...
...

SabaSaba – Unknown City. Musica da una città fantasma

di:

Chi si avvicina a China Miéville attraverso libri come La fine di tutte le cose o la trilogia di Bas-Lag sente di essere travolto – travolto da un caos di creature, eventi, invenzioni weird e vertigini politiche. Una volta abituati a quel caos, il suo romanzo La città e la città è una lettura completamente spiazzante. Cupissima detective story fantascientifica, La città e la città racconta, appunto, di due città che coesistono nello stesso spazio, e che sono educate a “disvedersi”, a ignorare la propria conpresenza. È un libro di un’austerità desolante, grigio e nervoso, perfetto nel raccontare un autoritarismo che non si presenta come oppressione violenta, ma nel suo imporre lo squallore come status quo.

Il disco che raccomando questo mese, “Unknown City” dei torinesi SabaSaba, muove proprio da La città e la città, per dipingere “una città in cui le persone si muovono come fantasmi”. E, coerentemente, è un album spettrale. All’apparenza succede pochissimo: nebbie di synth, una batteria che sembra una minaccia avvertita da lontano, dissonanze e sample che appaiono e tornano nel nulla. È trip-hop senza la carne e il sangue, dub senza nessuna prospettiva di tornare a Zion; “horror exotica”, per usare una bella espressione dal loro bandcamp.

Ma il disco fa anche un bel lavoro nel rappresentare questa stasi come una forma di violenza – una violenza simile a quella esercitata dai confini su coloro che sono confinati (viene pure in mente il vecchio videogioco Papers Please). E questa violenza emerge più esplicitamente nei brani meno sospesi, per esempio nelle pulsazioni di Night Plotters, o nel crescendo che non va da nessuna parte di Ul Qoma.

Tutto il disco, comunque, ha una visione potente, riesce a essere estremamente cinematografico nel suo agire per sottrazione, e a fare perdere chi ascolta nella foschia del suo incubo silenzioso.

Esce per Maple Death, e lo trovate qui.