ripetono con puntuale fastidio. Sabato scorso ospedale, 12 ore trascorse attraversando l’intera notte. Tre prelievi del sangue mentre pensavo che detesto quando infermieri e medici dicono “accesso venoso”. Ho visto finalmente The Lobster, mancava solo quello all’appello, del regista. Anche che palle, ma ok. Specchio riflesso, suca. Vedo un gatto sul tetto solo che riposa. Ci sono tre gatti che passeggiano sullo stesso tetto, il giorno dopo. Che macello essere star negli anni 20 a Hollywood. Sto aspettando l’arrivo del materasso e nel frattempo; l’amicizia. Questa mattina antibiotico, cortisone e yogurt alla pera; due cacche, una solida e una quasi liquida. Eccezione, caffè, pochissimo perché non ne bevo praticamente più. La voce che pigola è come un cacciavite in un occhio. Il libro con i disegni di Sergej Michajlovic Eisenstein non si può prendere con il buono carta docente, quello con i disegni di Daniel Johnston si. Vorrei morire ora. Falsi e impostori, falsi e usurpatori mi tentate e grande è il mio desiderio di fraintendervi e mistificarvi.

Foto di Anastasia Shik    

Dimenticare tutto, tornare indietro mai. La consistenza del corpo e le ciotole del dovere. Camminare e sorprendere un giovane scarafaggio correre precipitosamente lungo la porta non appena la luce, accesa. Elettricità, poca carne nelle tasche e prurito in mezzo alle dita. Cerca sotto le unghie l’ashish grattato via nelle giornate e accumulato e riposato. Le stesse mutande con albume pietrificato e lucido per camminare salda. Caricare nel sito la malattia portata dall’ospite indesiderato che non si è mai presentato. Smettila di saccheggiarmi, smettila. Adesso non voglio più dare. Tutto era esposto, disponibile e non hai preso che le cose che ti servivano, lasciando tutto. Adesso come iena ancora ti avventuri a prendere tutto quello che puoi per riciclarlo in altri affetti utili, travestendoti con i miei vestiti. Scopro che non sono cattiva come credevo. Scopro di avere dei limiti e di mollare. Lo sapevo già, io. Salire su una barca che sta per lasciare il molo. Osservare non più di troppo. Ascoltare, tutto senza filtri, inevitabilmente. Ingoiare alimenti e aria e angoscia cose che, schifo. Sentire ultimi peli neri sul corpo. Riflettere su cose, a caso. Scoprire sapendolo già che ogni cosa è inutile. Desiderare che muoia. Desiderare un cazzo nel culo, a caso, non più il suo, basta. Falso. Sentirsi soffocare, ma quando si sposta il corpo in un altro spazio il tempo del soffocamento non esiste più. Cogliere le sfumature e ignorarle. Rifiutare categoricamente ogni forma di violazione delle regole di cui sempre sopra. Supplizi in forma di carboidrato ma anche proteine e fibre. Succubi sempre in forma di zuccheri, grassi e vitamine. Vociare a caso, nell’inferno dell’inferno. Fottersi da sole, fottersi per caso. Trovare il senso di ogni cosa nella banalità. Accendere un fuoco e buttarci dentro chi sa che deve starci dentro. Aspirare al sonno caldo delle flatulenze condivise. Fuggire dalla casa, disperdersi. Il telefono squilla e si risponde. Ho aspettato che crescesse di più per evitare che si incarnisse.

Foto di Erica Muller

Sentirsi puledra o sentirsi scrofa o passerotto con colla invischiata sulle ali per imprevisto trappola. Arbuckle e Rappe, una storia molto interessante e moderna, appropriata ai nostri giorni e perfettamente strumentalizzabile. Chissà che dolore lo squarciarsi della vescica. Ti sento, bellissima statua sommersa e non mi sono mai sentita impacciata nemmeno una notte di molti anni fa su una spiaggia con un ragazzo e io ero ancora vergine. Ero molto più interessata a sentire tutto quel bagnato sulle mutandine che ho solo tastato una volta a casa sola nel letto, ma non per godere: constatazioni da laboratorio e buonanotte luna che eri piena e buonanotte S.Lorenzo dove il tempo era gigantesco e mio. Il colore dei broccoli è delizioso e il limone sopra ci sta con gli esercizi al pianoforte.

Sei perfetto e dormi come dormono i bambini. Non sono semplice, complico. Non c’è compatibilità, ma c’è interesse e c’è partecipazione. Ti ci vedo in quel film, sembri uno dei personaggi, forse sembri il protagonista. Ma il cazzo te lo senti? Cioè, quando senti, ti tira? Definisci la parola tristezza e definisci la parola corsa. Sarebbe bello se qualcuna facesse un workshop di scultura sul tuo cazzo, credo saresti perfettamente allineato con la tua idea di felicità e di orgoglio. Inizio a sentire la puzza del tuo alito più della tua mancanza. Vivila così, così come vuoi raccontartela. La notte per me resta tutta da ballare e mi piace ancora scopare. Sofferenza tagliente, attesa, trasformazione. Libellule corazzate come aitanti carriarmati in scarpette da ballerina. Un sorso d’acqua, l’acqua contiene esiguità. Voci e parlare e gridare. Tutto è fuori posto, ma c’è bisogno di capri espiatori e di altre stronzate. Sempre.

