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"Ledi emotional day" è la rubrica del ledi diario di bordo in una giornata gheriglio. Dentro è scatola delle meraviglie, non sai mai cosa aspettarti ma qualcosa è sempre lì a tremare nell'ombra.

Ledi Emotional Day #2

di:

Questa volta non racconterò qualcosa che mi riguarda direttamente; ho necessità di schermarmi perché molto vulnerabile in questo presente presente. Vi racconterò di Giustirina, una donnetta squallida che ho incontrato in un bar una sera e che mi ha ostruito per qualche minuto il cuore, in senso figurato. Giustirina si è inventata questo nome per parlarmi, credo. E lei ha pure inventato di essere una persona importante e con tanti soldi. Mentiva come una bambina abbandonata e invidiosa. Si sentiva impacciata ma non potevo fare a meno di notare che avesse un certo ostinato orgoglio nello svelamento di sé all’altro. Una greve dimestichezza in questo suo fare mi ha spaventato, ma al tempo stesso avvicinato. Insomma alla fine ho deciso di lasciarla parlare con passione dell’uomo che ha tanto amato.

E così, riporto ciò che Giustirina mi ha blaterato con trasporto per il tempo che le ho concesso: “Leda. Avevo due prozie che portavano il tuo nome e venivano da Partanna. Si, due zie. Chissà per quale ragione decisero di chiamarle con lo stesso nome. Il trucco all’anagrafe fu di mettere a una il nome di Vera, Leda e all’altra Leda, Vera. Poi, di fatto, le chiamarono sempre con il medesimo nome. Vai a capirne il perché. Tant’è. Leda, mi auguro che tu non abbia che te sola al mondo. Non illuderti mai di non esserlo e diffida degli uomini che mentono. Come fai a sapere che mentono? Lo saprai e non avrai dubbi né bisogno delle famigerate prove. Prove di cosa? La vita parla da sola e non ha bisogno d’altro. Stavo con un uomo e non sapevo che ciò che riceve e ciò che sente l’uomo sono due cose totalmente distinte. Ti sto parlando di percezione acustica, Leda. Devi sapere che se una donna rientra nella selezione acustica dell’uomo che desidera, non c’è altro che possa restituirle quell’interesse, quella passione, quell’amore che le scioglie l’anima (sull’argomento suggerisco la lettura di La notte uterina di Alfred Tomatis). La proprietà dell’orecchio non è sentire, ma sapere cosa sentire. Il fenomeno sensoriale soggettivo che viene determinato da ciò che la donna produce in termini di processo sonoro considerato nelle sue caratteristiche fisiche è una trasformazione matematica frutto delle preferenze sonore dell’apparato uditivo. L’orecchio interviene nella vita secondo criteri propri e modella le informazioni introdotte in funzione delle sue resistenze e preferenze. Quell’uomo isolava e percepiva qualsiasi altro sciocco suono che non arrivasse da me. Io non sono mai stata nelle frequenze di preferenza del suo orecchio, nemmeno quando piangevo o gridavo o sussurravo. È come non esistere. O almeno, questo era quello che provavo. Non avevo capito che rappresentavo una presenza scontata e di comodo, fastidiosa se mossa da improvvise iniziative sovversive rispetto al suo ordine delle cose e alla sua urgenza delle priorità. Mi era concesso 1 se facevo la brava e tolto 100 se davo segni di richiesta di energie al di sopra dello sbattimento di palpebra. Sono stata in affanno e con una compulsione forsennata per la compiacenza. E più davo più mi protendevo e più venivo respinta. E diventavo sempre più brutta e triste, frustrata e colma di livore. Tutto sembrava avere più importanza di me al di fuori di me. Leda, la vita è semplice e lo scorgi nei dettagli. Se per farti sentire da un uomo hai bisogno di ripeterti o di alzare la voce, vai via. Se resti, ogni tipo di bassezza arriverà da te verso di te e da lui verso di te. Conoscerai la miseria nera e inutile e non potrai chiedere aiuto a nessuno. La tua intelligenza non ti servirà, anzi, sarà un’arma letale che lui ti torcerà contro. E ogni tua protesta sarà vana”. Giustirina non si è fermata.

È andata avanti ancora un pò, ma io già mi ero disinteressata al suo dramma. E non è stato l’alcool, è stato un giochino d’orecchio. Improvvisamente il mio apparato acustico ha virato verso altre produzioni matematiche di mistificazione dell’informazione ricevuta. Sono abbastanza sicura che non vedrò più Giustirina e se dovessimo incontrarci lei per prima non mi riconoscerebbe al bancone del bar. Scegliere di restare in una condizione di svantaggio dalla posizione cronica di vittima non è mai la scelta giusta nel mondo autodeterminante in cui abbiamo deciso di imbarcarci, tutti insieme mentre consumiamo l’ennesimo aperitivo di merda.