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Rubrica per quelli che credono che i dettagli facciano la differenza, ma non hanno capito l'argomento principale.

26. DEL PROSSIMO CHE SI LAMENTA

di:

No, dai, non è vero! Io ti credo ma non è vero. È fondamentale che sappiamo entrambi che non è vero. Ma ti credo. Credere. Obiettare. Controbattere. Credere a tutto ciò che il nostro cervello ci dice di credere. Obiettare a tutto ciò che il nostro cervello ci dice di credere. Controbattere giocando a ping pong con i neuroni che colpo su colpo si incendiano carichi di motivi per incendiarsi. Combustibile, comburente, fonte d’innesco. Ci incendiamo diari di noi stessi prima ancora che uomini libro (Fahrenheit 415, 1966, regia di Francois Truffaut) e, senza poter pensare alle conseguenze dell’essere di carta, sfidiamo la tempesta, alzando la cresta sull’onda emotiva di una nuova mirabolante pagina da scrivere. Senza cadere nella retorica di quella roba “scritta con il sangue” non possiamo però non considerare la faccia della medaglia (la nostra) in cui è nostro il sangue che irrora le vene ed arterie che muovono tsunami di lettere che le nostre dita imprimono su un foglio (reale o virtuale cambia solo nell’ottica in cui tu voglia considerare una o due mani).

L’encomio dal contorno di applausi sarà la naturale conseguenza alla perfezione dello strumento corpo. L’uomo è la sua ombra (L’uomo senza ombra, 2000. regia di Paul Verhoeven) anche nelle giornate più buie e soprattutto nelle giornate più buie si insegue, si dimena, si incatena e si libera, si guarda allo specchio e vede quello che non sembra esserci ma c’è e se tu non lo vedi sono problemi tuoi mica dello specchio. Non c’è molto da riflettere. E se per certi aspetti mi ritrovo a dover dare ragione a quel ragazzino che tanti anni fa diceva che “l’aspettativa è l’anticamera per la delusione” motivando la sorpresa come propulsore di bellezza, per certi altri va considerato che quello stesso ragazzino sosteneva che “la verità non esiste” quindi mi appare chiara la possibilità che quel ragazzino possa aver detto una cazzata. Detta bene, certo, ma una cazzata.

Come quella che dissi un mercoledì da seduta, affermando che “Dare a Cesare ciò che è di Cesare significava almeno ventitré coltellate” (Giulio Cesare, 1953, regia di Joseph L. Mankiewicz), beccandomi l’occhiataccia complice di chi ha capito cosa intendessi. L’occhiataccia che sul baratro della confessione sacrificale rode all’Erode che c’è in ognuno di noi. Che poi si fa presto a dire “Noi” (2019, regia di Jordan Peele) e far presto a dire noi si rischia di finire in una di quelle ammucchiate che a prescindere dalla nostra collocazione nell’insieme, si carica sulle spalle un peso che non è detto che noi (noi chi?) siamo capaci di sopportare. Sopportare pallido e assorto non trasformerà quella massa di carne e ossa in un poeta. Se piace piace. Se non piace è così lo stesso.

L’imponderabile bacia di nascosto l’inconfessabile che tanto non lo dirà mai a nessuno. L’improvvido e lo ieratico troveranno un punto di accordo rappresentato dalla considerazione oggettiva che la mia vecchiaia è quella di migliaia ma non di milioni. Le sberle sono sempre poche, le perle mai abbastanza. Il buono, il brutto e il cattivo (1966, regia di Sergio Leone) sono sempre io, sono sempre dio, uno e trino come recita la filastrocca che ci insegnano da piccoli quando sanno che possono far breccia allargando certe braccia che da accoglienti si fanno taglienti e noi (noi chi?) il coltello tra i denti non lo abbiamo ancora. Dovremmo rivederci ma siamo troppo impegnati per farlo. Non dovremmo rivederci mai più ma mi sono ricordato che devo restituirti quella cosa che sai.

Che fai a capodanno? Se ti sembra sia troppo presto porsi questa domanda, controlla bene, tra le maglie della rete c’è già il countdown per quel film che sai, nella sera che sai (il film che sai). Perché è vero che a tutti piacciono le novità ma i presenzialisti ci hanno insegnato che “il prossimo più prossimo è sempre meglio che sia io”. Le regole del gioco che sanno di poco sono quelle alle quali assoggettiamo gli altri, noi abbiamo altro da fare, altri affari, altri fari che illuminano la nostra via.

VIIIIA! VIIIA! LA POLIZIIIIA!!!”

Arrivano. L’ordine pubblico ha in tasca gli ultimi gettoni e quella sala giochi così vintage nella quale hai buttato la tua adolescenza oggi verrà rimpiazzata dall’ennesimo centro scommesse. La possibilità che prima che “il prossimo possa cantar vittoria tu mi rinnegherai tre volte” è quotata 1.17.

Mettiti comodo: Trivulu, Malanova e Scuntentizza hanno appena acquisito le quote di maggioranza di una famosa ditta produttrice di Pop Corn.