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Rubrica per quelli che credono che i dettagli facciano la differenza, ma non hanno capito l'argomento principale.

10. DEI DOVUTI DISTINGUO

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“Ancora questa parola: Pesante. Ma perché è tutto così pesante per voi del futuro? Avete problemi con la forza di gravità?”. Il giovane Emmett Brown (“Ritorno al Futuro”, 1985, regia di Robert Zemeckis) era davvero preoccupato. Cattolici e mitomani a parte (i primo lo fanno per lavoro, i secondi per chiari disturbi psicologici), difficilmente ho trovato così tanta sincerità negli occhi di qualcuno. Se da un lato è vero che Doc conosce di certo la legge di gravitazione universale di Isaac Newton (che afferma che nell’Universo ogni punto materiale attrae ogni altro punto materiale con una forza che è direttamente proporzionale al prodotto delle loro masse e inversamente proporzionale al quadrato della loro distanza), dall’altro c’è l’evidente distinguo da fare nell’identificazione dei soggetti/oggetti ai quali applicare la legge.

Ecco Doc, il problema del futuro, del di noi presente, sta nel fatto che non sono le parole ad essere pesanti: siamo noi ad esserlo. Nutriamo il nostro cervello di così tante schifezze che la merda dei fast food sembra la cucina di nonna “morta e buona dov’è!”.

Ci fingiamo politicamente corretti, consapevoli, moderni, aperti, disponibili al dialogo. Ci diciamo convinti delle nostre posizioni ma ben disposti a cambiare idea nel caso in cui ci venissero fornite motivazioni plausibili ed argomentate, capaci di scuotere le idee precedenti come foglie sull’albero per iniziare la prossima nuova stagione all’insegna delle fresche fioriture.

Alcuni di noi sono addirittura avanguardisti, sai? E sono tutte stronzate, sai? Perché alla fine ci interessa davvero solo non sfigurare, nel 2022, agli occhi di chi ci guarderebbe male se non avessimo ancora capito come stanno le cose. Perché alla fine la questione è personale ma si ripercuote sul sociale. E non saremo certo noi l’anello debole che farà precipitare gli sforzi degli altri anelli, nossignore! Che figura ci faremmo se ci mostrassimo per quello che siamo? Oddio! In realtà questa ultima domanda ha già una risposta ed è facilmente riconducibile al rinculo sull’ego virtuale (sempre meno virtuale e già in rampa di lancio per soppiantare il carnale, in concreto).

Siamo così interessati alla figura che ci faremmo che non ce ne frega un cazzo del fatto che possa essere pessima, purché ci sia un like (uno basta), un commento (uno basta), per convincerci che siamo felicemente liberi di poterci esprimere.

Siamo liberi. Zavorrati a terra dalla nostra obesità culturale, ma liberi. Impantanati in un mondo che non ci appartiene perché non lo capiamo, ma liberi. Immersi nel guado che più tempo passa e più addobbiamo a dovere fin tanto da sentirlo almeno familiare, ma liberi. “Però liberi da che cosa?”, ci chiederebbe un Vasco d’annata.

Sai Doc, è davvero tutto così pesante nel futuro. Sui perché dovremmo aprire non so quanti capitoli a parte. Mica vorrai star qui a sprecare la libertà di uomini liberi con diete mirate che possano alleggerirli, eh? E se poi si alleggerissero davvero e prendessero il volo nell’incapacità di sapere volare, in culo alla forza di gravità (“L’uomo senza gravità”, 2019, regia di Marco Bonfanti)?

Tu non immagini quanti danni stiamo evitando alla nostra libertà sociale abbuffando la leggerezza del nostro sapere. Da Icari ad acari il passaggio è breve. E se lo stesso Icaro ci ha lasciato le penne, che fine potremmo fare noi? Lasciaci vivere da acari liberi dentro il materasso su cui chi riposa fa sonni profondi. Lasciaci essere al massimo una grattatina ad occhi chiusi, un prurito da dimenticare semmai il corpo steso dal sonno se ne ricordasse. Facci preoccupare solo del momento in cui si renderà conto che deve arieggiare la stanza da letto, lavare le lenzuola, sterminarci ma mai tutti.

Noi siamo il fronte resistente degli acari e portiamo in eredità ciò che la genetica ci ha attribuito di diritto e mai per merito. Viviamo al buio, come i vampiri (un film qualunque sui vampiri), e come i vampiri odiamo il calore della luce che ci ucciderebbe. Riponiamo fiducia nei giovani che non abbiamo saputo essere, dicendo che i giovani d’oggi fanno tutti schifo al cazzo. Non abbiamo imparato a distinguere tra profondità e pesantezza, tra superficialità e leggerezza. E non che non ci interessi, sappi che è tutto segnato nella lista delle cose da fare, giuro. Generalizziamo dietro cortine di ferro, pronti alla battaglia.

E tu, Doc, sei pronto alla battaglia? Bravo! Allora, mi raccomando, vai avanti, procedi circospetto e non preoccuparti di niente: le spalle te le guardiamo noi.

Buonanotte.