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Raccomandazioni #23: Go Dugong – Meridies. Tarante per contadini in acido

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Le riscoperte della taranta – e delle culture popolari del meridione – non sono più una novità. La Notte della Taranta esiste dalla fine del secolo scorso, e cerca di tenere insieme clima di festa e valorizzazione del patrimonio culturale. Nel mondo underground, già da anni musicist* divers*, dalla Piramide di Sangue a Mai Mai Mai, giocano con i lati oscuri di quel patrimonio, col clima magico e occulto delle tradizioni meridionali. Del resto, prima di entrare nella coscienza popolare come allegra musica folk, la taranta è stata parte di un rituale di “esorcismo”, presente in Puglia almeno fino alla metà degli anni 50, teso a scacciare un male psicosociale che colpiva soprattutto le donne rurali, e che veniva attribuito erroneamente al morso della tarantola. Entrate in uno stato di catatonia, le persone “morse dal ragno” venivano scosse dalla musica, dalla danza e da altri oggetti rituali, ed entravano in una frenesia in cui si identificavano prima con la tarantola, per poi tentare di scacciarla.

Meridies, il nuovo album di Go Dugong, si basa su questa ambivalenza della taranta, come musica da festa e musica da esorcismo. Di origine pugliese, Giulio Fonseca è un musicista curiosissimo: lungo dieci anni di carriera ha portato la sua musica elettronica a esplorare tutti gli angoli del mondo: dall’hip-hop multiculturale di “Novanta”, ai field recordings indiani di (Indian) Furs, fino alla bass music globale di “Curaro”. Con gli ultimi due lavori, l’EP “TRNT” (incentrato sulla città di Taranto) e questo “Meridies” Go Dugong torna alla sua Puglia, usando il linguaggio della taranta come porta verso le musiche del sud, d’Italia e del mondo, e ibridando quel linguaggio a un respiro elettronico psichedelico. Come ha spiegato lo stesso Fonseca, il disco immagina una jam tra trenta lavoratori della terra in acido, e parte in effetti dagli strumenti – tamburelli, cornamuse, flauti, fino a chitarre e sintetizzatori analogici – per costruire un’orgia di suoni, analogici e digitali, che spinge l’eredità della musica “tradizionale” in tante direzioni diverse.

Quello che stupisce di Meridies in effetti è il buon gusto. Non si tratta di un lavoro freddamente concettuale, né di un uso pretestuoso di qualche campione di musiche folk. C’è un’organicità perfetta fra retaggi e strumenti tradizionali e ricerca elettronica, e questo si sente tanto nei brani più festaioli, come Tarantismo (il brano più “da club” del disco) quanto nei pezzi più sinistri (per esempio Randagio, che vede come ospite Mai Mai Mai), fino a quelli più dimessi, come la dolce 13 Aprile. Meridies è “semplicemente” un disco di belle melodie e belle composizioni.

Go Dugong si circonda di ospiti: Alfio Antico partecipa con i suoi tamburi e un’ipnotica nenia alla febbrile Esorcismo. Vari musicisti impreziosiscono coi loro strumenti molte delle tracce: il più presente è probabilmente il polistrumentista Ricky Cardelli. Anche queste partecipazioni contribuiscono al senso di jam che emerge da Meridies, e che era l’intento originario del suo autore. La taranta reinventata da Go Dugong è quindi non solo rievocazione di climi (allegri, disperati, occulti che siano), ma è il canovaccio per produrre nuove direzioni (collettive e “popolari”) nella musica elettronica. Musica che riesce a dare piacere senza rinunciare alle eredità più brutali e cupe del retaggio folk. Come dice Alfio Antico in Esorcismo, “Per gioire bisogna ascoltare”.

Meridies è uscito a Novembre per Hyperjazz e La Tempesta; qui il link a bandcamp.

E qui una bella intervista a Go Dugong.

Foto di copertina di Giulia Bararo.