Vale sempre la pene rovinare tutto. Sembra spreco, ma distruggere è la regola della vita. E poi, dopo il fuoco, tutto sboccia con più ardore e forza. Questo io desidero, tanto poi la morte. E oggi, stasera, questa cenetta con polpette in brodo e ieri il pesce crudo, noi tre, nella bruttezza del manifestarsi infelici e vivi, negli spasmi dell’affetto insopprimibile che forgia tutto, che mi consente adesso di essere potente.

Mi hanno detto che devo concentrarmi sui disegni dato che la scrittura è mediocre. Mi hanno detto che devo mangiare molte fragole e che io sono mora, scura. Voglio il tuo cazzo e la consistenza della tua pelle e sto soffrendo per Mary Astor, ma qui nessuna fiamma potrà lambire le mie parole scritte. Penso che dovrei travestirmi. Lui dice che mangia solo gli scarti o quello che capita quando può, ma lo vedo ordinare piatti proprio sfiziosi e insegna teologia economica. E l’altro dice che bisogna spegnere la mente e i suoi pensieri vorticosi da mangiamento della testa e sentire solo il corpo e tutte le sorprendenti sensazioni che può donarti se solo non pensassimo mentre esperiamo la vita attraverso il corpo. Perché tutto questo stress per evitare lo stress? Vivere è intrinsecamente stressante, non è consentita la quiete. Quella è parte del flusso di quella cosa che chiamiamo stress. Come potremmo avvertirlo se non arrivasse, a ondate, la quiete?

Foto di Libera Mariotti

Un altro dice che fa bene masturbarsi o avere rapporti sessuali ogni due settimane di stasi. Dice che serve alla forza da impiegare in altre cose della vita. Quante cose si dispensano e tutte sono diventate inutili al mio vizio di scrivere. Non mi ispirate più, persone. C’è un insopportabile muro che si innalza con straziante intolleranza e accondiscendenza e desideri insulsi. Mancano gli specchi, si impone una forma anatomica che non soddisfa e da qui in avanti solo ruota per criceti. Non ho mai provato l’eroina, ma è come se fosse. In questo momento, in metafora, io sono una tossicodipendente e quando finirà la rota e tutti i processi di disintossicazione io tra i due mali sceglierò quello che non conosco. E adesso, per spezzare, una tuta gold direttamente dal passato saltellante. Quello che mi permette di andare avanti: nutrimento per il dentro.

“Le specie che si danno per istinto un’organizzazione sociale sono meno intelligenti di quelle i cui animali possono vivere da soli. Un’ape muore quando non può tornare all’alveare; se un gruppo di castori viene disperso, questi animaletti dimenticano l’arte di costruire e si accontentano di tane grossolane. In società organizzate di questo tipo, non c’è l’individuo, non si dice mai IO” (George Sand, Il crepuscolo delle fate, 1864). Ho chiesto a Christian Nanti, mio compagno epistolare e di affinità variopinte e severe, di rapprensentarci in questo ledi emotional. Nella smodata e vanesia e patetica ricerca delle immagini (ogni pezzo ne può contenere 5, noi per sintesi eravamo giunti a 26, pensate che dolore), lui ha aggiunto, scrivendomi: “Ho pensato di proporti una carrellata di ritratti che non hanno necessariamente un nesso univoco e puntuale rispetto al tuo scritto se non per allusioni in alcuni tratti figurativi”. 

Così la manopola per la rigenerazione della macchina del caffè serve ad addolcire una vita amara fatta di gatti che si arrampicano, di sguardi truci, di rappresentazioni bizzarre dell’arte della posa. Mettersi in posa è ridicolo. Allora va fatto con la massima cura e serietà possibile per rendersi ancora più che ridicoli, per depotenziare l’illusione che vi possa essere qualcosa di scusabile. Nel travestimento c’è questa bizzarra forma di paradosso, si demolisce una consuetudine per creare un’ipotesi di rinascita. E che sia una rinascita falsa lo si percepisce da quel senso di lascivo esibizionismo da puttana, che si arrampica sui muri pur di mostrare mezzo pube sotto le calze a rete, rotte.

Foto di Christian Nanti

Ci si ritrova soli con la propria proiezione d’affetto, sia essa un gatto o una bambola nel letto.” In questo risiede l’intimità che lega queste due nostre menti che non cessano, dopo anni, di dialogare su autostrade a scorrimento veloce, inarrestabili. “[…] ma egli prova il desiderio di una felicità diversa da quella che gli viene dalla conservazione del suo corpo: è questa la ragione per cui egli cerca il contatto coi suoi simili, per avere da loro il cibo dell’anima e il bisogno che egli ha degli altri è ancora una forma della sua libertà” (Sempre Sand, sempre le fate).