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Livori quotidiani, quelli classici. Solo che dalla routine quotidiana noi ne parliamo in termini social-musicali. Si, tutti fenomeni di costume più o meno italici ma soprattutto tratti dai usi e costumi dei social che provocano allergie, fastidi, singulti, movimenti peristaltici, etc. Ma si parla anche di tutte quelle musiche che fatichiamo ad accettare o non abbiamo più l’età per ritenere speciali: una scena che scena non è mai stata da qualche parte remota o nella città in cui si fatica a vivere. Figurati quella indipendente, che è tipo il mainstream ma con meno zeri nei cachet!
Riflessioni poco ponderate (si, il controsenso certo, ovvio), scritte a raffica durante insonnie da weekend, farmaci per il reflusso/gastrite inerenti il mondo della musica italico, i (mal)costumi dei social che sembrano l’avanspettacolo da tv locale di tanti anni fa.
Mi correggo: il cabaret è meglio di questa farsa imprenditoriale moderna, che va bene eh, ma vi state portando i coglioni con le pari opportunità che vogliono i poppettari (o polpettari secondo la terminologia catanese)dal basso che vogliono essere manipolati, ma compiacendosi.
Vabbè, ne leggete uno al mese dei LIVORI QUOTIDIANI.
Se non gradite questa rubrica all’interno di questa - suppongo - rispettabile webzine, lamentatevi con il caporedattore.
Questa è un’opera di fantasia. Nomi, personaggi, istituzioni, luoghi ed episodi sono frutto dell’immaginazione dell’autore e non sono da considerarsi reali. Qualsiasi somiglianza con fatti, scenari, organizzazioni o persone, viventi o defunte, veri o immaginari, è del tutto casuale.

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Livore di Settembre #21

di:

Fine estate: considerazioni livoristiche standard.

Confusione, libertà, sole, file, sudore, profumi, puzze, auto e code.

L’estate, cioè agosto, cioè le ferie. 

Birre ovviamente, e se sono troppe c’è sempre il Buscopan.

La raccolta differenziata di campagna, che è complicata, mi ha complicato la vita durante le pseudo ferie.

Riserve naturali e una cosa che prolifera e impazza: i Festival.

Basta, sono troppi. Cosa succede quando una cosa abbonda: ti passa la voglia.

Casa o cortile, troppe cose da fare, progetti arretrati, concerti da organizzare, un disco da finire, quella voglia di usare il tempo a disposizione per chiudere tutte le cose lasciate in sospeso.

Il tempo. Il tempo per pensare. Quel tempo che arriva puntuale e che ti permette di trarre bilanci, che non sono come quelli di fine anno, hai più tempo, ci sono meno feste di mezzo, meno occasioni, ci sono i pomeriggi assolati in cui non vai al mare in cui tutta quella voglia di fare si infrange col piacere di non fare una benemerita minchia ma che, ahimè, ti fregano perchè pensi. Cosa hai fatto, a cosa farai, a chi c’era e che adesso non c’è più.

Nuove prospettive, che poi sono sempre le stesse, riempire di qualcosa la vita invece che farla finita con qualcuno o qualcosa.

Osservare quello che succede attorno, cercare di interpretare, poi un bicchiere di troppo, la musica non allegra che non va nei dj set, sparire, scappare, tornare, cercare conforto.

Cioè ogni tanto si. Una volta per stagione, magari per qualche convergenza astrale che coinvolge un evento epocale ovvero il capodanno, un addio al celibato e qualcos’altro insieme.

Che poi è la stessa dinamica, con le dovute differenze di forma ma non di sostanza, di chi vive per lavorare e basta. Si innamorano della vicina di scrivania, ci provano con la collega dell’altro ufficio, fanno il trenino alla serata aziendale, insomma son vanesio e voglio primeggiare nel mio recinto.

Strutture. Sempre le stesse.

Catania, quartiere residenziale esterno giorno, sento urlare da un balcone, i finestrini aperti al terzo piano di una palazzina di metà ‘900, una voce grida qualcosa su del cibo riscaldato offerto come pasto, l’altra grida che il cibo se lo può mettere dove lei sa e che non gli interessa, che non ha fame.

Erano le tredici e avevo mangiato un mesto panino imbottito; io avrei barattato volentieri un po’ di pasta fritta per un panino del piffero, o meglio non avrei mai rifiutato del cibo gridando.

