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Livori quotidiani, quelli classici. Solo che dalla routine quotidiana noi ne parliamo in termini social-musicali. Si, tutti fenomeni di costume più o meno italici ma soprattutto tratti dai usi e costumi dei social che provocano allergie, fastidi, singulti, movimenti peristaltici, etc. Ma si parla anche di tutte quelle musiche che fatichiamo ad accettare o non abbiamo più l’età per ritenere speciali: una scena che scena non è mai stata da qualche parte remota o nella città in cui si fatica a vivere. Figurati quella indipendente, che è tipo il mainstream ma con meno zeri nei cachet!
Riflessioni poco ponderate (si, il controsenso certo, ovvio), scritte a raffica durante insonnie da weekend, farmaci per il reflusso/gastrite inerenti il mondo della musica italico, i (mal)costumi dei social che sembrano l’avanspettacolo da tv locale di tanti anni fa.
Mi correggo: il cabaret è meglio di questa farsa imprenditoriale moderna, che va bene eh, ma vi state portando i coglioni con le pari opportunità che vogliono i poppettari (o polpettari secondo la terminologia catanese)dal basso che vogliono essere manipolati, ma compiacendosi.
Vabbè, ne leggete uno al mese dei LIVORI QUOTIDIANI.
Se non gradite questa rubrica all’interno di questa - suppongo - rispettabile webzine, lamentatevi con il caporedattore.
Questa è un’opera di fantasia. Nomi, personaggi, istituzioni, luoghi ed episodi sono frutto dell’immaginazione dell’autore e non sono da considerarsi reali. Qualsiasi somiglianza con fatti, scenari, organizzazioni o persone, viventi o defunte, veri o immaginari, è del tutto casuale.

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Livore #16. Del ferragosto, della fine di Better Call Saul e dei polpastrelli sudati sulla tastiera del mio iPad Air.

di:

Fine estate o quasi: dell’umidità che ci porta ad affrontare altre variabili.

Primo: sono entrato in contatto col nemico forse riuscirò a infiltrarmi, sarà complicato e il processo di acquisizione della fiducia di solito nei film e nelle serie è troppo breve per capire i sacrifici che comporta. Ma il taglio registico è un mix tra Finch e fratelli Gilligan di Better Call Saul.

Stare attenti ai dettagli è la cura maniacale per la ricostruzione scenica.

(Ora qualche lettore che si crede regista ovviamente avrà da obiettare ma sa che in cuor suo è questo il focus elle opere appena citate).

Secondo: Better Call Saul è finito, e così come spoilerai dal palco di Zanne la morte di Jon Snow, caro nemico lettore, fermati qui se ancora non hai visto la 13esima puntata della sesta stagione. Perché sembra che sia finito ma quei figli di puttana l’hanno girato come se fosse un cliffhanger.

In Italia non ce la fanno a fare ‘ste cose, non per via degli attori (più da teatri che da film) ma per l’incapacità registica.

Se fai film ‘mmiricani diventi un Sorrentino qualunque, e la critica comunista radicale non può permetterti di essere bravo. Perché devi soffrire per avere qualcosa di interessante da dire, solo che il mondo se ne fotte delle robe interessanti da dire, vogliamo storie e reels pieni di pornografia.

Terzo e così via:

16 Agosto, piove qui nel pedemontano lontano dai piccoli incendi appiccati da chi vive in città e non ne può più delle strade piene di munnizza.

L’incendio di ferragosto davanti l’isola ecologica mai aperta è stato spettacolare.

Nota per il lettore: cercare un audio di pioggia ambientale su youtube potrebbe aiutare la lettura di questo ennesimo livore.

“C’è qualcosa nella fine dell’estate non so bene che cos’è ma non riesco a respirare”

Autoelogio:

(che se non le dai da solo le pacche sulle spalle non te le da nessuno).

Trovare strumenti impensabili mandando un messaggio, annunciare che i livori diventeranno un libro entro i prossimi 365 giorni, riuscire ad andare a mare prima che finisca nuovamente l’estate.

Vorrei finisse prima possibile la maledetta estate ma anche a me piace stare in spiaggia con una birra in mano pensando a quanto è inutile l’umanità se alle prese con il sistema attuale. Mi sono fatto pure la foto in costume a Mordor, dove i russi distruggono e ricostruiscono a cazzo di cane quello che vogliono.

Occhiaie, simbolo nobile per coloro che rifiutano di essere automi schiacciati dalle catene dell’ossessione maxi a essere felici per il lavoro che si fa.

Il lavoro non è passione è SEMPRE schiavitù, concordo che bisogna produrre qualcosa ma non alle condizioni attuali, va prodotto ciò che è necessario e per affinità. Quello che ha detto la più grande stronzata del mondo (quella che se fai il lavoro che ti piace non lavorerai un giorno) era solo un frustrato che cercava di indorare non la pillola, ma la supposta che ogni giorno doveva pigliare.

