Rubrica per quelli che credono che i dettagli facciano la differenza, ma non hanno capito l'argomento principale.
Ho saputo che c’è ancora qualcuno che vive in Italia e crede ancora di vivere in Italia. Io la questione di chi debba spiegargli le cose non la voglio nemmeno prendere in considerazione, perché anni e anni or sono ho letto di quella cosa che mi presentarono come “amor proprio” e mi sembra davvero incredibile che, fosse anche per “amor proprio”, non si sappia nemmeno dove ci si trovi. Ho come l’impressione che qualcuno stia facendo la vacca e che quelli che hanno giurato di essere nel giusto abbiano sbagliato persona. (Bugiardo Bugiardo, USA 1997, diretto da Tom Shadyac).
Io sono sempre stato dell’avviso che scherzare stia alla base dei rapporti sociali, che sia uno scudo protettivo dietro al quale ci è permesso soprassedere a talmente tante di quelle questioni che a prendersele tutte schiatteremmo troppo giovani per essere veri.
E se dovessero spuntare gli oltranzisti del “non si scherza con (mettici tu un soggetto qualunque in una situazione qualunque)” sarà doveroso dargli una testata sul naso e concludere la frase “… con chi non si scherza perché non capisce che stai scherzando e magari finisce per darti una testata sul naso”.
E se dovessero sputare sangue quelli che “prima (mettici tu un soggetto qualunque in una nazione qualunque)” sarà doveroso rinunciare alle loro carcasse espropriate dalla necessità nostro signore e padrone Dracula (Renfield, USA 2023, diretto da Chris McKay).
Dovere è potere. E a volte volere valere più del dovuto è l’imbuto nel quale ci incastriamo e non riusciamo più a scendere né a salire (Tre uomini e una gamba, ITA 1997, diretto da Aldo, Giovanni e Giacomo e Massimo Venier).
Ho saputo che c’è ancora qualcuno che vive in Italia e crede ancora di vivere in Italia. Insieme a loro non ci voglio più stare ma, cosciente che del fatto che si muore un po’ per poter vivere, mi riallaccio alle scuse dei fedeli per rispolverare il Vangelo di Giuda (un film qualunque con Gesù Cristo, morto e risorto) e ricordare a me stesso che il tradimento è funzionale alla buona riuscita del piano. È se certo è chiaro che anch’io come il Colonnello John Hannibal Smith “adoro i piani ben riusciti” (una puntata qualunque di A-Team), proprio per questo mi sembra corretto confermare che mi riserverò il diritto di usucapione sul Campo del Vasaio comprato con le trenta monete d’argento ma mi rende felice condividere qui il testo di quel bigliettino trovato nella tasca dell’impiccato nell’orto del Getsemani:
Sobilla, ti prego
il futuro e il mio ego.
Che possan librarsi la fame e l’amore
e come d’incanto, nell’aere l’odore
di un mondo pervaso
di pere e di nduja
che semino in vaso
la notte più buia.
“Chi foste a guardarmi?
Chi foste a volermi?”,
depone le armi
e mi invita a sedermi,
“Che posto bislacco,
che fare attraente,
la vita è uno smacco
ripieno di niente.”
A quello all’inizio poteva andar meglio
“Ti chiamerò Adamo!” e gli ha tolto le costole.
Ma pure a quell’altro, a quello sì, al figlio
che ha fatto con noi ma voleva le apostole.
“Che forme, che guance!
Che seni e che culi!”
Si gonfian le pance,
si fletton grembiuli…
Si annaffia di sangue un altro giardino
dal prato selvaggio ricolmo di fiori.
Si annaffiano i resti di me (che cretino!)
che penzolo al cappio degli ex traditori.
Che senso ha “tradire”
per Giuda Iscariota?
Il senso è “eseguire”
per fede devota.
E ok, sono morto
portate rispetto,
ché quello è risorto
e io sono in difetto.
Un giorno la storia
mi darà ragione:
a futura memoria
non sarò un coglione.
Ma mo’ mi domando:
“Perchè sta purpetta?
È la chiave, è il comando
o è la fine perfetta?”