  • Ti ringrazio ma non ho appetito, magari più tardi.
  • Ti ringrazio ma ho appena mangiato.
  • Ti ringrazio lo assaggio appena che ho un po’ di gastrite.

Insomma un modo migliore lo si trova sempre.

Il modo ce lo dimentichiamo sempre, spesso anche chi come me lo ricorda sempre al prossimo.

Nessuno è veramente interessato all’altro – o più in generale al prossimo – a meno che non sia una questione di innamoramento potentissima o magari deve fregarti dei soldi.

Siamo sostituibili. “Siamo attrezzi dotati di parola” o giù di lì cantava un amico.

Tutto ciò lo scrivo a random in diverse notti d’agosto, tra ferie, rotture di cazzo, lavoro e tempo che non basta.

Devo finire un album, ma non ho tempo.

Devo finire un brano remix per un amico, ma non ho tempo.

Dovrei completare delle playlist ma preferisco guardare Ashoka che è appena uscito, ah no non lo posso vedere perchè non ho tempo. Lo dico subito: come è rappresentata Hera rispetto alla sua versione in cgi in Rebels, beh, non so se è l’attrice o la caratterizzazione ma mi fa cagare a spruzzo. Il fandom ovviamente spara cazzate ma ho imparato ad ignorare i fandom.

Così come i Verdena, non capisco chi li apprezza, qualche problema dovranno pur averlo, perchè gli ascoltatori medi non sanno riconoscere un suono di merda da uno decente, altrimenti come faresti ad ascoltarli?

Ho visto i Baustelle, ottimi ma da fonico avrei corretto qualcosa, per carità non sto parlando male dei colleghi, avere altri gusti (nel mio caso un po’ più sprint) non è critica è solo una opinione, mica si sta sentenziando al massimo si sta giudicando (che come ho detto in altri livori non vuol dire sentenziare ma esprimere un’opinione).

Alza il volume che tutto ci piace di più (se mi leggessero i colleghi mi ucciderebbero).

Nessuno parla bene. Nessuno.

Ha ragione Moretti, quello stronzo ha sempre ragione.

Chi parla male pensa male e vive male.

Non c’è altra possibilità.

Ah, mi hanno rotto il cazzo i maschi che si tingono le unghie.

Ah, ho chiesto al mio barbiere un taglio alla Peaky Blinders, per fortuna non mi ha ascoltato fino in fondo.

Ah, odio le oche giulive che poi condannano la qualsiasi su facebook ma non esprimono mai un’opinione su quanto sia esecrabile il giro delle casalinghe napoletane su tik tok che ti spiegano come si pulisce ogni cosa.

Utilissime per me eh, un po’ meno per la visione del ruolo della casalinga. Magari di Voghera. Che non si può dire più perché è sessista, ma ‘sti cazzi.

Chiedo di fare il casalingo, nessuno me lo vuole far fare, comunque sono un uomo e ci si aspetta che faccia determinate cose anche se sui social la retorica è contraria. Non lo capisco e non reagisco e poi, ah, mi è venuta in mente una frase a difesa del finto patriarcato sotto borghese in cui vengo spesso collocato erroneamente visto che mi pare un po’ bizzarro che un socialista sia per qualsiasi tipo di “-arcato”, io non sono interessato al matriarcato né al patriarcato né nell’esarcato né a quella PRC MDN di puttanata che condividete quotidianamente e sfrontatamente sui social. Siete scemi. Si, lo so che lo siete, è che spero che ci siate di meno.

Ah, mi è apparsa in mente una frase del piffero ascoltata tempo fa:

Ma dato che sei adulta ed economicamente indipendente me lo spieghi perchè ogni qual volta si debba pagare un conto al tavolo ti aspetti che lo faccia io?

E ancora:

Ma perché quando si è trattato di pagare la birra a un tuo amico hai detto che tu la pagavi a lui e io mi pagavo la mia e alla fine è finita che ho pagato io per tutti?

Ve lo dico io: IL MONDO È PIENO DI STRONZI IDIOTI E STRONZE IDIOTE.

(Non uso nè asterischi nè schwa bensì utilizzo l’italiano e scrivo una frase in più dato che il plurale maschile vi sta sul cazzo e dato che la rivoluzione non la STATE SAPENDO FARE MANCO COL LINGUAGGIO VISTO CHE CI FATE INNERVOSIRE UN PO’ A TUTTI CON STE PUTTANATE).

