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Rubrica per quelli che credono che i dettagli facciano la differenza, ma non hanno capito l'argomento principale.

23.DI QUANDO VERRANNO A PRENDERTI

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La possibilità che le cose vadano come devono andare, che siano andate come sarebbero dovute andare e che andranno come statisticamente ci dicono che andranno sono sopravvalutate. Se esci dall’algoritmo c’è l’imprevedibilità di vivere ogni momento e di poter morire in ogni momento. Chiedi all’algoritmo la data della tua morte. Se non ti risponde mandalo a fare in culo, respira. Esci di casa sorridi alle persone che incontri, prenditi una birretta, fuma una sigaretta e guarda il cielo. Se becchi un coso sgorbio con le ali che dice di chiamarsi Ryuk sei dentro Death Note (2006, regia di Tetsurō Araki) ma so per certo che non ti capiterà quindi sei nella realtà. Maledetta, fottuta realtà.

Dopo aver guardato il cielo e finito una birretta chiedine una seconda. Chiedila a uno di quei strafottenti paladini della privacy che te ne porterà una seconda senza fare troppe domande. Finita la seconda vai in bagno a pisciare (sì, lo so che non è detto che tu dopo due birrette debba andare a pisciare ma con “birretta” intendevo una grande, quindi statisticamente ho abbastanza possibilità di avere ragione io nel pensare che dopo due birrette da 66 tu possa avere necessità di andare a pisciare). Guardati allo specchio e non incorrere mai nell’errore di farti una ramanzina allo specchio come quella de La 25ª ora (2002, regia di Spike Lee).

Intanto perché non è cazzo tuo farti una ramanzina come quella, che è stata scritta con la consapevolezza e la coscienza di chi il cielo lo guarda da tempo e non lo ha osservato, come te, solo in risposta ad un certo impulso del momento, e poi perché, onestamente, non è davvero più tempo di chiacchiere. Il regno delle anamnesi spalanca le sue porte, le lettere incise nell’alfabeto elfico brillano ad personam: sanno riconoscerti, sanno riconoscerci. Dite “amici” ed entrate (Il signore degli anelli, 2001, regia di Peter Jackson), esattamente come foste in una struttura sanitaria italiana in cui non è affatto necessario essere “amici” ma, semmai la sfortuna vi avesse mai messo alle strette e chiedendovi conto vi siete ritrovati nella condizione di avere bisogno, converrete con me che di certo aiuta. Una volta dentro il discorso cambia. Cambia cavallo che quello perde (Febbre da Cavallo, 1976, regia di Steno). Ho visto degli ippodromi molto migliori di questa condizione in cui sono palesi solo i paraocchi. E nemmeno a tutti. A quanti hai sentito dire “guardati intorno” come esortazione e non come mero intercalare che possa unicamente certificare le sue impalpabili certezze? Hai altri venti secondi per pensarci.

Fatto? Dimenticati di loro e guardati intorno.

Gli spazzini delle cose importanti le accumulano in montagnette agli angoli delle strade, ti aiuterebbero a non farle volare come foglie ma le folate di vento non sono una loro responsabilità. Possono al massimo accumularle di nuovo, una volta passata la bufera.

I detrattori chiacchierano di cose che non sono cose, ma lo fanno forti di quella pratica che tende a potenziare certi processi cognitivi. Seguono quella regola che illude le persone che dire le cose ad alta voce gli conferisce una certa solidità, aiuta ad esprimere meglio le emozioni, a migliorare l’attenzione, la memoria, il pensiero logico. Amo questo genere di illusionismi.

Gli improvvisati cercano di venderti per buone certe cose delle quali non sono convinti neanche loro. Gli improvvisati non diventeranno mai adulti. Non riusciranno mai a venderti una penna (The Wolf of Wall Street, 2013, regia di Martin Scorsese), non conoscono la dinamica dell’improvvisazione. Spero per loro che non conoscano “ancora” la dinamica dell’improvvisazione. La strada li aiuterà, in un modo o nell’altro.

Gli occhi di falco sono sempre al posto giusto, il momento giusto arriverà. Gli occhi di falco non hanno i paraocchi, è questo ciò che riallinea il concetto al concreto.

Guardati attorno.

Ti senti “Attratto, fortemente attratto, civilizzato sì civilizzato”?

Forma e sostanza sono una stanza dei sogni in cui i segni sui muri ci fanno sembrare i pazzi abitanti di quel posto che nelle notti peggiori non sanno più che pesci prendere e si sfogano con quelle quattro mura.

E con “ci fanno sembrare” ti sto solo invitando a trovarti un alibi plausibile per quando verranno a prenderti.

Io il mio ce l’ho.