Con la fine delle ferie (per qualcuno) di solito finisce il disagio e l’attesa di quelli senza occhiate, l’automa torna, produce, consuma, a volte procrea (in molti riscoprono la scintilla dell’amore alla fine delle ferie o dell’estate)e da al mondo figli primaverili, roba che i bambini indaco levate proprio. Cosa sono i bambini indaco?

Googla, ma occhio alle pagine dei komplottari, quelli ci credono alle minchiate spirituali.

Fondamentalmente è roba per minchia di mare fricchettoni filo orientaleggianti che non accettano le regole occidentali che amano gli automi di cui sopra.

Il problema è che la virtù, la verità e il vizio risiedono a metà strada tra il socialismo e il capitalismo.

Il problema di oggi è la mediocrità. L’ossessione per la coerenza che trascende (o meglio discende) in “appartenenza” e che finisce in polarizzazione, la logica dell’esistere a tutti i costi altrimenti non si esiste veramente.

Il dubbio come nemico, la credenza come alleato ed ecco tornare dopo secoli di evoluzione il medioevo peggiore: quello religioso.

Non ti ribellare perché è così che va.

“E tutto va come deve andare o perlomeno così dicono”

Dicevamo? Ah si la fine del disagio per qualcuno al rientro delle ferie, si quando si fanno vedere le foto ai colleghi per farli morire d’invidia, o ai sottoposti per ribadire che tu sei meglio di loro e che sono dei nemici perché potrebbero avanzare se ti rilassi un attimo, che tu il tuo capo lo conosci ma non si sa mai, la fiducia è un concetto strano nel mondo del lavoro e poi se sei maschio – ehi – tu si che lo subisci il patriarcato se sei onesto, potrebbe subentrare subito una donna dal seno prosperoso al tuo posto, che se solo il tuo capo è il 5% di quello che sei tu, beh, è una prospettiva possibile.

L’inferno in terra, amici e nemici: il lavoro.

Quello di cui andate così fieri, quella maledizione che vi costringe a puntare sveglie e pensare che avete un ruolo al mondo mentre non sapete manco dove andare, nella speranza che qualche messaggio vi arrivi ancora perché altrimenti dovrete affrontare nuovamente la solitudine.

E chi è solo è infelice anche se fa il lavoro dei propri sogni giusto?

Le fondamenta della società non erano inadeguate le abbiamo rese tali con il superficialismo degli ultimi 10-15 anni, perlomeno qui in Italia.

Non è l’aurea mediocrità del mondo romano siamo aderenti ai significati del dizionario di oggi: siamo scarsi.

Solo che più scarso sei più soldi fai perchè ci sono quelli più scarsi di te che comprano prodotti ancora più scadenti di quelli che tu pensi siano iper scadenti.

Ma chi se la fotte, cazzo ce ne, oooohhh noi ci vogliamo divertire. Noi vogliamo solo ballare per mancanza di riferimenti. Poi finisce che sballiamo.

Andiamo a un altro party, dai che il 14 non bastava, facciamoci anche il 15. Vino in città e facciamo lavori deprimenti, l’economia gira con noi.

Anche la merda, perché la merda siete voi.

La parmigiana, l’estate appena passata, il lido che è come stare al pub, la serata fissa a cadenza settimanale, ritrovarsi, farsi fotografare per esistere e tutte le vanità sociali che giustificano l’esistenza.

Le fitte al colon aumentano anche se temo sia il fegato anche se il dottore dice di no, ma il tempo passa inesorabilmente ed è l’unica dimensione che conta in un mondo in cui si afferma incoscientemente che il tempo non esiste.

Il decadimento cellulare è l’unica cosa certa assieme al fatto che la terra non è piatta.

In realtà il tempo è l’unica dimensione che conta. Il resto è banale geometria.

E tu di che cosa sei certo visto che soffri da sola in silenzio cercando di recuperare i contatti che l’ultima catastrofe d’amore ti ha tolto?

Ciao (non più) ragazzina con la ciliegia in bocca che fai storie in lingerie provocanti, sei il nemico, ma forse preferisco stare con te che con gli alleati, dai dimmi di sì così ci prepariamo per un autunno caldo (in Sicilia come sempre ma spero sempre che non lo sia) in cui tentar di sparigliare le certezze e le coerenze degli psicologi metodisti.

Le AI mi hanno rotto i coglioni, perché tardano a prendere il sopravvento? Dai che una bella banda male armata di partigiani terroni è l’unico club a cui vorrei appartenere.

“C’è qualcosa nella fine dell’estate non so bene che cos’è ma non riesco a respirare”

Immagine di copertina di Mirko Iannicelli.