AH, LA SECONDA STAGIONE DI ZEROCALCARE E’ BUONA.

Forse ha (ri)capito come funziona la narrativa di una serie tv, meno buonismi, più drammi e punti di svolta verso la risoluzione del dramma del protagonista.

Io comunque non mi sono mai fidato degli straight edge. Che cazzo.

Ho sonno ma scrivo.

  • Peppe, ma non ti sei accorto che sto piatto è liscio? È senza sale perchè non dici niente?
  • Perchè hai cucinato tu e non mi va di fare osservazioni, mangio quello che hai preparato e amen, certo se tu avessi fatto delle osservazioni politiche a volte sconfinanti in pensieri di destra mentre ti dichiari di sinistra non sarei stato zitto.
  • Si ok, ma lo vuoi il sale?
  • Beh, si.
  • Non ci fa nulla a dire che qualcosa manca di sale e lo puoi chiedere, una persona normale non si offenderebbe. 
  • Esistono persone normali? Beh, era sciapa ma comunque si poteva mangiare.

Mi è passata pure la voglia di parlare tanto non ci capiremo mai.

L’Italia, la morte, il 50enne che diventa emo, gli amici che non riesco a raggiungere perché sono con altri amici, quelle che si fidanzano coi complottisti di destra mentre postano foto del culo che fu, il festival degli sfigati, il mettere musica col caldo che fa, la sveglia alle 07.30 a.m., l’artista locale raccomandato che suona sempre in città e che si lamenta se non lo fa.

Stanno male, stanno tutti male.

Quella che scrive e poi cancella le chat, che ti insulta perché non le dai importanza, che crede che con un atteggiamento arrogante qualcuno si possa accorgere di lei.

No, no, no. Mi dovete mollare.

Mi fa cagare la spiaggia di sabbia lì a sud, coi cocktail, il gin non mi piace bevo birra, vino e vodka.

Poi becco la tipa che prima era carina ma ora è ‘na cessa, mi racconta di sé, che oramai forse non se la fila più nessuno, che io ero il rocker stronzo dieci anni fa e sono solo uno stronzo qualunque ora. Un vecchio weirdo con un home studio e ‘na sala prove sgangherata.

La riunione di The clerks tra poco più di 24 ore, questo si che mi intriga.

Devo finire circa tre progetti musicali in cantiere, ma preferisco non fare nulla quando sono stanco.

Gli psicologi sono dei ladri, meglio andare da un consulente finanziario, amico.

Ma poi come faccio a conciliare l’animo gentile dell’ accettare qualsiasi pasto offerto (rifiutare il cibo è da maleducati top level ve l’ho ribadito in questo livore) e l’idea che fare saltare il parlamento italiano in seduta plenaria coi fasci sia l’idea migliore. 

Bravo Zerocalcare, i fasci sono fasci di merda e lo saranno sempre.

Sono da denuncia? Non sarebbe da denunciare l’immoralità e l’ignoranza e la malafede dei miei simili? Merde, vi metterei cari italiani idioti tutti sullo stesso barcone ma non vi farei mai raggiungere la costa di un paese, vi affonderei prima.

Liberaci dal male, padre, liberaci dal tuo prodotto.

Maschio bianco, cis, presupposto etero.

Ma perché ogni sfera sessuale va etichettata? Ma che specchio vuol dire CIS, non mi interessa. Basta con l’AppleCare ‘ste categorie merceologiche a qualsiasi sfera umana PRC MDN il capitalismo è merda lo volete capire?

Ah no, andate al rave, certo evadete il fisco comprando dallo spacciatore residui di farmaci tagliati con sostanze già di per sè allungate.

La droga buona non basta mai.

Dormo, più tardi correggo e poi continuo. O forse no.

Update: l’exploit di Morgan a Selinunte mi ha fatto piegare dalle risate, che poi sbaglia i modi ma ha anche lui un po’ di ragione.

E “Fro**i di merda” non si può dire sul palco ma è, e rimane, un insulto classico. Come questa rubrica PRCMDN.

Ah, mi hanno rotto il cazzo i frustrati che si girano male, soprattutto quelli dei giri di polpetta artistica: carusi l’educazione, i modi, siete veramente volgari a volte.

Crepate come l’estate che sta finendo finalmente.

Immagine di copertina di Mirko Iannicelli.